venerdì 29 maggio 2015

Un nuovo libro (ancora): Vent'anni sotto il cielo stellato

Quando si fa astronomia per gran parte della vita, le avventure che si accumulano, belle o brutte che siano, cominciano a essere tante. Parlando con amici e conoscenti, mi sono accorto che alcune di queste, che mi hanno pure profondamente cambiato, forse meritavano di essere raccolte e raccontate. Ecco com'è nato questo libro, leggero, profondo e divertente, perfetto per le belle giornate estive che ci aspettano.


Ecco la sinossi ufficiale: 

Vent’anni, forse anche di più, sono passati da quando scoprii per la prima volta le meraviglie dell’Universo. Questo libro ripercorre le più grandi emozioni e avventure che l’astronomia mi ha regalato in tutto questo tempo.

Scopriremo quella prima Luna vista attraverso il binocolo che diede inizio a tutto. Andremo nei luoghi magici che ho avuto la fortuna di visitare, come l’Australia e la Lapponia, sfidando con rispetto la Natura per osservare fenomeni astronomici indimenticabili. Cercheremo di risolvere situazioni spinose e a volte molto pericolose, sempre determinati a inseguire l’obiettivo che ci eravamo preposti.

Capiremo ben presto che l’Universo rappresenta la più grande scuola di vita che potremo mai seguire. Le lezioni che riesce a insegnarci, semplicemente alzando gli occhi al cielo, ci faranno crescere come uomini e come specie. Sarà proprio guardando alle stelle che troveremo la soluzione ai nostri problemi, piccoli o grandi che siano. 

Sono disponibili le seguenti edizioni:

giovedì 28 maggio 2015

Osserviamo Saturno!



Maggio e Giugno sono i mesi più favorevoli per trovare e poi osservare al telescopio il pianeta più bello di tutti: Saturno. Ecco qualche spicciolo consiglio per non perdersi lo spettacolo.
Saturno è un pianeta così bello, perfetto e surreale che ogni volta lo si osserva, anche fosse la millesima volta, fa battere forte il cuore e lascia senza respiro. Per osservarlo al meglio serve però un telescopio con almeno 50 ingrandimenti, meglio se sono 200.
Mappa per riconoscere Saturno
Molte persone durante le serate osservative restano così sorprese che mi chiedono, tra lo scherzoso e il serio, se dentro lo strumento non ci sia in realtà una diapositiva, tanto è bella e perfetta l’immagine che si ha di fronte. E in effetti la nostra mente fa e farà sempre fatica ad accettare che quel “coso” visibile dall’apertura del telescopio sia un oggetto talmente distante, grande e allo stesso tempo perfetto, da essere davvero reale. Ed è proprio questa l’emozione più forte che si prova.

Quando lo si osserva per qualche minuto e si forza la mente a capire bene il contesto, si iniziano a provare delle vere e proprie palpitazioni, ben più forti di quelle che ci prendono quando siamo follemente innamorati di una persona. Non è facile da descrivere, anzi, è impossibile, un po’ come è impossibile descrivere l’amore a qualcuno che non l’ha ancora provato. Quindi, il mio consiglio è semplice: non serve un telescopio se non lo abbiamo. Contattiamo l’associazione astrofili più vicina, informiamoci su internet quando è meglio visibile Saturno e facciamocelo mostrare da chi ha un telescopio, meglio se bello potente. Non lo dimenticheremo mai!
Il grande satellite Titano è sempre visibile nello stesso campo del pianeta con qualsiasi strumento. Non vedremo naturalmente i mari e i laghi di metano, ma un semplice puntino che accompagnerà nel cielo il gigante con gli anelli, di gran lunga il pianeta più bello del Sistema Solare.

