Era l'ultima cosa che mi mancava del mondo dei social network, così mi sono deciso a fare il grande passo e ad aprire un mio canale su Youtube nel quale caricherò con costanza alcuni brevi video di astronomia.
Le idee sono tante, il tempo un po' meno, quindi per adesso ho iniziato con il progetto "Tre minuti di Universo", una rubrica nella quale propongo video di 3-4 minuti nei quali approfondisco un tema di carattere astronomico.
Se il riscontro in termini di partecipazione sarà positivo continuerò questa esperienza, che in ogni caso sta contribuendo a rendermi un divulgatore migliore (e mi diverto pure giocando con gli effetti speciali home made del chroma key!), con altre tematiche (suggerimenti?).
Per il momento ho caricato 6 video, di cui uno di presentazione, che parlano di aurore polari, materia oscura, scontri tra galassie...
Sono tutti argomenti affrontati con parole semplici e naturalmente non in modo completo; rappresentano quindi degli spunti per accendere la curiosità e spingervi ad approfondire un argomento che avete trovato particolarmente interessante, magari acquistando uno dei miei libri!
Naturalmente è tutto fatto in casa, quindi spero che la vostra attenzione si focalizzerà di più sui contenuti che sugli effetti speciali.
Commeti, critiche e suggerimenti sono sempre ben accetti.
Per il momento buona visione!
Blog di Daniele Gasparri, astrofisico e divulgatore scientifico. Cerca i miei libri su amazon.it
lunedì 15 dicembre 2014
martedì 2 dicembre 2014
Avviso ai miei lettori in merito agli ebook Kindle
Dal 1 Gennario 2015
cambiano radicalmente le disposizioni in termini di IVA nella
comunità europea. In particolare, l'IVA su tutti i prodotti
acquistati online non si pagherà più nel paese in cui si effettua
l'acquisto ma in quello in cui risiede chi l'ha comprato.
Non è questo il
luogo per discutere sulla correttezza o meno di un
provvedimento del genere, ma a me preme solo avvisarvi di quale sarà l'effetto sui miei libri acquistati su Amazon (perché di fatto il provvedimento è stato studiato su misura per Amazon).
provvedimento del genere, ma a me preme solo avvisarvi di quale sarà l'effetto sui miei libri acquistati su Amazon (perché di fatto il provvedimento è stato studiato su misura per Amazon).
Tutti i libri
cartacei non dovrebbero subire grosse variazioni perché la legge
italiana prevede un'IVA agevolata al 4% simile a quella già
applicata da Amazon.
Tutti gli ebook in
formato Kindle, invece, subiranno un aumento automatico del prezzo di
circa il 20% a causa del fatto che la legislazione italiana non li
riconosce di fatto come libri ma li tassa con l'aliquota piena al
22%. Questo provvedimento, come al solito, non toccherà le
piattaforme che li vendono, in questo caso Amazon, che si limiterà
ad alzare i prezzi per coprire le diverse aliquote IVA all'interno
dell'Europa, ma si abbatterà solamente sui consumatori, che di fatto
vedranno aumentare tutti i prezzi degli ebook kindle.
Sebbene non sia un aumento elevatissimo in termini assoluti, trovo ingiusto
che la cultura venga tassata al 22%, anzi, quella digitale solamente
venga tassata al 22%, e sebbene non abbia alcun potere in merito, in
qualità di autore e di cittadino italiano vi chiedo scusa per quello
che accadrà tra meno di un mese.
Purtroppo l'unico
modo per non dover pagare ogni mio libro kindle il 20% in più è di
approfittare di queste ultime settimane e farne incetta. Visto che si
avvicinano anche le feste di Natale non potrebbe esserci periodo
migliore per un po' di astronomia pratica e teorica.
Vi ricordo che il
formato kindle può essere letto anche da qualsiasi computer e
smartphone, NON solo dai lettori Kindle di Amazon, quindi chiunque
abbia un dispositivo mobile ne può approfittare.
giovedì 20 novembre 2014
ALMA entra in funzione e subito sorprende
La tecnologia fa passi da gigante giorno dopo giorno e ci permette, sia se siamo semplici appassionati o studiosi del cielo, di meravigliarci e avere a disposizione una miniera di informazioni che fino a 20 anni fa sembrava pura fantascienza.
Un altro grande passo verso una maggior comprensione del cosmo è stato ufficialmente fatto in Cile, nel più secco deserto del mondo: Atacama, conosciuto anche come il paradiso degli astronomi (dilettanti e professionisti).
E' in questa lingua larga non più di 200 km e lunga qualche migliaio che all'inizio di novembre è ufficialmente entrato in funzione, quasi a pieno regime, il telescopio ALMA, acronimo per Atacama Large Millimeter/submillimeter Array.
In realtà non si tratta di un telescopio singolo come siamo abituati a immaginare, ma di una rete di radiotelescopi che osservano principalmente alla lunghezza d'onda delle microonde che si possono muovere ed estendere fino a coprire un lato di 15 chilometri.
Grazie alla tecnica dell'interferometria è possibile sfruttare in pieno le proprietà della luce per aumentare il potere risolutivo degli strumenti e carpire dettagli sempre più fini dell'Universo. In particolare, l'interterometria combina la luce ripresa da una rete di telescopi e permette di raggiungere un potere risolutivo pari a quello che si avrebbe se si osservasse con un unico telescopio il cui diametro è pari alla distanza massima tra due parabole. Poiché le antenne di ALMA raggiungono un'estensione di 15 chilometri, la risoluzione raggiungibile è la stessa che avrebbe un singolo radiotelescopio di pari diametro, con il grande vantaggio di poter operare con telescopi più piccoli, maneggevoli ed economici.
Alle lunghezze d'onda submillimetriche si ha anche il vantaggio di non dover combattere con la fastidiosa turbolenza atmosferica, che degrada enormemente le immagini nel visibile.
Il risultato, quindi, è una risoluzione paragonabile a quella raggiunta dal telescopio spaziale Hubble, circa 0.0035 secondi d'arco.
Le lunghezze d'onda millimetriche hanno anche il grande vantaggio di non essere molto assorbite dalle polveri interstellari e quindi ci consentono di osservare fenomeni che fino a questo momento abbiamo solo teorizzato e simulato al computer.
La prima immagine di ALMA ha già stupito tutti quanto a bellezza, risoluzione e portata scientifica. A 450 anni luce di distanza, le antenne hanno ripreso la giovanissima stella HL Tauri. Probabilmente non più vecchia di un milione di anni, per le scale temporali dell'Universo è praticamente una neonata. Ma la sorpresa non è l'età, piuttosto quello che c'è attorno alla stella: un disco di polveri che sta formando molto probabilmente un sistema planetario. L'immagine è così definita che si possono osservare anche delle lacune nel disco, laddove quasi certamente si stanno formando pianeti.
E questo è il grande problema: tutte le nostre teorie sulla formazione dei sistemi planetari dicono che serve molto più tempo affinché dal disco di polveri inizino a formarsi corpi di taglia planetaria. A quanto pare, osservando questa straordinaria immagine, siamo ben lungi dall'aver compreso il meccanismo di nascita dei pianeti. L'aiuto di ALMA, allora, sarà davvero fondamentale.
Per approfondire: http://www.eso.org/public/news/eso1436/
ALMA, in Cile. Un progetto molto promettente |
E' in questa lingua larga non più di 200 km e lunga qualche migliaio che all'inizio di novembre è ufficialmente entrato in funzione, quasi a pieno regime, il telescopio ALMA, acronimo per Atacama Large Millimeter/submillimeter Array.
