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venerdì 17 novembre 2017

Un nuovo libro di astronomia: I colori dell'Universo

E' disponibile in mio trentaquattresimo (sì, 34!) libro di astronomia, un lavoro del quale vado piuttosto fiero perché frutto di molti anni di osservazione e fotografia del cielo.

L’Universo è pieno di colori, anche se i nostri occhi non hanno la sensibilità sufficiente per vederli. Dopo migliaia di anni di visione monocromatica, la fotografia astronomica ha reso accessibile al genere umano gli straordinari colori dei pianeti, delle stelle, delle nebulose, delle galassie, fino ai confini del Cosmo. 

In questo libro presento 110 spettacolari immagini dell’Universo, a colori e in alta risoluzione, ottenute con la mia strumentazione in venti anni di carriera da astrofotografo. Oltre 400 ore di esposizione complessiva e viaggi avventurosi attraverso tutti i continenti, alla ricerca degli spettacoli più elusivi: dalle aurore boreali alle eclissi totali di Sole, fino allo straordinario cielo australe, per assemblare una delle raccolte di fotografie astronomiche più completa in circolazione. 

Rimarremo stupiti di quante meravigliose tonalità si nascondono nel buio del cielo e di come ogni sfumatura, anche la più piccola, trasporti informazioni sulle incredibili proprietà dei mastodontici corpi celesti dell’Universo. Quei preziosissimi e rarissimi fotoni, messaggeri di meraviglia, giungono sui nostri sensori digitali dopo un viaggio interminabile e contribuiscono a costruire l’immagine del luogo più colorato e straordinario che potremmo mai vedere nelle nostre vite.

Si può acquistare in formato cartaceo a colori, o in formato ebook

lunedì 14 settembre 2015

Che cos'è il plasma?



Il plasma è il quarto stato di aggregazione della materia.
Dalle nostre esperienze probabilmente conosciamo i classici tre: solido, liquido e gassoso. Molto raramente avremmo sentito parlare di plasma, per un semplice motivo: sulla Terra è molto raro.
Eppure oltre il 99% della materia dell’intero Universo si trova in questo particolare stato di aggregazione! Tutte le stelle sono fatte di plasma, buona parte delle nebulose e tutto lo spazio interstellare e intergalattico è popolato da plasma, seppur estremamente rarefatto.

L’ingrediente fondamentale per creare lo stato di plasma sono altissime temperature.
Mano a mano che un pezzo di materia qualsiasi viene riscaldato diventa prima liquido, poi gassoso. Continuando il riscaldamento a un certo punto la grande energia termica fa spezzare i legami molecolari, trasformando il gas in un miscuglio di singoli atomi.
Aumentando ancora la temperatura, l’energia somministrata al gas atomico è così grande da spezzare anche i legami tra nuclei atomici ed elettroni. Abbiamo raggiunto lo stato di plasma: un gas qualsiasi composto da nuclei atomici positivi ed elettroni, negativi, che non riescono più a legarsi.

Le proprietà del plasma sono particolari. Prima di tutto emette luce, meglio, radiazione elettromagnetica, tanto più intensa quanto maggiore è la sua temperatura.
Poi il plasma, essendo composto da particelle con una carica elettrica, è molto sensibile all’influenza dei campi magnetici.
Se potessimo immergere una potente calamita in una piccola quantità di plasma, vedremo il gas muoversi e a disporsi secondo delle linee ordinate, chiamate linee del campo magnetico.
Un fulmine è plasma
L’esperienza è simile a quella che ogni insegnante di fisica ha proposto, almeno una volta, ai propri alunni utilizzando un magnete e la limatura di ferro.
La polvere di ferro è così leggera che sente il campo magnetico e si dispone in modo piuttosto ordinato intorno alla calamita, facendo vedere le linee del campo magnetico.

Sebbene su scala estremamente più grande, il plasma si comporta in modo simile. Per notarlo basta osservare il Sole durante le sue eruzioni, dette anche brillamenti, e vedere come le fontane di gas espulse dalla superficie somiglino a perfette trame cosmiche modellate dal campo magnetico.