Saturno in un telescopio da 20 cm a circa 200-300X
Se abbiamo un telescopio ma non siamo ancora molto esperti di osservazione, ecco qualche consiglio pratico:
1)        Individuiamo il pianeta a occhio nudo. Non è difficile. In questo periodo si trova infatti nella costellazione dello Scorpione, basso sull’orizzonte verso sud, sud-est a partire dalle 22, non troppo lontano dalla stella Antares. A parte questo astro di colore rosso, nei paraggi non troveremo altre stelle brillanti quanto il Signore degli Anelli, quindi un punto con la luce ferma che rivaleggia in luminosità con la irrequieta luce di Antares sarà di certo il nostro bersaglio;
2)        Allineiamo il cercatore del telescopio. Questa è sempre un’operazione fondamentale che ci permetterà di trovarlo senza perdere la testa;
3)        Inseriamo un oculare che ci dia tra i trenta e i cinquanta ingrandimenti. Sono ancora un po’ bassi ma questo consentirà di farcelo trovare con più facilità e ce lo farà già apprezzare in modo spettacolare;
4)        Per avere la migliore visione inseriamo un oculare che dia tra i 100 e i 200 ingrandimenti. Andare oltre non è vantaggioso anche perché il pianeta sarà sempre basso sull’orizzonte, quindi facile preda della turbolenza atmosferica che farà ballare tutto;
5)        Godiamoci lo spettacolo a bocca aperta!

lunedì 25 maggio 2015

Siamo figli delle stelle

Questo post è stato estratto dal mio libro "La spettacolare vita delle stelle".


Le stelle almeno 8 volte più massicce del Sole terminano la loro vita come supernovae, le esplosioni più violente dell’Universo, visibili fino a miliardi di anni luce di distanza. Ma questi enormi astri non vengono ricordati solo per la spaventosa energia prodotta dalla loro esplosione. Il loro contributo all’Universo è molto più profondo e riguarda anche noi esseri umani.

Durante l’esplosione come supernova, una stella massiccia espelle nello spazio grandi quantità di carbonio, ossigeno, magnesio, silicio e tutti gli elementi fino al ferro.
Durante gli istanti più intensi dell’esplosione si formano anche gli elementi più pesanti del ferro e molto rari: argento, oro, platino, piombo, uranio.

Le supernovae, la fonte della nostra vita
Attraverso le esplosioni come supernovae, le stelle più grandi svolgono da miliardi di anni un’operazione importantissima: prendono in prestito idrogeno ed elio e restituiscono tutti gli elementi presenti in Natura, che si sono prodotti al loro interno durante le fasi di fusione nucleare, o durante l’esplosione stessa.

Ora facciamo attenzione, perché scopriremo una delle cose più affascinanti dell’Universo e dell’astronomia. All’inizio dei tempi, quando nacque l’Universo, esistevano solo due elementi: idrogeno ed elio. Non c’era traccia del carbonio delle nostre cellule, dell’ossigeno che forma l’acqua del nostro corpo e dei nostri mari. Non c’era il silicio che forma le rocce, il calcio delle nostre ossa, il ferro dei nostri attrezzi e delle nostre auto. Non c’era nemmeno l’oro dei gioielli, il rame dei fili elettrici, il platino che ora usiamo persino nei telefoni cellulari. Non c’era niente dei materiali che usiamo, della terra che calpestiamo. Niente con cui costruire i nostri corpi, niente per plasmare qualsiasi forma di vita, niente persino per formare la superficie dei pianeti e i pianeti stessi.

Se possiamo leggere questo post e usare le monete per fare la spesa; se ora viviamo in un Universo di pianeti, asteroidi e comete; se ora viviamo in un mondo fatto di terra, minerali, metalli preziosi e acqua; se ora viviamo… dobbiamo tutto questo solamente alle gloriose stelle massicce che nei miliardi di anni antecedenti la nascita del Sistema Solare hanno prodotto tutti questi elementi e li hanno poi restituiti con le loro possenti esplosioni all’Universo, in modo che una successiva generazione di stelle potesse nascere, formando questa volta anche pianeti con una superficie e forme di vita sempre più complesse.

Alziamo gli occhi da queste pagine e guardiamoci intorno. Qualsiasi cosa che vediamo in questa stanza, persino l’aria che respiriamo, è formata da particelle, da atomi, che si sono formati miliardi di anni fa in qualche posto dell’Universo, nel nucleo delle stelle più grandi mai esistite. Ringraziamo loro che con il sacrificio estremo hanno reso possibile l’aggregazione degli elementi che hanno prodotto un pianeta azzurro bellissimo e forme di vita così complesse che ora sono in grado di rendersi conto della fortuna cosmica che hanno avuto. E allora non è per niente esagerato dire che in ogni cellula del nostro corpo e in ogni granello di terra di questo pianeta vive il ricordo di migliaia di stelle che un tempo lontanissimo ci hanno regalato la possibilità di vivere e pensare.

lunedì 18 maggio 2015

Ci vediamo a Ostellato (FE) sabato 23 Maggio?

