Dopo aver perso lo scorso agosto il satellite per telecomunicazioni Express AM4, ora anche il fiore all'occhiello, la sonda Phobos Grunt, che doveva segnare il ritorno dei russi ai viaggi interplanetari, si accinge a terminare con largo anticipo la sua missione, a dire il vero mai iniziata.
La sonda russa Phobos Grunt ha ormai i giorni contati |
Il lancio avvenne senza problemi e dopo pochi minuti la sonda raggiunse l'orbita di parcheggio a poche centinaia di chilometri dalla superficie terrestre. In questo punto avrebbe dovuto accendere i propri razzi per acquisire la spinta necessaria per raggiungere Marte.
E' proprio in questa delicata fase che qualcosa, non si ancora bene che, non ha funzionato. I razzi della sonda non si sono accesi e tutti i frenetici tentativi di contattarla per capire cosa fosse successo sono falliti.
La sonda Phobos Grunt era rimasta a tutti gli effetti intrappolata nella bassa orbita terrestre, tanto che diversi astrofili sono riusciti anche a riprenderla con semplici telescopi o ad osservarla addirittura ad occhio nudo come un punto in movimento.
Il tempo però è sempre tiranno.
La finestra per raggiungere Marte sarebbe durata pochi giorni, e per di più un'orbita così bassa risente dell'attrito dell'atmosfera terrestre, risultando estremamente pericolosa.
Per settimane i tecnici dell'agenzia spaziale russa hanno cercato invano di comunicare con la sonda.
Con l'aiuto delle antenne dell'agenzia spaziale europea è stato finalmente stabilito un primo contatto il 23 Novembre, che ha fatto riaccendere la speranza nei tecnici russi.
La gioia però ha avuto vita molto breve.
Phobos Grunt bloccata in orbita ripresa da un astrofilo francese |
Le dettagliate immagini dell'astrofilo francese Thierry Legault mostrano una sonda senza macroscopici problemi strutturali, ma con un'orientazione rispetto al Sole contraria a quella che aveva dovuto assumere. I pannelli solari, unica fonte di energia, si sono aperti ma non sono illuminati dal Sole.
Non si sa se è stato un difetto software o un malfunzionamento dei razzi di posizionamento ad immettere la sonda con l'orientazione sbagliata e forse non lo scopriremo mai.
E' plausibile che i pannelli solari male orientati non abbiano fornito energia sufficiente per alimentare tutte le apparecchiature della sonda (computer, comunicazione, regolazione della temperatura del carburante) e che quindi non abbia potuto neanche iniziare la sua missione.
Con il passare dei giorni, la finestra per un disperato tentativo di raggiungere Marte si è definitivamente chiusa.
Ben presto la priorità è diventata quella di salvare la sonda da un rientro in atmosfera ormai prossimo, e magari poi dirigerla verso qualche altro corpo celeste (presumibilmente la Luna).
I primi giorni di Dicembre, dopo il fallimento di tutti i successivi tentativi di comunicazione, i tecnici dell'ESA si arresero.
Così, dopo aver visto tramontare il sogno marziano, Phobos Grunt ha visto avvicinarsi inesorabilmente una fine che non si sarebbe mai aspettata. L'orbita nella quale si trovava era troppo bassa e l'attrito con le residue molecole dell'atmosfera terrestre l'avrebbe fatta lentamente abbassare, fino a farla precipitare e distruggere in atmosfera.
Proprio come successe ai satelliti UARS e Rosat, il rientro in atmosfera di Phobos Grunt, previsto per la metà di Gennaio, avverrà in modo totalmente incontrollato, quindi sarà impossibile prevedere l'istante esatto e le località interessate della superficie terrestre.
Data la grande massa, numerosi frammenti raggiungeranno il suolo, ma questa volta il rischio, se vogliamo, è maggiore e deriva da un'altra variabile.
Contrariamente ai satelliti già precipitati, ormai inoperativi e privi di razzi o carburante, Phobos Grunt ne è invece pieno fino all'orlo. Visto che nessuno dei razzi che avrebbeo portato il satellite verso Marte si è acceso, i serbatoi contengono circa 11 tonnellate di idrazina e tetrossido di azoto (il carburante usato per i viaggi interplanetari), sostanze altamente tossiche.
E' questo carico inaspettato che rende il rietro della sonda diverso e più preoccupante rispetto ai satelliti dei mesi passati.
Vista l'estrema volatilità di questi composti, quasi tutti gli esperti sono portati a pensare che si vaporizzeranno nei primi istanti del rientro in atmosfera, aiutati dal fatto che i serbatoi sono fatti di alluminio, materiale poco resistente alle alte temperature. In questi eventi così straordinari le previsioni però non possono essere precise al 100%, soprattutto per la peculiare forma e struttura di Phobos Grunt.
Il carburante, infatti, non è contenuto in un solo serbatoio. Lo stadio principale, quello che doveva dare la spita verso Marte, ne contiene la quantità principale, suddivisa in diversi serbatoi, di cui uno a forma di anello ed altri a forma di sfere, tutti ben esposti, quindi presumibilmente destinati a disintegrars.