Sulla Terra il plasma esiste ma va cercato attentamente perché, fortunatamente per la nostra vita, rappresenta una componente trascurabile dell’atmosfera.
La bianca luce prodotta da un fulmine è l’esempio più evidente di plasma. La forte scarica elettrica proveniente dalle nubi riscalda l’aria circostante fino a due milioni di gradi, facendola diventare per breve tempo plasma, che poi è il responsabile dell’emissione della tipica luce bianco-azzurra del lampo.

In realtà ogni scarica elettrica produce, per un tempo brevissimo, del plasma, compresa quella dei comuni accendigas. Anzi, è la scarica elettrica in sé che si rende visibile perché l’aria si ionizza diventando plasma e mostrando il piccolo arco elettrico azzurro.
Qualsiasi materiale può diventare plasma, dall’idrogeno al ferro: basta solamente raggiungere la temperatura adatta.

domenica 23 agosto 2015

Oltre 1000 mie fotografie astronomiche

Ho finito di organizzare e caricare qui tutte le mie fotografie astronomiche scattate nel corso di circa 12 anni di osservazioni del cielo. E' stato un lavoro enorme perché mi sono accorto di aver ripreso oltre 1000 immagini astronomiche(!). Ci sono tutte le mie fotografie digitali (quasi tutte, alcune mancano all'appello ma cercherò di ritrovarle e caricarle), a partire dai primi, goffi e brutti, tentativi fino alle più recenti riprese di questi giorni.

Guardando velocemente la gallery si può capire in modo spettacolare perché l'astronomia, anche contemplativa, non stanca mai: oltre 1000 immagini tutte diverse le une dalle altre e ancora decine di migliaia di soggetti e fenomeni da immortalare. Non basterà una vita per esplorare tutta quella piccola porzione di Universo accessibile a un telescopio amatoriale; non basterà una vita intera per smettere di meravigliarsi di questo incredibile Universo!

venerdì 12 giugno 2015

Le meraviglie dell'Universo in uno strumento gigante

Questo post è stato estratto dal mio ultimo libro: "Vent'anni sotto il cielo stellato", disponibile in formato cartaceo ed ebook.



L'osservazione del cielo stellato diventa sempre più bella mano a mano che il cielo è scuro ma, soprattutto, all'aumentare della potenza del telescopio. Nell'ambito astronomico, potenza significa diametro dello strumento: maggiore è la sua apertura, più deboli e dettagliati appariranno gli oggetti celesti.

Gli strumenti che di solito possiamo permetterci ci danno ottime visioni dei pianeti e della Luna e discrete immagini dei cosiddetti oggetti del profondo cielo, vale a dire ammassi stellari, nebulose e lontane galassie.

Nel corso degli anni sono stato assalito dall’irrefrenabile voglia di avvicinarmi sempre di più alle perfette visioni fotografiche con i miei occhi, stregato dal contatto diretto con l'Universo profondo. Le mie povere tasche da studente universitario non mi hanno però permesso di andare oltre uno strumento da 36 centimetri di diametro, che peraltro consente già di avere ottime visioni degli oggetti del cielo profondo.
Nulla però in confronto a quanto ho potuto provare, per ben due volte, grazie a un amico che ha potuto realizzare in modo spettacolare un grande sogno: costruirsi un telescopio, anzi, un enorme binocolo, così grande da permettere ai nostri occhi di vedere dettagli molto simili a quelli delle fotografie astronomiche (colore escluso). E grazie alla sua estrema cordialità, l'Universo diventa alla portata di tutti. L'unica cosa richiesta? Voglia di meravigliarsi. Nient’altro.