Sabato 23 Maggio mi troverò nel bellissimo contesto delle valli di Ostellato, al consueto star party dell'alta risoluzione. Non avrò il mio telescopio ma porterò qualche libro con me e la mattina alle 11 terrò una conferenza nella quale racconterò la fantastica avventura delle aurore che ho avuto il piacere di vivere lo scorso Marzo

Sarà un'occasione per conoscersi, fare due chiacchiere e osservare attraverso numerosi telescopi, quindi se siete nei paraggi venite ad assaporare il bel clima che si respira in mezzo alla Natura e a contatto con le stelle.
Se volete saperne di più sul programma e su come raggiungere il luogo (la partecipazione è gratuita), seguite questo link.

Vi aspetto numerosi!

Quando due stelle esotiche collidono



Ben più rare di tutti i sistemi stellari, le collisioni tra stelle sono fenomeni violenti che servono a spiegare alcune osservazioni particolari.
Durante lo scambio di materia tra due stelle doppie che orbitano molto vicine le une alle altre, può accadere che queste si avvicinino sempre di più, soprattutto se sono così evolute da essersi trasformate già in nane bianche o stelle di neutroni.

La collisione tra due stelle di neutroni
Quando due oggetti così strani orbitano l’uno attorno all’altro a piccola distanza, iniziano a perdere quantità apprezzabili di energia. Come ben sappiamo, però, l’energia nell’Universo non si può creare né distruggere. La rotazione delle stelle l’una intorno all’altra a distanza ravvicinata è un bell’esempio di molta energia al lavoro. Da dove viene l’energia che le stelle usano per ruotare l’una intorno all’altra? Dalla forza di gravità, certo, ma questa dipende proprio dalle proprietà delle stelle. In effetti, se potessero ruotare in questa condizione per sempre, avremmo inventato un modo per produrre energia infinita, una cosa impossibile.

Due nane bianche che ruotano vicine le une alle altre perdono energia in poco tempo e questo le fa avvicinare sempre di più. Il loro destino è scontato: prima o poi si scontreranno. Impossibile immaginare uno scontro tra nane bianche, ma sappiamo dire cosa può succedere. Se la massa complessiva supera le 1,44 masse solari, quando due nane bianche collidono dapprima si fondono, poi l’oggetto che si forma inizia a collassare su se stesso in modo molto rapido. Questo innesca il bruciamento dell’enorme quantità di carbonio presente e fa esplodere la nuova stella come una supernova di tipo Ia, tra gli eventi più violenti dell’Universo.

Se a scontrarsi e fondersi sono due stelle di neutroni, le cose sono ancora più catastrofiche. Se la massa complessiva del nuovo oggetto che si fonde è superiore a 3 volte quella del Sole, allora la nuova stella di neutroni ha vita brevissima: questa inizia a collassare su se stessa e non c’è niente che la possa fermare. La materia si trasforma in un punto e si forma un buco nero. Parte della materia che ancora non si è immersa nell’orizzonte degli eventi viene scaldata, accelerata e convogliata verso i poli del buco nero, che emette un brevissimo e potentissimo fascio “laser” di raggi gamma. Le proprietà del raggio e il principio di emissione sono gli stessi che coinvolgono le ipernovae, le esplosioni degli astri più massicci che si conoscono, ma la durata è minore, al massimo una decina di secondi. Impossibile, di nuovo, immaginare la collisione di due stelle di neutroni e nemmeno noi astronomi sappiamo in dettaglio cosa accade in quei violentissimi istanti. Solo da pochi anni abbiamo capito che alcuni lampi di raggi gamma (in inglese GRB) che si osservano nel cielo possono essere prodotti da questo particolare fenomeno.

Cosa succede, infine, se due buchi neri si scontrano? In questo caso niente di spettacolare. Poiché i buchi neri sono neri, non può uscire nessun tipo di energia dall’interno dell’orizzonte degli eventi, quindi la fusione di due buchi neri non produce spettacoli pirotecnici ma solo un nuovo buco nero il cui orizzonte degli eventi sarà maggiore perché generato da una massa complessiva più grande.

giovedì 14 maggio 2015

Osserviamo Venere nel cielo serale



Venere è il pianeta più luminoso dei nostri cieli, grazie alla sua vicinanza. Poiché si trova più vicino al Sole rispetto alla Terra, non si allontanerà mai più di 48° dalla nostra stella. Questo significa che non potremmo mai osservarlo in piena notte ma al massimo 2 ore prima dell’alba o dopo il tramonto del Sole, a seconda della sua posizione orbitale.
Riconoscere Venere è semplicissimo: se visibile la sera è la prima “stella” ad accendersi nella direzione del tramonto; la mattina, invece, è l’ultima a spegnersi, sempre nella direzione del Sole.