In realtà non si tratta di un telescopio singolo come siamo abituati a immaginare, ma di una rete di radiotelescopi che osservano principalmente alla lunghezza d'onda delle microonde che si possono muovere ed estendere fino a coprire un lato di 15 chilometri.
Grazie alla tecnica dell'interferometria è possibile sfruttare in pieno le proprietà della luce per aumentare il potere risolutivo degli strumenti e carpire dettagli sempre più fini dell'Universo. In particolare, l'interterometria combina la luce ripresa da una rete di telescopi e permette di raggiungere un potere risolutivo pari a quello che si avrebbe se si osservasse con un unico telescopio il cui diametro è pari alla distanza massima tra due parabole. Poiché le antenne di ALMA raggiungono un'estensione di 15 chilometri, la risoluzione raggiungibile è la stessa che avrebbe un singolo radiotelescopio di pari diametro, con il grande vantaggio di poter operare con telescopi più piccoli, maneggevoli ed economici.
Alle lunghezze d'onda submillimetriche si ha anche il vantaggio di non dover combattere con la fastidiosa turbolenza atmosferica, che degrada enormemente le immagini nel visibile.
Il risultato, quindi, è una risoluzione paragonabile a quella raggiunta dal telescopio spaziale Hubble, circa 0.0035 secondi d'arco.
Le lunghezze d'onda millimetriche hanno anche il grande vantaggio di non essere molto assorbite dalle polveri interstellari e quindi ci consentono di osservare fenomeni che fino a questo momento abbiamo solo teorizzato e simulato al computer.
Ripreso per la prima volta un sistema planetario in formazione. |
La prima immagine di ALMA ha già stupito tutti quanto a bellezza, risoluzione e portata scientifica. A 450 anni luce di distanza, le antenne hanno ripreso la giovanissima stella HL Tauri. Probabilmente non più vecchia di un milione di anni, per le scale temporali dell'Universo è praticamente una neonata. Ma la sorpresa non è l'età, piuttosto quello che c'è attorno alla stella: un disco di polveri che sta formando molto probabilmente un sistema planetario. L'immagine è così definita che si possono osservare anche delle lacune nel disco, laddove quasi certamente si stanno formando pianeti.
E questo è il grande problema: tutte le nostre teorie sulla formazione dei sistemi planetari dicono che serve molto più tempo affinché dal disco di polveri inizino a formarsi corpi di taglia planetaria. A quanto pare, osservando questa straordinaria immagine, siamo ben lungi dall'aver compreso il meccanismo di nascita dei pianeti. L'aiuto di ALMA, allora, sarà davvero fondamentale.
Per approfondire: http://www.eso.org/public/news/eso1436/
lunedì 17 novembre 2014
Una delle più grandi tempeste di meteore mai verificatesi
Purtroppo c'è una brutta notizia prima di proseguire, anzi due: la prima è che la tempesta c'è già stata, la seconda è che non potevamo comunque vederla perché è avvenuta su Marte.
Il 19 Ottobre scorso si è verificato un evento estremamente raro, stimato con una frequenza di uno ogni qualche milione di anni: una cometa è passata estremamente vicino a Marte, a poco più di 130 mila chilometri dalla superficie, 3 volte più vicina della nostra Luna.
Siding Spring, questo il nome della cometa, ha sfiorato il pianeta rosso evitando per poco un impatto che sarebbe stato catastrofico, ma ha lasciato una grande e spettacolare traccia della sua presenza a così breve distanza. La sua estesa chioma e la coda hanno infatti interagito, come ampiamente previsto, con l'atmosfera di Marte, causando come più spettacolare effetto collaterale un'incredibile e inimmaginabile tempesta di stelle cadenti.
Sebbene nessuna delle sonde attorno al pianeta e dei rover sulla superficie abbia ripreso in diretta questo evento (anche per questioni di sicurezza), dopo il passaggio della cometa la sonda della NASA MAVEN, osservando la porzione di atmosfera che è stata attraversata dalla chioma e dalla coda, ha rilevato una grande quantità di "fumi" causati dalle migliaia, forse milioni di scie prodotte dalle meteore bruciate nella sottile atmosfera marziana.
La cometa si è dimostrata molto più "polverosa" di quanto ci si aspettasse e ha prodotto uno spettacolo di migliaia di stelle cadenti l'ora che sarebbero risultate davvero spettacolari per chiunque si fosse trovato sulla superficie del pianeta rosso.
Oltre alle meteore, l'interazione tra la chioma della cometa e l'atmosfera di Marte ha sensibilmente modificato quest'ultima, arricchendola di polveri e metalli, regalando, probabilmente, un bel tramonto rosso/giallo al rover Curiosity, ed è riuscita persino a creare per diverse ore uno strato completamente ionizzato, detto ionosfera, che su Marte, al contrario che sulla Terra, esiste solamente di giorno quando viene illuminato dal Sole.
Per approfondire: http://www.universetoday.com/116005/mind-blowing-meteor-shower-on-mars-during-comet-flyby-say-nasa-scientists/
La madre di tutte le tempeste di meteore |
Siding Spring, questo il nome della cometa, ha sfiorato il pianeta rosso evitando per poco un impatto che sarebbe stato catastrofico, ma ha lasciato una grande e spettacolare traccia della sua presenza a così breve distanza. La sua estesa chioma e la coda hanno infatti interagito, come ampiamente previsto, con l'atmosfera di Marte, causando come più spettacolare effetto collaterale un'incredibile e inimmaginabile tempesta di stelle cadenti.
Sebbene nessuna delle sonde attorno al pianeta e dei rover sulla superficie abbia ripreso in diretta questo evento (anche per questioni di sicurezza), dopo il passaggio della cometa la sonda della NASA MAVEN, osservando la porzione di atmosfera che è stata attraversata dalla chioma e dalla coda, ha rilevato una grande quantità di "fumi" causati dalle migliaia, forse milioni di scie prodotte dalle meteore bruciate nella sottile atmosfera marziana.
La cometa si è dimostrata molto più "polverosa" di quanto ci si aspettasse e ha prodotto uno spettacolo di migliaia di stelle cadenti l'ora che sarebbero risultate davvero spettacolari per chiunque si fosse trovato sulla superficie del pianeta rosso.
Oltre alle meteore, l'interazione tra la chioma della cometa e l'atmosfera di Marte ha sensibilmente modificato quest'ultima, arricchendola di polveri e metalli, regalando, probabilmente, un bel tramonto rosso/giallo al rover Curiosity, ed è riuscita persino a creare per diverse ore uno strato completamente ionizzato, detto ionosfera, che su Marte, al contrario che sulla Terra, esiste solamente di giorno quando viene illuminato dal Sole.
Per approfondire: http://www.universetoday.com/116005/mind-blowing-meteor-shower-on-mars-during-comet-flyby-say-nasa-scientists/
mercoledì 12 novembre 2014
Siamo arrivati su una cometa. Philae ce l'ha fatta! [Aggiornamento]
Aggiornamento 12/11 22:50
Nonostante il grande successo della missione di Philae, non tutto è filato liscio, anzi.
Subito dopo il contatto sembra che gli strumenti di bordo abbiano registrato dei movimenti di qualche decina di centimetri. Inoltre la telemetria di Philae era intermittente: il segnale andava e veniva. Subito i sistemi avevano mostrato che gli arpioni con cui la sonda doveva agganciarsi al suolo della cometa non erano stati sparati. Inoltre, già dal giorno prima si sapeva che il piccolo razzo che avrebbe dovuto schiacciare per pochi secondi la sonda sulla cometa per evitarne il rimbalzo era fuori uso. Tutti questi indizi hanno convinto i tecnici di missione che la sonda Philae ha di fatto rimbalzato qualche decina di centimetri dopo aver toccato per la prima volta il suolo cometario. La rotazione residua delle fasi di avvicinamento ha causato le interruzioni del segnale. Ora sembra che il segnale si sia stabilizzato e che la sonda, forse, ha ritoccato il suolo. Ma gli arpioni sicuramente non sono stati sparati e la posizione potrebbe essere precaria. Dall'ESA non trapela nient'altro e dovremo aspettare il 13 novembre mattina per avere notizie certe. Intanto non sono ancora giunte immagini dalla superficie della cometa, ma anche queste sono attese entro poche ore.