La prima volta che vidi il leggendario binodobson di Andrea Boldrini, un mega strumento composto da due telescopi di ben 60 centimetri di diametro l’uno, era l'estate del 2012 dal rifugio di ogni appassionato di astronomia del centro Italia: Forca Canapine.
Rimasi esterrefatto di fronte alla mole dello strumento, alto circa tre metri e largo quanto una piccola utilitaria. Mi avvicinai timido e intimorito, e mentre cercavo di trovare il coraggio di chiedergli se avessi potuto metterci gli occhi dentro, fu lui ad anticiparmi e a invitarmi alla vera festa delle stelle che si stava svolgendo proprio lì.
Salii un po' spaventato sulla scala che portava fino verso la cabina di pilotaggio di quella potente astronave cosmica. Dopo le indispensabili indicazioni del comandante potei volare libero verso il cielo sconfinato. Fu l'inizio di un nuovo amore per l'Universo, perché lì dentro, non so davvero come dirlo, c'erano cose che pochi umani avevano visto. Al centro del grande campo si stagliava nitida la sagoma inconfondibile della nebulosa Velo, ciò che resta di un'antica esplosione di una stella molto più grande del Sole. È uno degli oggetti più fotografati ma poco osservati, perché richiede cieli scuri, telescopi di buon diametro e una discreta dose di immaginazione per tracciare gli indistinti contorni di quei filamenti gassosi dispersi nello spazio. È così evanescente che spesso richiede filtri particolari, e in ogni libro di astronomia pratica è sottolineato quanto sia difficile osservare la sua tenue immagine.
Niente di tutto questo mi aspettava all'oculare e niente poteva prepararmi a quello che stavo per vedere. Fluttuanti nello spazio aperto si stagliavano delicati ma contrastati i deboli filamenti di gas interstellare, i pezzi di quell'antica stella, meglio di qualsiasi fotografia. E quando il comandante mi consegnò la console di controllo dell'astronave e mi disse: “Navigaci” mi sentii la persona più felice di questo mondo perché stavo davvero esplorando una magnifica zona cosmica che a ogni movimento mi rivelava sempre nuovi dettagli, nuove sfumature, nuove emozioni.
Ricordo e ricorderò per sempre quell'osservazione dell’ammasso di Ercole, che mi regalò la visione di tutte le circa 500 mila stelle che lo popolano; la tenue sagoma della nebulosa ad anello, una fotografia di come sarà il nostro Sole tra poco più di 5 miliardi di anni. Passai di fianco alle distese gassose della nebulosa planetaria M27, mi imbattei nelle intricate trame che mai avrei pensato di vedere della nebulosa Crescent. E cosa dire di M17, la nebulosa Cigno (o Omega)? Non potevo non assistere al miracolo della nascita di migliaia di stelle da un’immensa distesa di gas, tanto luminosa e contrastata che mi sembrava di vederla in tre dimensioni.


Ok, questa è una foto che ho scattato con il mio telescopio, ma sono pronto a giurare che M13, nel binodobson di Andrea Boldrini, si vedesse proprio così. E chi ha bisogno, allora, di fare fotografie?

 Spesso ho sognato quella fantastica serata ma impegni universitari e lavorativi mi hanno tenuto lontano da quel cielo e dal mastodontico binodobson per più tempo di quanto fossi disposto ad aspettare.
Poi, per caso, la sera del 19 Dicembre 2014 le previsioni meteo erano buone e un paio di amici della mia associazione mi convinsero a tornare sotto quel cielo scuro. Mai, però, mi sarei aspettato che sul piazzale freddo e deserto ci fosse anche Andrea e il suo incredibile binodobson. Avrei potuto realizzare qualcosa che mi frullava per la testa sin da quella lontana serata: osservare con quel gigante la galassia di Andromeda e la nebulosa di Orione, due oggetti già spettacolari con piccoli telescopi e che avrebbero riservato chissà quale sublime visione attraverso quella stupenda astronave.
Fu in questo modo che una serata improvvisata all’ultimo momento si trasformò in una nuova, appassionante festa delle stelle, nella quale condividere le emozioni del cielo, sia quello, bello, a occhio nudo ma soprattutto quello che avremmo potuto osservare a bordo del binodobson.

Andrea ben sapeva che la star della serata, la grande nebulosa di Orione, ci avrebbe rapito, così come rapì lui che non poteva più fare a meno di osservarla ogni volta che la vedeva sopra l'orizzonte. Questa, però, 
era ancora troppo bassa sull'orizzonte e sarebbe stata la parte finale di un tour che iniziò dagli oggetti estivi ormai al tramonto, come la già vista nebulosa Velo, e gli ammassi globulari M15 e M13 (di Ercole) tutti spettacolari, proprio come me li ricordavo.