Non molti in realtà sanno che Venere è talmente brillante che quando si trova abbastanza lontano dal Sole è possibile rintracciarlo a occhio nudo persino in pieno giorno, a patto di avere un cielo molto limpido e sapere bene dove cercarlo. Quando riusciremo a trovarlo, perché la parte più difficile è far percepire all’occhio un puntino brillante immerso nell’azzurro, sarà evidente e ci chiederemo come abbiamo fatto a non vederlo prima!

Venere, al centro e Giove in alto
Se abbiamo un cielo sereno e diamo uno sguardo verso ovest a partire da mezz’ora dopo il tramonto del Sole, non dovremo faticare affatto nel riconoscere Venere perché la sua luce sarà talmente evidente che alcuni (non scherzo!) lo scambiano persino per un UFO (e in effetti se non si sa che è Venere, a rigor di logica, resta un oggetto volante non identificato!).

Venere può essere spettacolare se prossimo alla minima distanza dalla Terra, come accade in questi mesi. Sebbene la sua atmosfera spessa sia priva di dettagli e non ci mostrerà mai la superficie, il pianeta ci regala le fasi, come la Luna. Quando è vicino alla Terra, e questo succederà a Luglio e Agosto, diventa una falcettina sottilissima e di cospicue dimensioni apparenti, le più grandi tra tutti i pianeti. In queste circostanze, anche un binocolo che ingrandisce solo 5-7 volte è sufficiente per mostrarne la forma. Ci si chiede addirittura quale sia la magia: un pianeta puntiforme a occhio nudo e una falcetta sottile già con pochi ingrandimenti!

Qualsiasi telescopio è adatto a osservare Venere, anche perché non mostra molti dettagli, anzi, non ne mostra quasi per niente, a meno di usare un filtro blu/viola. Basta un piccolo rifrattore da 60-70 mm, che si trova in offerta anche in qualche supermercato ogni tanto, e almeno 50 ingrandimenti per vedere bene il disco e la fase, qualunque sia. 

Le cose cambiano molto in fotografia, se usiamo un filtro UV o un infrarosso a partire dai 700 nm, riprendiamo di giorno con il pianeta altissimo sull'orizzonte e raccogliamo almeno 10 mila frame. 
Qui un esempio di cosa si può ottenere in fotografia con strumenti da 235 e 355 mm.
 
Con molta esperienza, un cielo stabile e un filtro blu-viola, su Venere potrebbero comparire pure deboli dettagli delle spesse nubi
Venere in fotografia


martedì 12 maggio 2015

La collisione con Andromeda è stata anticipata a...ora! (o quasi)



Nonostante la veneranda età di 25 anni, il telescopio Spaziale Hubble è ancora una fonte inesauribile di preziosissimi dati. Una delle ultime scoperte effettuate grazie al suo potente occhio riguarda il nostro vicinato cosmico, in particolare la galassia di Andromeda, una copia un po’ più in grande della Via Lattea.
Molto si dibatte sulle sue reali dimensioni, che dovrebbero essere superiori ai 100 mila anni luce, ma questo per quanto riguarda il disco stellare.

L'alone di Andromeda contiene metà della sua massa stellare
Quello che invece i telescopi non riescono a vedere è che questa gigante isola di stelle, come tutte le altre galassie di una certa stazza, possiede un grande alone di gas caldo ed estremamente rarefatto che la avvolge come un delicatissimo cuscino d’aria. Non si tratta dell'esteso alone di materia oscura che si pensa circondi tutte le galassie, ma di un inviluppo, esteso forse tanto quanto quello di materia oscura, fatto da gas normale (idrogeno, elio e altri elementi)  e caldissimo.

Non c’è in realtà molto di cui stupirsi poiché l’Universo ama ripetere delle situazioni che funzionano. I pianeti hanno un’atmosfera gassosa, che diventa predominante nel caso dei giganti gassosi. Anche le stelle hanno un’atmosfera molto estesa e rarefatta, basti pensare alla corona solare, che a una temperatura superiore al milione di gradi si perde per decine di milioni di chilometri nello spazio. Ecco allora che anche le galassie possiedono un’atmosfera, un esteso alone di gas caldissimo, oltre il milione di gradi, e talmente rarefatto che non è possibile nemmeno osservarlo direttamente.