Con la speranza che la piccola sonda possa posarsi con forza sulla cometa e con l'inclinazione giusta, aspettiamo ulteriori aggiornamenti.
Intanto, per capire perché siamo andati su una cometa e quali implicazioni ha questo anche per la nostra vita, se non altro dal punto di vista dell'insegnamento di alcuni valori ormai dimenticati, godetevi questo spettacolare video dell'ESA sulla missione Rosetta
Philae ce l'ha fatta!
Per la prima volta nella nostra storia siamo riusciti a portare un manufatto automatico grande come una lavatrice sulla superficie di una cometa, a mezzo miliardi di chilometri di distanza.
E' un momento storico, secondo per importanza solo allo sbarco sulla Luna, ma se vogliamo ancora più difficile e straordinario. Si', perché la Luna, in fin dei conti, è a 4 passi da casa ed è molto grande. La cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko è un sasso grande quanto una montagna terrestre e ha una forza di gravità così bassa che basterebbe il salto di un gatto per sfuggire dalla sua attrazione. Ed è per questo che la missione, sotto certi punti di vista, è stata la più complessa mai realizzata.
Emozionante e incredibile quindi dal punto di vista tecnologico, perché è stata una vera sfida, un po' come l'intera missione Rosetta.
Affascinante dal punto di vista scientifico perché ora avremo un preziosissimo laboratorio su una cometa che potrà dirci come sono fatti e cosa contengono questi oggetti e, magari, qual è l'origine della nostra stessa esistenza.
Ma il momento è storico e fondamentale anche e soprattutto per la nostra società e per gli insegnamenti morali e culturali che ci regala.
Perché, lo so, ci sarà molta gente che pensa che tutto questo sia stato solo un grande spreco di risorse. Non è così, sia dal punto di vista prettamente materiale, perché il costo per l'Italia e i singoli stati è stato irrisorio rispetto al budged dello stato (anzi, a fare il cattivo potrei azzardare che il prezzo pagato dall'Italia è stato inferiore rispetto a quanto si spende per mantenere un giorno l'intera nostra classe politica), ma anche e soprattutto per il messaggio che questa lavatrice a mezzo miliardi di chilometri di distanza ci ha consegnato.
Un messaggio che ci fa vedere cosa significa la cooperazione tra stati (più di dieci!), tra enti di ricerca in cui lavorano decine di migliaia di persone serie che attraverso mille difficoltà, soprattutto economiche, non hanno mai rinunciato ai loro sogni, a fare quello che gli piace.
Il messaggio diretto all'umanità è quello di smettere di farsi la guerra ma anche e soprattutto di smettere di guardare limitatamente al proprio giardino di casa.
Il messaggio è di alzare lo sguardo, di prendere in mano le nostre vite, diventare persone migliori, imparare a collaborare, a rispettare il prossimo e a sognare.
Non lasciamo che problemi quotidiani, irrisori rispetto all'Universo che ci circonda, ci facciano dimenticare le nostre potenzialità, le nostre meravigliose capacità. Se siamo in grado di atterrare su una cometa, siamo in grado di fare qualsiasi altra cosa. Rialziamoci, se ci siamo seduti, e soprattutto non perdiamo mai il contatto con la nostra parte emozionale e sognatrice. Perché la vita può darci molti colpi, è vero, ma il modo peggiore per affrontarli è smettere di sognare, smettere di avere una visione d'insieme, per certi versi anche romantica, e sicuramente profonda della nostra esistenza.
Non siamo animali, siamo esseri intelligenti sognatori che meritano di continuare a sognare; non lasciamoci spegnere da problemi e dalla superficialità che a volte sembra essere la risposta più facile in certi momenti, ma che è il modo effettivamente più semplice per gettare al vento la propria vita.
Non è retorica tutto questo, ma un bell'esempio di un mondo che funziona.
Facciamo tesoro di tutto ciò e impariamo, perché le lezioni nella vita possono arrivare anche dallo spazio profondo. Grazie Rosetta, grazie Philae
Nonostante il grande successo della missione di Philae, non tutto è filato liscio, anzi.
Subito dopo il contatto sembra che gli strumenti di bordo abbiano registrato dei movimenti di qualche decina di centimetri. Inoltre la telemetria di Philae era intermittente: il segnale andava e veniva. Subito i sistemi avevano mostrato che gli arpioni con cui la sonda doveva agganciarsi al suolo della cometa non erano stati sparati. Inoltre, già dal giorno prima si sapeva che il piccolo razzo che avrebbe dovuto schiacciare per pochi secondi la sonda sulla cometa per evitarne il rimbalzo era fuori uso. Tutti questi indizi hanno convinto i tecnici di missione che la sonda Philae ha di fatto rimbalzato qualche decina di centimetri dopo aver toccato per la prima volta il suolo cometario. La rotazione residua delle fasi di avvicinamento ha causato le interruzioni del segnale. Ora sembra che il segnale si sia stabilizzato e che la sonda, forse, ha ritoccato il suolo. Ma gli arpioni sicuramente non sono stati sparati e la posizione potrebbe essere precaria. Dall'ESA non trapela nient'altro e dovremo aspettare il 13 novembre mattina per avere notizie certe. Intanto non sono ancora giunte immagini dalla superficie della cometa, ma anche queste sono attese entro poche ore.
Con la speranza che la piccola sonda possa posarsi con forza sulla cometa e con l'inclinazione giusta, aspettiamo ulteriori aggiornamenti.
Intanto, per capire perché siamo andati su una cometa e quali implicazioni ha questo anche per la nostra vita, se non altro dal punto di vista dell'insegnamento di alcuni valori ormai dimenticati, godetevi questo spettacolare video dell'ESA sulla missione Rosetta
Philae ce l'ha fatta!
Per la prima volta nella nostra storia siamo riusciti a portare un manufatto automatico grande come una lavatrice sulla superficie di una cometa, a mezzo miliardi di chilometri di distanza.
E' un momento storico, secondo per importanza solo allo sbarco sulla Luna, ma se vogliamo ancora più difficile e straordinario. Si', perché la Luna, in fin dei conti, è a 4 passi da casa ed è molto grande. La cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko è un sasso grande quanto una montagna terrestre e ha una forza di gravità così bassa che basterebbe il salto di un gatto per sfuggire dalla sua attrazione. Ed è per questo che la missione, sotto certi punti di vista, è stata la più complessa mai realizzata.
Emozionante e incredibile quindi dal punto di vista tecnologico, perché è stata una vera sfida, un po' come l'intera missione Rosetta.
Affascinante dal punto di vista scientifico perché ora avremo un preziosissimo laboratorio su una cometa che potrà dirci come sono fatti e cosa contengono questi oggetti e, magari, qual è l'origine della nostra stessa esistenza.
Ma il momento è storico e fondamentale anche e soprattutto per la nostra società e per gli insegnamenti morali e culturali che ci regala.