Il primo grande e nuovo sussultò arrivò dalla galassia a spirale M33, famosa per essere molto estesa (più della Luna piena) ma al contempo troppo debole e avara di dettagli. Bene, in quell'astronave mi fece restare a bocca aperta e con me tutti i compagni di avventura. Ben evidenti i tenui bracci di spirale su cui spiccavano ogni tanto delle condensazioni di forma sferica. Incredibile ma vero, stavo osservando nebulose di un'altra galassia, a 2,5 milioni di anni luce da noi. Stavo vivendo, in quel momento, uno spettacolare viaggio attraverso un Universo che per la prima volta potevo riuscire a comprendere quanto fosse vasto.
Quei tenui bracci di spirale, quasi tridimensionali nel buio del cielo, potevano sembrare una tipica opera di pittura astratta, ma quando si ha la consapevolezza che sono un disegno cosmico immenso, costituito da decine di miliardi di stelle poste così lontano da non poter immaginare, allora tutto cambia e dentro esplodono sensazioni ineguagliabili. Sarei restato per ore su quella girandola cosmica. L'unico modo per farmi scendere dalla scala e lasciare le redini dell'astronave al comandante fu la promessa di puntare la galassia di Andromeda, che si preannunciava ancora più spettacolare.


M33 al telescopio si mostrava per quella che era: una stupenda galassia a spirale ricca di stelle giovani e gigantesche nebulose. Mai vista così!
 
Pochi minuti di viaggio, giusto per permettere all’esperto comandante di fare le delicate manovre di avvicinamento, poi egli ci avvertì dell'arrivo nei pressi di quell’isola di stelle. Non con uno sterile comunicato come quello dei comandanti di un aereo, ma attraverso un’esplosione di aggettivi che tentavano di descrivere la bellezza del panorama che stava osservando.
Bellezza che riuscii a comprendere solo quando misi gli occhi agli oculari. Il nucleo della galassia di Andromeda era lì, brillante come mai l'avevo visto. Ma non era questa la caratteristica che cercavo. Estesa ben oltre il campo inquadrato dallo strumento, cominciai a spostarmi navigando con prudenza alla ricerca di quei dettagli che la fotografia cattura con estrema facilità, ma che nessun telescopio di noi comuni appassionati ci ha mai mostrato. Ed ecco che laddove tutti i telescopi usati mostravano nient’altro che il nero del cielo, quell’astronave mi portò vicino al punto da riuscire a farmi vedere quello che cercavo: i bracci di spirale. Zone più chiare e più scure, mescolate in modo perfetto, sembravano non terminare più. Le due galassie satelliti erano così grandi ed evidenti che per un attimo scambiai una di queste (M110) per il nucleo di Andromeda.
Viaggiando ben più veloce della luce verso periferie della galassia, ecco che nel braccio più esterno comparve quella che sembrava una nuvola indistinta, ma che a uno sguardo più attento rivelava centinaia di deboli stelline: si trattava dell'ammasso aperto NGC206, situato in uno dei bracci di Andromeda e che non solo era evidente, ma mostrava le singole stelle.
Un momento di silenzio, perché quella era una visione memorabile: stavo osservando la luce di centinaia di stelle distanti 2,3 milioni di anni luce, qualcosa come 23000000000000000000 chilometri! Non solo, ma la luce che stavo osservando era vecchia di 2,3 milioni di anni e lasciò la galassia di Andromeda quando qui sulla Terra non esisteva ancora quasi nessuna traccia degli esseri umani.
Molti di quegli astri che stavo osservando non esistevano più, ma per noi sulla Terra erano e sono tutt'ora reali. E allora è meraviglioso pensare che tutto quello che facciamo, anche nelle più piccole cose, viaggerà nell'Universo alla velocità della luce e per qualcuno, anche milioni o miliardi di anni dopo che sarà accaduto, si fonderà con il presente. Le nostre vite e le nostre azioni vengono registrate su un lungo nastro che alla velocità della luce percorrerà tutto l'Universo, senza mai perdere memoria di quello che è stato, chissà quanto tempo prima.