A stupire, soprattutto nel caso di Andromeda, sono le dimensioni di quest’atmosfera: è circa 10 volte più estesa del disco stellare. In altre parole, la nostra vicina è circondata da un’atmosfera più o meno sferica che si estende per un milione o forse più anni luce.

Ecco allora la cosa sorprendente.
La distanza tra la Via Lattea e Andromeda è di circa 2,3 milioni di anni luce, che confrontati con i 100 mila anni luce dei diametri dei loro dischi sembrano effettivamente tanti. Tuttavia, l’enorme atmosfera di Andromeda si estende circa fino a metà strada con la Via Lattea e sappiamo già che anche la nostra galassia ne possiede una, sebbene nessuno abbia idea di quanto sia estesa. Di fatto, allora, lo scontro che tra circa 3 miliardi di anni porterà in collisione questi due mostri del cielo potrebbe essere già iniziato o stare per iniziare perché le porzioni esterne delle atmosfere (meglio aloni) di Andromeda e della Via Lattea potrebbero essere già in contatto o ci entreranno tra pochi milioni di anni, non più miliardi. Quello che succederà quando i due dischi stellari collideranno sarà quindi solo l'apoteosi di un evento molto più lungo, complesso e silenzioso di quanto si potesse immaginare.

Prima di concludere, un piccolo approfondimento su come è stato scoperto, almeno a livello concettuale, questo rarefatto alone. Data l’intrinseca debolezza che preclude un’osservazione diretta, i ricercatori si sono inventati un metodo molto ingegnoso. Hanno selezionato diverse sorgenti puntiformi più lontane di Andromeda e disposte attorno alla sua sagoma visibile e ne hanno studiato lo spettro. Le sorgenti ideali sono i quasar, presenti in gran numero ovunque.
Nello spettro di questi remoti nuclei galattici attivi sono state osservate delle righe in assorbimento causate da del gas molto caldo, rarefatto e posto a una distanza compatibile con quella di Andromeda. Come si fa a essere sicuri che queste lievi impronte negli spettri appartengano veramente alla galassia di Andromeda e non agli oggetti osservati? Per due principali motivi:
1)      I quasar fuori dall’estensione del presunto alone non presentano questo assorbimento nello spettro;
2)      La riga in assorbimento ha sempre la stessa lunghezza d’onda, benché lo spettro dei quasar si sposti verso il rosso di una quantità dipendente dalla distanza alla quale si trovano. Se questa caratteristica fosse stata intrinseca alle sorgenti, avrebbe dovuto subire lo stesso redshift che presenta tutto lo spettro, ma non è così: a prescindere alla diversa distanza dei quasar, la riga in assorbimento ha la stessa lunghezza d’onda, quindi è causata da qualcosa che si trova lungo la linea di vista e non appartiene alla sorgente.

Con questo stesso metodo è stato rilevato anche l’esteso e caldo alone  della Via Lattea, solo che sarà ben difficile capire quanto è esteso. È un po’ come tentare di misurare l’estensione della foresta amazzonica da dentro, restando fermi in un punto casuale e circondati da fitti alberi. 

Per un approfondimento, ecco l'articolo di riferimento: http://arxiv.org/pdf/1404.6540v2.pdf

sabato 9 maggio 2015

Appuntamento con la storia: New Horizon sta arrivando su Plutone

Rimasto fuori dal grande tour di Voyager 2, e per di più declassato, Plutone è l’unico (ex) pianeta a non essere stato ancora visitato da una sonda.
Questo triste primato però è destinato a interrompersi presto, quando la missione New Horizons, partita il 2 gennaio 2006, lo avvicinerà nel Luglio 2015, in un fly-by che consentirà finalmente di scoprire i misteri di questo piccolo mondo.

Le prime immagini di Plutone e di Caronte
Durante il lunghissimo tragitto la sonda è stata mantenuta in uno stato di ibernazione per preservare l’integrità e la salute della strumentazione di bordo.
In prossimità dei pianeti gassosi è stata però svegliata per testare l’efficienza degli apparati scientifici e della camera digitale. Alcune immagini di Giove, riprese durante il fly-by, mostrano ottime potenzialità del sistema di ripresa.