Perché, lo so, ci sarà molta gente che pensa che tutto questo sia stato solo un grande spreco di risorse. Non è così, sia dal punto di vista prettamente materiale, perché il costo per l'Italia e i singoli stati è stato irrisorio rispetto al budged dello stato (anzi, a fare il cattivo potrei azzardare che il prezzo pagato dall'Italia è stato inferiore rispetto a quanto si spende per mantenere un giorno l'intera nostra classe politica), ma anche e soprattutto per il messaggio che questa lavatrice a mezzo miliardi di chilometri di distanza ci ha consegnato.
Un messaggio che ci fa vedere cosa significa la cooperazione tra stati (più di dieci!), tra enti di ricerca in cui lavorano decine di migliaia di persone serie che attraverso mille difficoltà, soprattutto economiche, non hanno mai rinunciato ai loro sogni, a fare quello che gli piace.
Il messaggio diretto all'umanità è quello di smettere di farsi la guerra ma anche e soprattutto di smettere di guardare limitatamente al proprio giardino di casa.
Il messaggio è di alzare lo sguardo, di prendere in mano le nostre vite, diventare persone migliori, imparare a collaborare, a rispettare il prossimo e a sognare.
Non lasciamo che problemi quotidiani, irrisori rispetto all'Universo che ci circonda, ci facciano dimenticare le nostre potenzialità, le nostre meravigliose capacità. Se siamo in grado di atterrare su una cometa, siamo in grado di fare qualsiasi altra cosa. Rialziamoci, se ci siamo seduti, e soprattutto non perdiamo mai il contatto con la nostra parte emozionale e sognatrice. Perché la vita può darci molti colpi, è vero, ma il modo peggiore per affrontarli è smettere di sognare, smettere di avere una visione d'insieme, per certi versi anche romantica, e sicuramente profonda della nostra esistenza.
Non siamo animali, siamo esseri intelligenti sognatori che meritano di continuare a sognare; non lasciamoci spegnere da problemi e dalla superficialità che a volte sembra essere la risposta più facile in certi momenti, ma che è il modo effettivamente più semplice per gettare al vento la propria vita.
Non è retorica tutto questo, ma un bell'esempio di un mondo che funziona.
Facciamo tesoro di tutto ciò e impariamo, perché le lezioni nella vita possono arrivare anche dallo spazio profondo. Grazie Rosetta, grazie Philae
lunedì 10 novembre 2014
Philae sta per tentare l'impresa: atterrare su una cometa!
E' senza dubbio la missione automatica più ambiziosa, pericolosa e forse persino folle, ma nella scienza, e in generale nel progresso, un po' di razionale follia serve per provare ad abbattere delle barriere.
E così il prossimo 11 novembre ci sarà un appuntamento con la storia da non perdere: per la prima volta gli esseri umani proveranno a far atterrare sulla scoscesa superficie di una cometa una piccola sonda automatica. Philae, per ora saldamente agganciata alla sonda madre Rosetta, prenderà il volo e colmerà, si spera senza imprevisti, la distanza di poche decine di chilometri che la separa dalla superficie della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko, posandosi delicatamente sulla superficie il 12 novembre.
E' una manovra mai tentata prima, aggravata dal fatto che quando la sonda madre Rosetta è arrivata nei pressi della cometa, nessuno si aspettava di trovare un corpo celeste così irregolare e angusto, sul quale atterrare sembra un'impresa ancora più difficile delle più pessimistiche previsioni.
Ma l'ESA ormai è abituata a tentare manovre mai provate prima: ha iniziato nel 2004 quando è riuscita a far depositare dolcemente la capsula Huygens su Titano, la prima volta su un satellite di un altro pianeta. Ha proseguito con la stessa sonda Rosetta, che è riuscita nell'impresa di mettersi in orbita stabile attorno a una cometa di circa 4X3,2X1,3 km che ha la forza di gravità di una montagna terrestre, e nemmeno troppo alta.
Ora è il momento di aggiungere l'ultimo tassello mancante a una serie di imprese che stanno inevitabilmente cambiando la storia delle esplorazioni automatiche.
La zona di atterraggio, scelta dopo una lunga analisi delle immagini ad altissima risoluzione fornite da Rosetta, è stata soprannominata Agilkia e si trova su una piccola pianura su uno dei lati lunghi di questo masso cosmico alquanto particolare.
Come andrà a finire non si può sapere, ma intanto prepariamoci alla diretta visibile sul sito dell'ESA a partire dalle 20 ora locale dell'11 novembre. Le fasi finali dell'atterraggio sono previste per il 12 novembre alle 15 ora locale. Comunque vada dobbiamo essere orgogliosi di appartenere all'umanità, che è capace di cose ben più grandi di lei quando riesce a smettere di farsi la guerra.
Link per approfondimenti e per la diretta: http://www.esa.int
Philae sta per atterrare su una cometa |
E' una manovra mai tentata prima, aggravata dal fatto che quando la sonda madre Rosetta è arrivata nei pressi della cometa, nessuno si aspettava di trovare un corpo celeste così irregolare e angusto, sul quale atterrare sembra un'impresa ancora più difficile delle più pessimistiche previsioni.
Ma l'ESA ormai è abituata a tentare manovre mai provate prima: ha iniziato nel 2004 quando è riuscita a far depositare dolcemente la capsula Huygens su Titano, la prima volta su un satellite di un altro pianeta. Ha proseguito con la stessa sonda Rosetta, che è riuscita nell'impresa di mettersi in orbita stabile attorno a una cometa di circa 4X3,2X1,3 km che ha la forza di gravità di una montagna terrestre, e nemmeno troppo alta.
Ora è il momento di aggiungere l'ultimo tassello mancante a una serie di imprese che stanno inevitabilmente cambiando la storia delle esplorazioni automatiche.
La zona di atterraggio, scelta dopo una lunga analisi delle immagini ad altissima risoluzione fornite da Rosetta, è stata soprannominata Agilkia e si trova su una piccola pianura su uno dei lati lunghi di questo masso cosmico alquanto particolare.
Come andrà a finire non si può sapere, ma intanto prepariamoci alla diretta visibile sul sito dell'ESA a partire dalle 20 ora locale dell'11 novembre. Le fasi finali dell'atterraggio sono previste per il 12 novembre alle 15 ora locale. Comunque vada dobbiamo essere orgogliosi di appartenere all'umanità, che è capace di cose ben più grandi di lei quando riesce a smettere di farsi la guerra.
Link per approfondimenti e per la diretta: http://www.esa.int
giovedì 6 novembre 2014
Uno strumento fondamentale per lo studio delle stelle: il diagramma HR
Per
cercare di comprendere il funzionamento di una famiglia di corpi
celesti, in questo caso le stelle, e individuare tutte le regole che
la Natura ha deciso (se ci sono!), dobbiamo avere un approccio logico e metodico
che prevede l’osservazione di un gran numero di oggetti e
l’estrapolazione di alcune caratteristiche comuni.
In
modo del tutto generale le principali proprietà di una classe di
oggetti si mettono in luce confrontando due o più grandezze che
riusciamo a misurare attraverso le osservazioni per
vedere se esiste una relazione semplice che le mette in correlazione.
Se
gli oggetti celesti fossero costruiti in modo casuale non esisterebbe
alcuna correlazione, ad esempio, tra massa e luminosità, oppure tra
luminosità e colore.
Se,
al contrario, attraverso le osservazioni i grafici che si
costruiscono mostrano delle correlazioni, ecco che siamo in grado di
caratterizzare tutti gli oggetti dell’Universo appartenenti a
quella determinata categoria, attraverso l’individuazione delle
regole fisiche alle quali obbediscono.
Nel
caso delle stelle, studiando la luminosità e il colore possiamo
scoprire qualcosa di veramente molto interessante e potente per comprenderne il funzionamento e le proprietà.
