Abbiamo cercato in lungo e in largo per la Galassia, o almeno nella sua porzione a noi più vicina, ma ci siamo sempre scontrati con un'amara verità: quei pianeti, anche se simili alla Terra quanto vogliamo, sono sempre troppo lontani, così tanto che persino la nostra immaginazione si inibisce nell'attraversare tanto spazio, al punto da non permettci di immaginarli come mondi reali, come mondi possibili, come nostri fratelli.
In questi anni di fornsennata ricerca, quasi senza respiro, ci siamo accorti però di una cosa che ora è diventata una certezza: i pianeti, sebbene piccoli, deboli e quasi sempre invisibili, ci sono e sono dappertutto, anche nei posti che non ritenevamo possibili. Ci sono pianeti probabilmente sin quasi dall'alba dell'Universo, di certo sin dal momento in cui sono nate le generazioni di stelle che possiamo osservare. Ci sono, probabilmente, persino più pianeti che stelle nella Via Lattea e questo implica l'esistenza di centinaia di miliardi di silenziosi e invisibili corpi celesti.
Pianeti, pianeti ovunque, ma non nel sistema a noi più vicino, quello formato da tre stelle e denominato Alpha Centauri. Per decenni, mentre inevitabilmente ci si allontanava sempre più da casa, ogni tanto si cercava anche tra i nostri vicini, tra quelle stelle che per l'Universo sono a un soffio da noi, a circa 40 mila miliardi di chilometri dalle nostre teste, o 4,3 anni luce; un numero, questo, che meglio riesce a illuderci della loro estrema vicinanza.
Le stelle più vicine al Sole |
Già dai primi anni 2000 attorno alla componente più debole del sistema, Proxima, una nana rossa migliaia di volte meno luminosa del Sole (tanto che non è visibile a occhio nudo, nonostante sia la stella più vicina), sembravano vedersi degli strani andamenti. La stella subiva dei piccoli spostamenti periodici rispetto a quanto avrebbe dovuto fare se fosse stata sottoposta solo all'attrazione gravitazionale delle due sorelle maggiori. I tempi non erano ancora maturi perché i dati non mostravano la chiarezza richiesta per confermare un possibile pianeta.
La scienza, però, è anche e soprattutto pazienza e perseveranza, così di quei segnali interessanti di molti anni fa nessuno si è dimenticato e nel Gennaio 2016 è partita una massiccia campagna di ricerca da parte dell'ESO (l'osservatorio australe europeo) con la grande novità del coinvolgimento diretto del pubblico, che ha potuto assistere alla fase di raccolta e di analisi dei dati ripresi dai più potenti telescopi del mondo, nel luogo, il deserto di Atacama, migliore che possiamo trovare qui sulla Terra. Il progetto "Pale Red Dot" aveva l'ambizioso compito di fare chiarezza sulla possibile esistenza di un pianeta attorno a Proxima Centauri, mostrando allo stesso tempo i modi e i criteri con cui viene effettuato un serio studio scientifico. Dopo mesi di lavoro e di successivo silenzio stampa, nel momento in cui è stato compilato e sottoposto a verifica il report sull'analisi dei dati raccolti, possiamo dire di avere molto più chiara la situazione.
Proxima Centauri b e il confronto con il Sistema Solare |
Di più, però, non possiamo dire. Come in quasi tutte le circostanze, non riusciamo a vedere direttamente il pianeta, ma ne abbiamo dedotto le sue proprietà in base alle perturbazioni, piccolissime, che esercita sulla stella attorno alla quale orbita. Non sappiamo come sia fatta la sua atmosfera, quali composti ci sono, né se effettivamente possa essere ospitale come la sua posizione orbitale lascerebbe supporre. Non conosciamo la temperatura, il raggio, la densità. Le uniche similarità con la Terra sono una massa paragonabile e una posizione orbitale tale da consentire temperature potenzialmente simili. Su quest'ultimo punto, però, non dobbiamo fare confusione e leggere bene la frase: l'avverbio "potenzialmente" suggerisce che esiste la possibilità di avere temperature miti, ma che questa non è l'unica soluzione possibile. Anche la Luna si trova ben all'interno della zona abitabile del Sistema Solare, eppure è molto diversa dalla Terra, con temperature che oscillano tra i +120 e i -100°C. Finché non riusciremo a studiare l'atmosfera di questo pianeta non potremo dare certezze, ma fare solo speculazioni sulle sue proprietà. E le speculazioni, a questo punto della nostra conoscenza, non sono neanche positive. Il pianeta, con buona probabilità, ha un periodo di rotazione sul proprio asse uguale a quello di rivoluzione, quindi mostra alla propria stella sempre la stessa faccia. Questo significa che un emisfero è sempre illuminato (quindi molto caldo) e un altro sempre al buio (quindi freddo), che potrebbero esserci anche forti venti nella sua atmosfera (se ne possiede una). Le stelle nane rosse, come Proxima, sono poi famose per essere irrequiete e originare tempeste migliaia di volte più intense di quelle che può produrre il Sole: se questo pianeta non dovesse avere un forte campo magnetico (difficile se la sua rotazione è bloccata), la sua superficie ha più probabilità di essere sterile quanto quella lunare che di avvicinarsi a quella terrestre. E' quindi meglio calmare gli entusiasmi e non avventurarsi in voli pindarici che potrebbero avere scarsa attinenza con la realtà. Questo, naturalmente, non significa smettere di sognare, anzi...
Anche se per ora non sappiamo molto, si tratta di una scoperta importantissima, perché grazie alla sua vicinanza questo sarà uno dei pochi pianeti che potremo studiare in dettagio con la prossima generazione di telescopi e perché, e questo è il grande sogno, potremo persino disporre in tempi umani di una tecnologia in grado di raggiungerlo per poterlo studiare da vicino. E sebbeme Proxima non sia visibile a occhio nudo, e tutto il sistema di Alpha Centauri non si possa osservare dalle nostre latitudini, d'ora in poi in questa enorme cupola oscura che compare ogni notte potremo alzare lo sguardo e sentirci meno soli, meno unici, meno eccezione e più regola. Perché essere eccezionali può scatenare sul breve periodo una euforica sensazione, di ma alla lunga logora. E dopo centinaia di migliaia di anni, l'Homo Sapiens è pronto per scoprire l'eccezionale normalità del pianeta sul quale vive e della materia di cui è fatto.
Per approfondire:
Il comunicato stampa di ESO
L'articolo di Nature
L'articolo scientifico originale
Il progetto Pale Red Dot