A sinistra, il frastagliato centro di Andromeda, a destra l’ammasso aperto osservato in uno dei suoi bracci. Al binodobson si vedevano così!
Perso come un ragazzino che per la prima volta si sentiva innamorato alla follia, non mi resi conto di quanto tempo passai fantasticando su quella splendida galassia, al punto che il comandante mi comunicò che il momento tanto atteso era forse arrivato: potevamo andare sulla nebulosa di Orione. “Ma ti avverto” disse con aria divertita e orgogliosa, “Se la galassia di Andromeda ti è piaciuta così tanto, preparati a quello che vedrai sulla nebulosa di Orione. Non puoi immaginare, è qualcosa che toglie il respiro”.
Non ricordo molto bene il momento tra questa sua frase e l’attimo in cui i miei occhi hanno visto la cosa più bella di sempre. Ho dei flash che ogni tanto compaiono un po’ sconclusionati. Ad esempio, ricordo che per primi osservarono Federico e Giovanni e che rimasero senza parole. Increduli, nonostante ormai decine di serate osservative, nonostante aver visto la nebulosa di Orione tante volte con strumenti più piccoli, nonostante in cuor loro sapessero che avrebbero assistito a uno spettacolo mai visto. Eppure, come sempre dovrebbe accadere, non si è mai preparati a qualcosa che non si è mai visto né vissuto. Ed è proprio questo il segreto per vivere al massimo la vita e tutte le belle sorprese che da essa possiamo trarre. Perché se tutto fosse prevedibile e ogni cosa potessimo immaginarla già prima di affrontarla, sarebbe davvero una noia mortale. E invece, le emozioni più belle sono quelle che non si possono immaginare prima di viverle.
Quando venne il mio turno, il cuore mi batteva forse più forte della mia prima cotta, più che il giorno della laurea, più che in ogni altra situazione. Anche perché stavo per vivere emozioni ben al di fuori del confine piccolo e protettivo di questo mondo; stavo per affrontare sensazioni che avrebbero disgregato il limite terreno e si sarebbero scatenate nel luogo più vasto e meraviglioso che esista: l’Universo.
Afferrate le aperture del super telescopio e messi gli occhi agli oculari, non vidi subito la nebulosa. La tecnica, suggerita da Andrea, era infatti quella di spostare lo strumento di poco e navigare poi a vista verso di essa, scoprendola poco a poco.
Così al comando di quell’astronave cominciai a viaggiare velocissimo tra le numerose stelle nel campo, cercando la rotta per la nebulosa. A un certo punto un lieve bagliore mi suggerì che c’ero vicino. Mi fermai, feci un gran respiro e mi spostai veloce in quella direzione per far entrare la sua luce prepotente nel campo, fino a riempirlo tutto. E fu l’apoteosi. Persino ora, mentre sto scrivendo queste righe, non vedo le parole scorrere ma riesco ad accarezzare quelle delicate e dettagliate regioni soffici come la seta. Molto meglio di qualsiasi fotografia, perché gli occhi hanno maggiore dinamica, quindi consentono di avere una visione inarrivabile da qualsiasi altro dispositivo.
Al centro il trapezio luminoso ma non sovraesposto, era contornato da una nebulosa estesa quanto le migliori foto, ma con la delicatezza unica che solo l’occhio umano può restituire. Era senza alcun dubbio la visione più bella di sempre, non solo riguardo all’astronomia, ma rispetto a tutto quello che avevo visto e che, forse, mai vedrò. Mi persi con l’immaginazione tra le piccole nuvolette simili a tante pecorelle della zona centrale. Mi spostai lungo le ali, che proprio come avevo teorizzato in un articolo sui colori delle nebulose, apparivano rosate a causa del contrasto con la regione centrale verdina. In realtà erano grigie, ma il colore, di fronte a quei chiaroscuri così reali e vicini, era l’ultima cosa che mi interessava.
Avevo davanti a me un’immagine statica, ma nella mia mente non lo era affatto. Stava a me farla muovere, viaggiando con la fantasia e l’immaginazione. E al contrario della televisione, che ci dice quali sono le immagini che dobbiamo vedere senza darci l’opportunità di pensare, qui, Signori, siamo noi a comandare il gioco e a rendere una tale bellezza il Ricordo da non dimenticare mai più nella vita.
Quella sera restai più di dieci minuti a volare sopra Orione e non mi sarei mai stancato di farlo. Quella fucina di stelle ha un fascino unico, quasi stregato, del quale non si può più fare a meno. E tornato a casa, con il cuore pieno di gioia, iniziai a contare i minuti che mi separavano dalla successiva osservazione.

 

Ci ho messo un po’, ma alla fine credo di esserci riuscito. Ho manipolato una delle mie immagini della nebulosa di Orione e questo è l’aspetto più vicino a ciò che ho visto all’oculare del binodobson, con il vantaggio di avere un ingrandimento maggiore di quello della foto.