Se le premesse sono queste, dobbiamo aspettarci che molti dei segreti di Plutone vengano finalmente svelati, dopo oltre 80 anni dalla sua scoperta. Ormai mancano poche decine di milioni di chilometri, tanto che il sistema doppio, composto da Plutone stesso e la sua luna più grande, Caronte, è ormai ben evidente nelle immagini di questa impavida viaggiatrice solitaria.

A una velocità di quasi 16 km/s, la sonda è troppo veloce per entrare in orbita, quindi dopo un fugace incontro si proietterà verso la fascia di Kuiper e lo spazio profondo.
Gli scienziati della NASA sperano di aver la possibilità di avvicinare qualche altro corpo celeste, prima di farle seguire lo stesso destino delle gloriose Voyager e Pioneer, con l’augurio di una vita altrettanto lunga.
 Intanto godiamoci le prime, spettacolari immagini di questo remoto sistema doppio.

giovedì 7 maggio 2015

La navetta Progress sta per precipitare sulla Terra, ma niente panico

Il 28 aprile scorso una capsula Progress dell'agenzia spaziale russa ha lasciato la Terra per un normale volo rapido verso la stazione spaziale internazionale. Al suo interno c'erano riserve di carburante, acqua, ossigeno, cibo e nuovi esperimenti per gli occupanti della stazione. Doveva quindi essere una missione di rifornimento di routine, come ormai avvengono con precisione ogni pochi mesi. Invece, dopo ben 140 voli della più affidabile navicella cargo mai progettata dall'uomo, qualcosa è andato storto.

La Progress avrebbe dovuto attraccare la ISS
Poco dopo essersi separata dal terzo stadio del razzo che l'ha lanciata, la capsula Progress M-27M ha mostrato enormi problemi di comunicazione. Le telecamere di bordo mostravano una rapida rotazione attorno al proprio asse che avveniva in appena 5 secondi e i tecnici a terra non riuscivano a comunicare con i sistemi di telemetria e di controllo dell'astronave. Dopo un giorno di tentativi vani, all'agenzia spaziale russa hanno gettato la spugna: la navicella Progress era del tutto fuori controllo perché non rispondeva ad alcun comando impartito da terra. Non solo non sarebbe stato possibile fare un aggancio con la ISS, ma a causa della bassa orbita avrebbe lentamente perso quota fino a rientrare in modo incontrollato nell'atmosfera terrestre, disintegrandosi con il prezioso carico.

Il momento del rientro incontrollato è vicinissimo. Secondi i tecnici, la navicella dovrebbe impattare con gli strati superiori dell'atmosfera terrestre durante la prossima notte, ovvero l'8 maggio, tra la mezzanotte e le 6 di mattina.

La navicella ha una massa complessiva di circa 6 tonnellate, comprese tre tonnellate tra acqua, ossigeno, rifornimenti vari e carburante. Si pensa che l'ingresso in atmosfera la distruggerà quasi completamente ma dei pezzi più o meno grandi riusciranno a raggiungere il suolo. Probabilmente saranno le scorte di cibo a raggiungere con più facilità la superficie, poiché si trovano protette in un ambiente pressurizzato nella capsula, mentre la struttura esterna, grazie anche all'ingente carico di carburante, potrebbe disintegrarsi quasi del tutto.

La zona in cui possibili frammenti potrebbero arrivare al suolo non si saprà con precisione se non qualche minuto prima dell'impatto. La navicella ha un'orbita inclinata di circa 52 gradi rispetto all'equatore, quindi tutte le porzioni comprese tra 52 gradi di latitudine nord e sud sono in teoria potenzialmente interessate.

Il pericolo per il nostro territorio, sebbene venga attraversato dal percorso orbitale, è estremamente basso, per vari motivi: la porzione d'Italia interessata è meno dell'uno per mille della superficie terrestre, non è detto che arrivino in terra detriti pericolosi e attualmente le previsioni, forse anche per la forma dell'orbita, indicano un possibile rientro nella zona equatoriale del pianeta.

Non ci sono pericoli né emergenze nemmeno per gli occupanti della stazione spaziale internazionale che hanno provviste sufficienti per altri quattro mesi, quindi non rischiano di rimanere né senza acqua, né senza cibo e né senza carburante, contrariamente a quanto invece hanno detto diversi siti di stampa generalista italiana.