Altri serbatoi sono contenuti nell'orbiter che avrebbe dovuto raggiungere Marte, nel modulo che era destinato alla discesa su Phobos e nella piccola capsula che sarebbe poi tornata verso Terra una volta raccolti campioni di suolo.
Questi, sebbene più piccoli, sono anche nascosti, quindi maggiormente protetti dall'intenso calore del rientro e potrebbero avere maggiori possibilità di raggiungere il suolo ancora integri, soprattutto se i sistemi di gestione della sonda sono inattivi (come si pensa) ed abbiamo lasciato congelare il carburante.
A bordo è presente anche una piccola quantità di Cobalto-57, materiale radioattivo utilizzato per lo spettrometro di massa, che comunque si vaporizzerà nell'atmosfera e non creerà alcun tipo di problema.
Un'altra incognita è costituita dal piccolo satellite cinese Yinghuo 1. L'agenzia spaziale cinese, infatti, non ha fornito (come invece si è soliti fare) alcuna specifica sui materiali impiegati e contenuti all'interno, quindi non è dato sapere se resisterà all'impatto con l'atmosfera terrestre e se contiene materiale tossico che potrebbe raggiungere il suolo.
In ogni caso, si stima che alla fase di rientro sopravviveranno detriti per un totale di qualche centinaio di chilogrammi.
Sicuramente arriverà ragigungerà inalterato la superficie il modulo che sarebbe poi dovuto ritornare comunque sulla Terra (grande quando una palla da basket), visto che è l'unico predisposto di uno scudo termico in grado di resistere all'intenso calore prodotto dall'attrito con l'atmosfera.
Alcuni piccoli pezzi della sonda sono stati già osservati distaccarsi e rientrare in atmosfera gli ultimi giorni dello scorso Novembre. Questo evento imprevisto, sommato ad un'orbita che inizialmente non era vista decadere come ci si aspettava, hanno fatto maturare da più parti l'ipotesi che la sonda abbia subito anche qualche danno strutturale, forse in seguito all'esplosione di un serbatorio o ad una perdita di carburante.
Tra le possibili traiettorie di rientro dei detriti c'è anche l'Italia ancora, come peraltro tutte le località comprese tra 51° di latitudine nord e sud: è ancora troppo presto per fare previsioni precise.
Per il momento il rientro è previsto per il 16 Gennaio, con un errore di +/- 2 giorni, influenzato non poco dall'attività solare.
E' possibile seguire l'evolversi della situazione qui.
Come nei casi dei satelliti precedenti, non c'è motivo quindi per allarmarsi. Lo scenario più probabile vede i resti della sonda inabissarsi in qualche oceano, anche se non è quello che sperano i tecnici russi, visto che dallo studio dei resti cercheranno di capire cosa non ha funzionato e di recuperare le poche strumentazioni sopravvissute. In ogni caso, la probabilità che pezzi possano giungere in Italia è remota e pari a circa 1/1000.
La missione Phobos Grunt si era prefissata un obiettivo mai raggiunto prima nella storia dell'astronautica: un modulo sarebbe sceso sulla superficie di una delle lune di Marte, Phobos, e avrebbe raccolto dei campioni in una piccola capsula che sarebbe poi tornata sulla Terra. La sonda contiene anche il primo satellite interplanetario cinese, Yinghuo 1, un piccolo orbiter destinato a studiare l'atmosfera e la superficie di Marte dalla sua orbita, aggiungendosi agli orbiter americani attualmente attivi (Mars Odyssey e Mars Reconnaissance Orbiter), e a quello europeo (Marx Express).
Purtroppo anche questa volta le speranze dei russi si sono infrante, continuando quella che ormai è da più parti tacitamente ritenuta una vera e propria maledizione marziana.
I sovietici prima, ed i russi successivamente, hanno provato infatti ad inviare sul pianeta rosso ben 18 sonde automatiche. Di queste, solamente 6 hanno raggiunto il pianeta e trasmesso qualche dato. Ma anche tra queste 6 superstiti, nessuna è rimasta operativa più di qualche giorno, nessun lander è atterrato sano e salvo sulla superficie e pochissime sono le immagini ricevute.
Una missione verso Phobos fu programmata e lanciata già nel 1988, con una coppia di satelliti indipendenti. Tutto sembrava andare bene, ma nell'avvicinamento finale a Marte, di Phobos 1 prima e Phobos 2 poi, si persero per sempre le tracce.
E' effettivamente difficile non vedere a prima vista un pizzico di sfortuna in tutta questa lunga serie, soprattutto quando si perdono inspiegabilmente le comunicazioni con sonde che per mesi hanno risposto egregiamente; ma se 18 missioni su 18 sono inesorabilmente fallite, probabilmente c'è qualcosa da rivedere nella fase di progettazione e programmazione.
Restate aggiornati per ulteriori novità.
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