Quel telescopio dovrebbe essere patrimonio dell’umanità; è una finestra migliore di qualsiasi astronave, che può farci capire davvero quale sia il nostro posto nell’Universo, quali sono le grandezze, le priorità, i veri problemi in gioco e quanto stupide e superficiali siano condotte a volte le nostre vite. Viviamo troppo poco per poterci permettere di perdere tempo in cose effimere. Ma come fare a capire se qualcosa per noi è effimero o no? È semplice e forse l’ho già detto: se il suo ricordo sopravvive immutato per mesi e addirittura anni, allora avremmo vissuto un’esperienza unica, altrimenti la nostra mente, ben più furba della parte che usiamo per sopravvivere, ce l’avrà già fatto dimenticare già pochi giorni dopo.
Le vere emozioni si possono provare anche solo una volta nella vita, non importa: è il loro ricordo a durare per sempre e a renderci felici e appagati per questa straordinaria esistenza.

martedì 31 dicembre 2013

Fotografia astronomica: H-alpha nel Cigno

Se i nostri occhi fossero molto più sensibili alle deboli luci del cielo, ogni notte serena lontano dalle luci della città ci presenterebbe uno spettacolo di proporzioni gigantesche. Nascoste tra le stelle che brillano e gli ampi spazi vuoti nei quali i nostri occhi si perdono, ci sono splendide opere d'arte chiamate nebulose, distese immense di gas tenue e molto caldo che tracciano indescrivibili trame tra quelle costellazioni così tanto familiari.
I nostri occhi non potranno mai ammirare qualcosa del genere, ma le nostre fotocamere digitali sì.
La costellazione estiva del Cigno, immersa nel pieno della Via Lattea estiva, ne è uno degli esempi più eclatanti. Una camera CCD equipaggiata con un obiettivo da 35 mm di focale, un filtro H-alpha che lascia passare solo la luce in cui emettono le nebulose, qualche ora di esposizione e tanta pazienza, sono gli ingredienti necessari per farci vedere il Cigno come non lo vedremo mai. Eppure la realtà è quella di questa foto e non quella che i nostri occhi ogni notte serena ci nascondono.
Il cielo, l'Universo, è un posto più sorprendente di quanto possiamo immaginare.
Provate a indovinare dove si trovano le stelle della costellazione!

Qualche dato tecnico: mosaico di 15 riprese(!) ognuna di 40 minuti di esposizione con camera CCD SBIG ST7-XME e filtro H-alpha da 12 nm di banda passante.


lunedì 18 marzo 2013

Domande e risposte: Quanto è densa una nebulosa?



Molte nebulose oscure appaiono così dense da creare dei veri e propri buchi in cielo. 
Alcune grandi nebulose a emissione, come la celebre M42 in Orione o la nebulosa Laguna nel Sagittario, con un telescopio e soprattutto in fotografia sembrano cortine impenetrabili di gas.

Anche in questo caso, l’apparenza inganna, e anche molto!
La densità del gas di ogni nebulosa è milioni di miliardi di volte inferiore alla densità dell’aria che stiamo respirando in questo momento. 

Gli oggetti più densi sono le nebulose oscure. La densità può arrivare anche a 1 milione di molecole per centimetro cubo.
Le nebulose a emissione, in conseguenza della minore quantità di gas (utilizzato per formare le stelle) e della temperatura elevata (un gas caldo si espande) hanno densità tipiche comprese tra 1000 e 10.000 atomi (non più molecole) per ogni centimetro cubo di spazio.

La densità di queste gigantesche nubi calde di gas è così bassa che se ci fossimo immersi probabilmente non noteremmo nulla, se non un debolissimo alone grigio in cielo simile alle nottate astronomiche estive afflitte da un’alta umidità.

Nessuna visione spettacolare, quindi. Il colore delle nebulose non si riesce a osservare a occhio nudo neanche se vi siamo immersi. Il problema è tutto della sensibilità dei nostri occhi. 
Ben altro discorso per le macchine fotografiche. Grazie al tempo di esposizione regolabile a piacere, le nebulose sono gli oggetti celesti più colorati in assoluto.

martedì 5 marzo 2013

Terza edizione del libro: Primo incontro con il cielo stellato

Primo incontro con il cielo stellato, terza edizione disponibile su Amazon! 