L'unico vero problema causato da questo incidente riguarda le cause ancora del tutto sconosciute dell'avaria, anche perché il sistema di navigazione della navetta è lo stesso usato dalle sonde Soyouz che sono le uniche che in questo momento possono trasportare esseri umani da e per la stazione. L'agenzia spaziale russa si è riservata tempo fino al 13 maggio per chiarire le cause dell'inconveniente. Alcune osservazioni condotte anche dagli occupanti della ISS parlano di una nuvola di almeno una quarantina di detriti che hanno accompagnato la Progress subito dopo essere stata liberata dal terzo stadio del razzo con cui era stata lanciata. E' quindi presumibile pensare che qualcosa sia andato storto in quella circostanza, ma è ancora tutto da capire cosa sia successo.  Certo che la veloce rotazione intorno all'asse e la presenza di detriti lasciano pensare a un problema fisico invece che a un malfunzionamento software.
Questa lezione ci insegna ancora una volta quanto sia pericoloso e delicato il volo spaziale, ma allo stesso tempo così affascinante che non possiamo permetterci di abbandonarlo.

Per approfondire la vicenda: http://spaceflightnow.com/2015/05/06/out-of-control-progress-cargo-craft-to-fall-back-to-earth/

Per dettagli aggiornati su quando avverrà il rientro: http://www.n2yo.com/progress-cargo-reentry.php

mercoledì 6 maggio 2015

Libro kindle gratuito per tre giorni

Da oggi, 6 Maggio, fino alla mezzanotte dell'8 Maggio, il mio libro "La spettacolare vita delle stelle"
è in promozione gratuita. Potete scaricarlo e leggerlo su qualsiasi dispositivo che abbia installata l'applicazione di lettura Kindle di Amazon, anche questa gratuita.

Il libro cerca di raccontare con parole semplici e chiare la vita delle stelle, entrando nei dettagli dei loro più nascosti segreti e sorprese. Il linguaggio è semplice ma rigoroso, adatto per tutti, a partire dai ragazzi di 8-10 anni.
Per poterlo scaricare gratuitamente basta fare clic qui

sabato 2 maggio 2015

Addio sonda Messenger



La sonda Messenger lasciò la Terra il 3 agosto 2004 con l’obiettivo di diventare il primo manufatto umano a inserirsi nell’orbita di Mercurio.
Per raggiungere questo importante traguardo, i tecnici della NASA hanno dovuto studiare un piano di volo estremamente contorto, in grado di dare alla sonda la giusta velocità e direzione per porla, senza sprechi di carburante, nell’orbita del pianeta.

Nel febbraio 2005 Messenger si trovò a passare vicino al nostro pianeta per effettuare un fly-by.
L'ultima immagine di Messenger, a pochi km dallo schianto
Nell’ottobre 2006 e 2007 fece la stessa manovra con Venere, per poi proiettarsi finalmente verso Mercurio. Prima però di entrare nell’orbita del pianeta fece tre passaggi ravvicinati per correggere direzione e intensità della velocità il 14 gennaio 2008, il 6 ottobre dello stesso anno e il 29 settembre 2009.

L’inserimento nell’orbita è avvenuto finalmente il 18 marzo 2011, ma nel frattempo, durante i tre precedenti passaggi ravvicinati, Messenger aveva già osservato oltre il 95% della superficie, concludendo dopo oltre 30 anni il lavoro iniziato dalla gloriosa Mariner 10.

Dopo quattro anni di onorato servizio, ben tre oltre gli obiettivi iniziali, splendide immagini e tantissimi dati scientifici su un corpo celeste che prima non si conosceva quasi per niente, il carburante per le manovre operazioni orbitali è terminato. La forza di gravità del Sole, molto intensa a quelle esigue distanze, ha segnato così il destino dell’impavida viaggiatrice, facendola schiantare su Mercurio il 30 Aprile scorso. A una velocità di diverse migliaia di chilometri l’ora, la sonda ha generato un cratere di circa 16 metri di diametro, di certo il più recente dei migliaia che ha potuto fotografare in grande dettaglio durante la sua florida vita.

Tra le scoperte più importanti di Messenger ci sono sicuramente i giacimenti di ghiaccio d’acqua nel fondo dei crateri polari di Mercurio, laddove l’intensa radiazione solare non penetra mai e consente a questo elemento di sopravvivere anche in un ambiente tanto ostile. 

Per maggior informazioni: http://messenger.jhuapl.edu/