Lo strumento fondamentale è il
diagramma HR, abbreviazione di Hertzsprung-Russell, i
due astronomi che per primi, in modo indipendente, l'hanno creato. Si tratta di un semplice grafico che cerca un collegamento tra due grandezze che riusciamo a misurare per le stelle. Sull'asse delle X si pone
la temperatura o gli indici di colore, tipicamente B-V. Questi sono
semplicemente differenze di magnitudine tra due bande spettrali, in
questo caso Blu - Visibile, e ci dicono in pratica quanto è blu o rossa una
stella. Poiché il colore è legato alla temperatura, questa scala
può essere sovrapposta
con la temperatura superficiale delle stelle.
Sull'asse
delle Y, invece, va inserita la magnitudine assoluta, o in
alternativa la luminosità assoluta delle stelle. Attenzione perché
qui c'è una trappola, poiché la magnitudine assoluta di un astro si
può conoscere solamente se si ha a disposizione una precisa stima
della sua distanza. In effetti, se scegliessimo un campione casuale di stelle e misurassimo solamente la loro magnitudine apparente, questa sarebbe influenzata non solo da eventuali differenze fisiche, ma anche e soprattutto dalle differenti distanze. Poiché siamo alla caccia delle eventuali regole con cui la Natura ha plasmato questi astri, non vogliamo di certo che il nostro lavoro sia influenzato da un fenomeno come la distanza che non c'entra proprio nulla.
Il problema è che stimare la distanza di un gruppo a caso di stelle e averne in numero sufficiente per capire se ci sono correlazioni tra la magnitudine assoluta e il colore non è per niente facile, né veloce, né, forse, ci dà tutte le informazioni che potremo sperare di ricavare.
Con un approccio alternativo e furbo, si può costruire quello che viene detto diagramma HR osservativo, o semplicemente diagramma colore-magnitudine. Poiché conoscere la
distanza di ogni stella e di conseguenza la sua magnitudine assoluta è piuttosto complicato, eliminiamo il suo effetto sulla luminosità osservata scegliendo un campione di stelle che sappiamo essere tutte più o meno alla stessa distanza da noi. Gli oggetti migliori per questo scopo sono gli ammassi aperti e gli ammassi globulari, gruppi compatti e legati che in effetti possiamo considerare come composti da stelle che si trovano tutte a distanze molto simili da noi. In
questo caso, allora, qualsiasi differenza nella luminosità
apparente, che misuriamo molto bene, corrisponde esclusivamente alle
proprietà intrinseche dell'astro e non è influenzata dalle diverse distanze in gioco. In queste situazioni, quindi,
sull'asse Y inseriamo la magnitudine apparente e, benché i valori
singoli dipenderanno naturalmente dalla distanza, l'eventuale correlazione che troveremo avrà esattamente lo stesso andamento rispetto al classico diagramma HR teorico.
Bene, teorico o osservativo, se un grafico di questo tipo è fatto bene, cosa dovrebbe mostrarci? Esiste una correlazione tra la luminosità intrinseca delle stelle e il loro colore?
Ebbene, questa correlazione esiste ed è estremamente marcata. Il diagramma HR, per qualsiasi campione di stelle che riusciamo a osservare, è sempre lo stesso. Questo dimostra, senza ombra di dubbio, ciò che poteva sembrare impossibile: le stelle, tutte, obbediscono a regole ben definite. La Natura non ha costruito questi oggetti a caso, come un artista che guidato dalla sua ispirazione dipinge una splendida opera su una tela o crea una soave poesia. Non esiste caso, non esiste improvvisazione nella costruzione e nelle proprietà delle stelle. E benché il nostro lato artistico e un po' anarchico potrebbe risentirne, questa è proprio l'assoluta bellezza dell'Universo: una macchina nella quale ogni minimo ingranaggio si incastra perfettamente seguendo regole ben definite. L'alternativa a questa stretta disciplina sarebbe terribile: la distruzione dell'intero Universo.
Nei prossimi post approfondiremo la miniera di informazioni che questo fondamentale strumento è in grado di darci, persino sull'evoluzione e l'età delle stelle.
Bene, teorico o osservativo, se un grafico di questo tipo è fatto bene, cosa dovrebbe mostrarci? Esiste una correlazione tra la luminosità intrinseca delle stelle e il loro colore?
Ebbene, questa correlazione esiste ed è estremamente marcata. Il diagramma HR, per qualsiasi campione di stelle che riusciamo a osservare, è sempre lo stesso. Questo dimostra, senza ombra di dubbio, ciò che poteva sembrare impossibile: le stelle, tutte, obbediscono a regole ben definite. La Natura non ha costruito questi oggetti a caso, come un artista che guidato dalla sua ispirazione dipinge una splendida opera su una tela o crea una soave poesia. Non esiste caso, non esiste improvvisazione nella costruzione e nelle proprietà delle stelle. E benché il nostro lato artistico e un po' anarchico potrebbe risentirne, questa è proprio l'assoluta bellezza dell'Universo: una macchina nella quale ogni minimo ingranaggio si incastra perfettamente seguendo regole ben definite. L'alternativa a questa stretta disciplina sarebbe terribile: la distruzione dell'intero Universo.
Nei prossimi post approfondiremo la miniera di informazioni che questo fondamentale strumento è in grado di darci, persino sull'evoluzione e l'età delle stelle.
Il diagramma HR. Tutte le stelle dell'Universo seguono queste regole. Non esistono, ad esempio, stelle con indice di colore 0.5 e magnitudine assoluta 0.1. |
lunedì 15 settembre 2014
Nuovo libro: Come rilevare esopianeti con il proprio telescopio
Allora, il calcolo preciso in questo momento mi sfugge, ma secondo le ipotesi più accreditate questo dovrebbe essere il libro numero 31. Ma, conteggi a parte, vediamo di cosa si tratta.
Intanto, se non avete voglia di leggere tutto il papiro che segue, vi dico subito che il libro si può acquistare solo su Amazon, seguendo questo link.
Intanto, se non avete voglia di leggere tutto il papiro che segue, vi dico subito che il libro si può acquistare solo su Amazon, seguendo questo link.
Chi mi segue su facebook avrà già saputo che in queste
ultime settimane mi sono dedicato alla redazione di un manuale, dedicato agli
astrofili, che si pone un obiettivo molto ambizioso: rilevare con
strumentazione amatoriale, anche molto economica, pianeti extrasolari in
transito di fronte al disco delle loro stelle. No, non è fantascienza, anzi, è
una delle più grandi sorprese e opportunità che ci regala la moderna tecnologia
digitale e i telescopi sempre a più buon mercato.
L'unico manuale completo per rilevare esopianeti |
Qualcuno spesso mi ha chiesto, un po’ scettico, se fosse
realmente possibile per un astrofilo rilevare l’impronta di un pianeta esterno
al sistema solare e se questo non fosse appannaggio esclusivo dei mastodontici
telescopi professionali.
La mia risposta, sintetica ma efficace è quasi sempre la
stessa: è possibile perché io ne ho scoperto uno di pianeta extrasolare con un
telescopio newtoniano cinese da 25
cm comprato usato a 300 euro e una camera CCD composta
da meno di mezzo milione di pixel (sì, meno di 0.5 MP!). Era il 2007, quando in
contemporanea a un astro astrofilo, Claudio Lopresti, fummo i primi italiani e
i primi amatori in assoluto a scoprire il transito di un pianeta extrasolare,
HD17156 b.
In quel periodo sviluppai una tecnica di acquisizione e
riduzione dei dati che in teoria potrebbe permettere di rilevare o scoprire
pianeti extrasolari addirittura simili alla Terra attorno alle stelle rosse di
classe M. Ora, a distanza di tanto tempo, ho deciso di raccogliere tutte quelle
conoscenze in un manuale, prima che la mia memoria cominci a cancellarle per
fare posto ad altri ricordi.