Grazie al prezioso aiuto di un amico, Salvatore Damato, che mi ha dato preziosi consigli e mi ha segnalato tutti gli errori, ho rimesso mano al libro "Primo incontro con il cielo stellato, edizione estesa", inserendo anche qualche nuovo paragrafo e trasformandolo nella terza (e definitiva) edizione. Ne ho approfittato anche per cambiare piattaforma: da Lulu ad Amazon, riuscendo ad abbassare il prezzo e azzererare o quasi le spese di spedizione.
Terza edizione del libro


Di cosa parla il libro "Primo incontro con il cielo stellato", terza edizione (estesa)?

E' semplicemente il manuale per l'osservazione del cielo più completo in lingua italiana. Una guida semplice e dettagliata, scritta da un astrofilo per gli astrofili, su come iniziare a orientarsi e osservare le meraviglie del cielo stellato. Gli 8 capitoli affrontano passo passo il percorso necessario per diventare astronomi dilettanti: dall'osservazione a occhio nudo a quella binoculare, concludendosi con la scelta del primo telescopio e preziosi consigli su come osservare gli oggetti celesti. L'ultimo capitolo comprende mappe e gli oggetti da osservare delle 58 costellazioni visibili dai cieli italiani. L'astronomia non è mai stata così semplice e divertente!

E' un manuale completo che vi durerà una vita e potrà rappresentare un valido punto di riferimento per risolvere dubbi o incertezze anche dopo che avrete familiarizzato con il cielo.

Grazie all'autopubblicazione è stato possibile non limitare il numero di pagine e mantenere basso il prezzo: non esistono libri di astronomia di 560 pagine venduti a meno di 19 euro!

Dove lo potrete acquistare? La copia cartacea si trova qui su Amazon!

Buona lettura!

domenica 15 gennaio 2012

Astrofotografia semplice: riprendiamo la nebulosa di Orione

Se non siete esperti astrofotografi, ma avete sempre sognato di riprendere almeno una delle moltissime immagini che si vedono circolare su internet, questo post fa per voi.

Alcuni oggetti, come le nebulose ad emissione, appaiono magnifici quando ripresi al telescopio, mostrando un'estensione e soprattutto dei colori impossibili da osservare attraverso qualsiasi strumento.
Purtroppo fare una buona fotografia di una nebulosa richiede una fotocamera, magari modificata per le applicazioni astronomiche, da collegare ad un telescopio, che poggia su una solida montatura equatoriale in grado di bilanciare il movimento della Terra ed un sistema chiamato autoguida che consente di controllare e correggere il movimento della montatura, affinché l'immagine, che richiede una lunga esposizione, non venga mossa
Tutto questo, oltre ad essere dispendioso in termini economici, è anche piuttosto difficile da mettere in pratica, soprattutto se si è agli inizi.

Se non volete, almeno per il momento, imbarcarvi in un'avventura lunga, dispendiosa e dall'esito incerto, come la fotografia degli oggetti deep-sky, molti astrofili vi diranno allora di continuare ad osservare le immagini di nebulose e galassie comodamente seduti di fronte allo schermo di un computer.

Fortunatamente, anche in questa affermazione pessimistica quanto perentoria, c'è almeno una piacevole eccezione.
In cielo esiste una nebulosa abbastanza brillante da non richiedere altro che una reflex collegata a qualsiasi telescopio ed una montatura equatoriale motorizzata. Niente lunghe esposizioni, niente super telescopi, nessun meccaniscmo di autoguida.

La nebulosa di Orione è molto semplice da riprendere
La grande nebulosa di Orione, ben visibile anche ad occhio nudo in queste fredde ma spesso limpide notti invernali, è la più brillante e spettacolare di tutto il cielo, facilissima e bellissima da fotografare.
Volete una prova? Ve la do subito.
La foto che vedete a lato è stata ottenuta con una comune reflex Canon 450D non modificata, collegandola ad un rifrattore apocromatico da 106 mm f 6.5 a sua volta posto su una montatura equatoriale cinese HEQ5. Non è stato necessario far altro se non scattare una serie di immagini di 30 secondi di esposizione ed allinearle e sommarle con uno dei classici programmi astronomici, tra cui il gratuito Registax.
Non sarà un capolavoro, ma la nebulosa e le tenui colorazioni sono ben visibili; direi che per chi si accontenta di uno scatto senza troppi problemi è già un grande risultato!