Il libro è diviso in due parti e ha un duplice scopo: la
prima parte è introduttiva e cerca di dare delle basi scientifiche rigorose,
compreso il linguaggio, che dovrebbero accompagnare qualsiasi lavoro di
ricerca. Non fatevi spaventare; è un linguaggio leggermente diverso rispetto a
quello comunemente parlato, ma, oltre a essere semplice, ha il dono di essere
chiaro e preciso, limitando al minimo le interpretazioni; qualcosa che potrebbe
servirci anche nella vita comune per migliorare il nostro potere comunicativo e
la nostra interpretazione della realtà!
La seconda parte, molto più descrittiva, affronta
passo-passo la tecnica di acquisizione e riduzione dei dati. Per la fotometria
differenziale ho scelto di illustrare il funzionamento di IRIS, perché
gratuito, e Maxim DL perché estremamente semplice (fa fotometria in meno di un
minuto!), ma naturalmente si possono ottenere curve di luce con qualsiasi altro
programma. Vedrete che la strumentazione richiesta e la tecnica di acquisizione
ed elaborazione sono molto più semplici di quanto sia richiesto per ottenere
una buona fotografia del profondo cielo e alla fine si tratta solo di prendere
la mano con un mondo, quello della ricerca, estremamente affascinante e, in
questo caso, anche relativamente semplice.
Qualche passaggio, forse, potrebbe non essere di immediata
comprensione, ma questo non è un libro divulgativo da leggere sotto
l'ombrellone; è un manuale da studiare e comprendere fino in fondo, perché il
gioco, sebbene divertente, questa volta è serio e non è possibile fare ricerca,
anche con strumentazione amatoriale, senza sapere cosa si sta cercando e come
farlo. E alla fine è proprio questo il bello della ricerca, ciò che la eleva al
di sopra di molti divertimenti più semplici ma anche più effimeri: la
possibilità di essere consapevolmente protagonisti, e non più semplici
spettatori passivi, del progresso del genere umano e della nostra conoscenza
dell'Universo.
Il manuale è disponibile al momento solo in versione
cartacea a un prezzo molto vantaggioso: meno di 10 euro ed è l’unica guida
completa sull’argomento disponibile in lingua italiana.
A questo link è possibile scaricare un estratto gratuito in PDF del libro che mostra la prefazione, l’indice, l’introduzione e una parte
del capitolo sulla tecnica di ripresa; giusto per stuzzicare la vostra voglia
di nuove emozioni e sfide che potrebbero far entrare il vostro nome nella
storia dell’astronomia.
venerdì 29 agosto 2014
L'indescrivibile bellezza delle aurore
Sono le 20 e
il cielo è ancora chiaro; ci si chiede come sia possibile e se mai avrà inizio
la notte.
Io e il Marco
più anziano, irrazionali e impazienti, ci siamo già ritrovati casualmente fuori
per un paio di sopralluoghi. Il cielo sembra velato, ma qualche stella si vede
e Giove è un faro. Non ci resta che sperare e avere la forza di aspettare che
il chiarore del tramonto se ne vada presto.
L'aurora danza nel cielo |
Impazienti e
nervosi decidiamo di andare a cena abbandonando gli ingombranti abiti termici
al posto di qualcosa di più comodo e meno caldo, sperando che l’imminente pasto
riesca a far passare il tempo e che questa sera, dopo la cocente delusione
avuta ieri sotto chilometri di nuvole e nebbia da pianura padana, l’aurora si
mostrerà a noi.
Nell’aria c’è
speranza, tensione e tanta paura in ogni gesto, mano a mano che il crepuscolo
si affievolisce. Un sentimento irrazionale che sta per sfociare nella fobia di
non veder nulla, alimentata più della benzina sul fuoco dal fatto che una delle
tre notti è già trascorsa e ci ha regalato solamente delusione. Una disperata
delusione tappata da neve e nuvole che hanno nascosto a noi e a pochi altri uno
degli spettacoli più grandi degli ultimi dieci anni, una fiammata dell’aurora
che si è spinta addirittura fino all’Inghilterra e alla Danimarca.
Si ha la
sensazione di non poter far nulla, di aver perso la grande occasione; la beffa
di un destino che a volte sembra fin troppo crudele. E oggi, dopo che il Sole
ci ha quasi abbronzato, il cielo si è improvvisamente velato proprio al tramonto.
Sarà il presagio di un’altra serata nuvolosa?
Il cuore è in
gola; le mani tremano in questa calda stanza d’hotel più di quando oggi a -10°C scalavano senza guanti
la cima di una montagna.
Con molta
calma percorro il corridoio lungo che separa la mia camera da quella dei due
Marco e dalla hall e mano a mano che mi avvicino sento l’inconfondibile caciara
che solo un gruppo di italiani può fare. E chi altri possono essere se non i
miei compagni di avventura, visto che di altri connazionali in questo albergo
non ve ne è traccia?
Incuriosito mi
avvicino alla loro porta aperta e improvvisamente vengo proiettato in un altro
mondo come un potentissimo razzo.
Il Marco più
esperto, l’organizzatore del viaggio, mi guarda con occhi lucidi e sprizzanti
una felicità senza pari e poi esclama, incurante del casino che sta facendo:
“C’è!!! C’è
l’aurora fuori! Vieni a vedere, andiamo a vedere, s’è accesa!!!”.
Mentirei se
dicessi che mi ricordo le azioni e il tragitto fatto dopo questa sua frase; so
solo che in un lampo ci siamo proiettati fuori in felpa, jeans e scarpe da
ginnastica, fregandocene dei -10°C
e con lo sguardo rivolto in alto.
E appena
usciti il battesimo dell’aurora è stato ufficiale. Nel cielo ancora un po’
chiaro, sotto i lampioni dell’hotel, in mezzo a gente che in mezze maniche si
gode la fresca serata e se ne frega di quello che accade in cielo, io non vedo
altro che pura meraviglia. Da orizzonte a orizzonte, proprio sopra di noi, due
lunghissimi fiumi verdognoli, in apparenza fermi, sembrano trasportare milioni
di litri d’acqua celeste. L’aurora, Signori; questa è l’aurora. Non posso
crederci, non riesco a capire, non posso pensare. Vedo molto bene delle tenui
striature e percepisco anche il loro lento movimento; ammiro l’acqua cosmica
muoversi, la corrente trasportare via me e tutte le paure.
Questo è uno
di quegli eventi che non dimenticherò mai, scolpito nella mia memoria fino alla
fine dei giorni, lo so già. E poco importa se l’altro Marco, l’astrofilo navigato,
quasi mezzo schifato esclama:
“Sì, va beh
ragazzi, ma che è sta schifezza. Aspettate di vedere l’aurora vera, questa non
è niente a confronto”. Probabilmente ci crede a quello che dice, anzi, ne sono
sicuro, ma il suo comportamento tradisce un sentimento che la razionalità del
suo pensiero non riesce a tenere a bada per molto tempo. E infatti in questo
piazzale composto e pieno di persone che si godono la propria vita in pace, noi
5 italiani bambini urliamo come se in cielo avessimo visto la mistica
apparizione di qualcosa di sovrannaturale. E probabilmente, almeno per noi,
drogati di astronomia e ubriachi di vita, è proprio così. Tra gesti di giubilo,
scatti improbabili delle nostre macchine fotografiche e un freddo che non è mai
stato così caldo, ci godiamo questo momento con la speranza, fortissima, che
sia solamente l’inizio di una serata memorabile.
Io vago nel
piazzale bianco cercando un pizzico di solitudine e un riparo dai lampioni.
Scatto immagini mentali di tutto quello che sto vedendo; con gli occhi, con il
respiro di quest’aria pura e profumata, con la pelle che non trema al freddo di
quest’assaggio di notte polare.
Non so chi lo
abbia fatto notare, ma sono già passate le 20 e noi abbiamo un appuntamento al
ristorante sottostante di cui ora faremo volentieri a meno. La cena, da piacevole
passatempo per scaricare la tensione in vista della nottata decisiva, si è
appena trasformata in un enorme impedimento tra noi e il cielo, tra noi e il
puro godimento.
La voglia di
saltarla è enorme, ma Marco, più esperto e razionale, ci convince che in realtà
questo spettacolo è solo un antipasto e che dopo la cena potremo assistere a
qualcosa di grandioso, quindi tanto vale mangiare velocemente e poi andarcene
in un luogo più scuro per godere del nostro attimo di eterno stupore. E allora,
tra una foto e l’altra, tra un “dammi un minuto” e l’altro, con estrema fatica
ci convinciamo a rientrare dentro, anche perché l’aurora sembra darci una
piccola tregua.
Entriamo nel
ristorante esaltati e irrequieti, sperando di finire presto quest’imprevista
carcerazione. Ci sediamo e la prima cosa che facciamo è accedere alla pagina
web che propone le immagini in diretta dell’aurora, proprio da una stazione a
pochi chilometri da qui. Se il cielo si accenderà come hanno raccontato i due
Marco qui di fronte a me, scapperemo fuori di corsa portandoci dietro chiunque
si intrometterà sulla nostra strada!
Dopo l’ora più
lunga della mia vita, arriva finalmente il grande momento. L’aurora sembra
averci aspettato e noi, di fretta, ci vestiamo come astronauti e ci incamminiamo,
speranzosi e con gli occhi più scintillanti di queste stelle sopra di noi,
verso una lunga salita innevata che ci porterà in cima alla collina, là dove ci
aspetta un grande piazzale privo di luce e, per gli amanti del caldo, la baita
riscaldata.
La salita,
nonostante sia ripida, non la sente nessuno: corriamo come degli adolescenti e
scoppiamo di caldo come fossimo in pieno agosto.
L’unico
momento per riposare è quando ogni poche decine di secondi rallento perché
cerco lo sguardo al cielo per vedere cosa mi riserva. Intravedo qualcosa. In
una situazione normale avrei detto nuvole, ma so che è l’aurora perché qui non
ci sono così tante luci nel raggio di 300 km da illuminare talmente bene il cielo.
Lungo è il
tragitto e la tentazione di fermarsi per fotografare ma sento, sentiamo, che
non c’è tempo, che dobbiamo arrivare prima possibile nella nostra postazione.
E così, dopo
una sfiancante corsa, giungiamo nel piazzale gremito di altri osservatori. E
non c’è tempo neanche per cercare la posizione migliore che il cielo s’accende
davvero.
Di fronte a
noi, senza il minimo sentore, precipita giù a grande velocità un’immensa
cascata color verde acceso. Si sgrana, si muove come un serpente irrequieto; sembra
quasi di vedere le scaglie che fanno presa sul terreno. Le differenze
linguistiche di tutti questi curiosi che condividono il piazzale, provenienti
da ogni parte d’Europa, si abbattono all’istante di fronte allo spettacolo
dell’Universo, davanti allo stupore più puro che tutti gli uomini esprimono
allo stesso modo, con la stessa parola trascinata all’infinito: Wooow.
L’aurora nel
cielo danza senza fine e tutti noi siamo a corto di fiato. Il serpente si
ingrandisce, si circonda di amici, si colora a tal punto da illuminare di verde
il paesaggio intorno. E’ una sensazione di rara bellezza perché mai nessuno ha
visto l’Universo muoversi persino più veloce di quanto il nostro cervello
riesca a elaborare. Di fronte a noi, poi dietro, poi ancora sopra, proiettando
sulle le nostre teste un’inquietante ma affascinante effetto pioggia, una
pioggia velocissima e colorata che sembra investirci. Ma tutti sappiamo che non
c’è alcun pericolo; lo sappiamo non con la ragione ma con il cuore. Sappiamo
che questa meraviglia è troppo bella per ferirci e allora, invece di aprire
immaginari ombrelli per ripararci, allarghiamo le braccia sperando di
raccogliere questa pioggia lucente che tinge il cielo e tutto il nostro mondo.
Ci si sente
allo stesso tempo piccoli e grandi, insignificanti e potenti perché noi fragili
esseri, minuscoli per un Universo ben più esteso della nostra immaginazione, abbiamo
l’enorme dono di poter assaporare con coscienza questo spettacolo. Ci si rende
conto di avere la responsabilità, bellissima, di sentirsi ambasciatori
dell’Universo stesso, che attraverso di noi acquista coscienza della sua
grandiosità, compiacendosi del perfetto lavoro che ogni volta riesce a
svolgere.
Passano i
minuti, ma l’irrequieto turbinio del cielo non si vuol placare e noi non
possiamo che ringraziare e sentirci, una volta tanto, davvero fortunati.
Lentamente
riacquistiamo abbastanza lucidità per iniziare a fare qualche improvvisata
fotografia, ma l’aurora è così intensa che già con qualche secondo di esposizione,
con le stelle che si vedono a malapena sul fotogramma, la luce verde diventa
bianca da quanto è luminosa.
Ognuno di noi,
ora, è solo; solo con il suo mondo, solo nel suo personale rapporto con il
cielo. E questa solitudine condivisa fa parte del gioco e rende tutto semplicemente
unico.
Provo ancora a
fare qualche scatto con quello che ho. L’aurora è così estesa che ci vorrebbe
un grandangolare ma io non ce l’ho. Riprendo a 800 ISO, con il diaframma tutto
aperto per una decina di secondi al massimo, sperando di fermare il movimento
del serpente, ma invano. Benché i colori siano più evidenti in fotografia,
l’occhio ha una visuale, una dinamica e soprattutto un tempo di esposizione
così breve che è l’unico strumento capace di congelare i movimenti di questi
fiumi di luce color smeraldo. Nessuna foto può rendere l’idea di movimento e
rappresentare degnamente le sottili e lunghissime linee seguite dalle
particelle luminose.
Proprio per
questo decido di impostare automaticamente la fotocamera, puntata in una zona a
caso del cielo, e sedermi in terra, meglio, sulla polvere di ghiaccio, per
ammirare in silenzio questo spettacolo unico fino a quando non si stancherà di
mostrarsi a noi.
Se volete dare un'occhiata alle immagini che ho scattato, seguite questo link.
Se invece volete avere idea dei movimenti dell'aurora in un bellissimo video del mio compagno di avventura Marco Bastoni, cliccate qui e proiettate il video a tutto schermo.
Se invece volete avere idea dei movimenti dell'aurora in un bellissimo video del mio compagno di avventura Marco Bastoni, cliccate qui e proiettate il video a tutto schermo.
venerdì 18 luglio 2014
Di che colore sono le galassie?
Questo post è un estratto del mio libro: 125 Domande e curiosità sull'astronomia, disponibile in formato ebook e in cartaceo.
Questa domanda ha implicazioni davvero profonde e
ci permette di capire meglio le proprietà delle galassie.
Il colore globale di una galassia è determinato dal colore predominante
delle centinaia di miliardi di stelle di cui sono formate. Gas e nebulose
contribuiscono molto poco al colore di una galassia.
Le galassie ellittiche di grandi dimensioni hanno un colore tendente al
giallo.
Le ellittiche piccole, dette nane, hanno una tonalità tendente
all’azzurro.
Le galassie a spirale hanno una tripla colorazione. I bracci sono nettamente
azzurri, mentre il nucleo tende in modo evidente al giallo. Infine, le regioni
tra i bracci di spirale appaiono bianche o al limite leggermente giallastre.
Le irregolari, infine, sono quasi tutte estremamente blu.
I diversi colori delle galassie |
Perché colori così diversi?
Semplice, quanto affascinante.
Il colore delle stelle, se ben ricordiamo, dipende dalla temperatura, la
quale dipende (almeno nella grande maggioranza dei casi) dalla massa. Ma stelle più massicce hanno una vita sensibilmente
più breve degli astri più snelli.
Di conseguenza le galassie con un colore tendente all’azzurro sono
ricche di giovani e calde stelle blu, quindi sono oggetti ancora attivi e
presumibilmente piuttosto giovani.
Al contrario, le galassie con una tonalità gialla sono oggetti composti
esclusivamente di stelle molto antiche, per i quali la nascita di nuove stelle
non è più attiva.
Per le galassie a spirale, i diversi colori ci permettono di dire altre
cose. La zona rigonfia nei pressi del centro è composta da stelle gialle e
rosse, quindi è vecchia e priva di processi di formazione stellare.
La tonalità nettamente azzurra dei bracci di spirale conferma il modello
secondo cui i processi di formazione stellare si sviluppino in queste
fondamentali regioni e sono tuttora attivi.
Le zone del disco al di fuori dei bracci appaiono tendenti al
bianco/giallo, indice che si tratta di regioni più vecchie perché povere di
astri molto blu, ma più giovani del nucleo perché contengono ancora alcune
componenti bianco/azzurre formatesi qualche decine di milioni di anni prima,
quando si trovavano su uno dei bracci.
martedì 15 luglio 2014
Come si è formata la Luna?
Questo post è un estratto del mio libro: 125 Domande e curiosità sull'astronomia, disponibile in formato ebook e in cartaceo.
Tra i numerosi satelliti dei pianeti, la Luna è sicuramente il più interessante, non perché
satellite del nostro pianeta, ma da un punto di vista prettamente astronomico.
I satelliti degli altri pianeti, in effetti, sono molto più piccoli in
rapporto alle loro dimensioni. Phobos e Deimos, lune di Marte, hanno dimensioni
di pochi chilometri, contro i 6700
km del raggio planetario.
Il confronto diventa impietoso con le lune di Giove. Ganimede, la più
grande del Sistema Solare, addirittura di dimensioni maggiori di Mercurio, ha
una massa infinitesima in confronto al gigante che la ospita.
La Luna, invece, fa eccezione. Rispetto alla Terra è appena
81 volte meno massiccia e solamente 4 volte più piccola.
Questo per gli astronomi ha rappresentato un grande problema.
Come si è formata la Luna?
Un pianeta ha sostanzialmente due modi per acquisire satelliti.
I più grandi generalmente si formano nelle vicinanze del pianeta, dai
resti dei detriti non utilizzati dal corpo principale, un po’ come è successo
per il Sole e i pianeti, ma su scala ridotta.
Il secondo metodo è quello della cattura gravitazionale. Quando un
piccolo asteroide transita casualmente nei pressi di un pianeta molto più
grande, è possibile che il campo gravitazionale lo catturi. Questo è
probabilmente il modo in cui Marte ha guadagnato le sue piccole lune.
I corpi celesti catturati si riconoscono dalla forma irregolare, da una
composizione chimica molto diversa da quella del pianeta e da orbite non
regolari.
Molti dei piccoli satelliti di Giove e Saturno si pensa siano asteroidi
catturati in miliardi di anni di storia.
Cosa dire, invece, della Luna?
Le sue grandi dimensioni escludono l’ipotesi di una cattura
gravitazionale da parte della Terra, ma allo stesso tempo escludono anche
l’ipotesi che possa essersi formata contemporaneamente al nostro pianeta.
La composizione chimica è simile a quella del mantello terrestre, ma è
povera di elementi pesanti come ferro e nichel che invece sono abbondanti in
molti asteroidi e pianeti.
Dopo molti anni di ricerche, gli astronomi sono arrivati a ipotizzare che
la Luna non è
altro che una costola della Terra.
Pochi milioni di anni dopo la formazione del nostro pianeta, un corpo
celeste delle dimensioni di Marte, chiamato Theia, si è scontrato violentemente, vaporizzandosi
e scagliando nello spazio miliardi di pezzi della giovane Terra, alcuni dei
quali si sono di nuovo aggregati per formare la Luna.
Questo piega perché il nostro satellite naturale sia povero degli
elementi più pesanti, che nella giovane Terra erano già sprofondati a formare
il nucleo.
Schema di formazione della Luna: un impatto gigantesco senza il quale, probabilmente, non saremmo esistiti |
Neanche la più apocalittica scena di un film avrebbe potuto immaginare
uno scenario del genere, ma a quanto pare l’Universo a volte ama stupire con
effetti speciali!
venerdì 11 luglio 2014
Come si diventa astronomi?
Questo post è un estratto del mio libro: 125 Domande e curiosità sull'astronomia, disponibile in formato ebook e in cartaceo.
Per diventare astronomi professionisti è necessario seguire un percorso di
studi universitari lunghi e spesso piuttosto difficili, ma con passione e buona
volontà tutti possono ambire a questa professione.
Si inizia con una laurea triennale in astronomia, oppure in fisica. Si
deve poi proseguire con una laurea magistrale di due anni in astrofisica o
cosmologia, poi vincere una borsa di studio per un dottorato di tre anni,
fortunatamente pagato (ma molto poco in Italia, e non per tutti!). Alla fine dei tre anni si
diventa a pieno titolo dottori in astronomia e ricercatori. Si può partecipare
a concorsi e inviare il proprio curriculum in giro per il mondo, aspettando
pazientemente che qualche università o centro di ricerca sia interessato.
Le possibilità di lavoro in Italia sono purtroppo quasi nulle nel settore
della ricerca. Molti astronomi trovano occupazione in aziende private
specialmente come programmatori, oppure intraprendono la difficile strada
dell’insegnamento.
Le prospettive sono migliori all’estero. D’altra parte un astronomo è una
persona che deve essere flessibile, parlare fluentemente almeno l’inglese e
disposto a viaggiare in tutto il mondo.
L’America è ancora il leader dei giovani talenti, seguita dagli altri
paesi anglosassoni, dalla Germania e dalla Francia.
Un astronomo con un dottorato di ricerca troverà facilmente posto presso
qualche università straniera.
Se invece non siamo disposti ad abbandonare questo Paese, dobbiamo essere
pronti a fare qualcos’altro, soprattutto se tra i nostri sogni c’è la
possibilità di una famiglia.
I pochi astronomi italiani hanno stipendi da dipendenti pubblici di basso rango,
nonostante lavorino diverse ore al giorno, spesso di notte, e contratti a tempo
determinato. I colleghi americani, ma anche tedeschi, inglesi o francesi,
possono contare su stipendi di base almeno doppi, se non tripli, e ottime
possibilità di fare carriera in base alle proprie capacità.
Si può fare astronomia anche per passione, senza dover sottostare alle
rigide regole accademiche e scientifiche. Per questo basta un semplice
telescopio amatoriale, tanta passione, pazienza, determinazione e naturalmente
un cielo buio.
L’astronomo dilettante decide in piena libertà come, quando, cosa
osservare e a quale livello. L’unico inconveniente è che nessun astronomo
amatoriale viene pagato, neanche emigrando su altri pianeti!
martedì 8 luglio 2014
Che cosa fa un astronomo?
Questo post è un estratto del mio libro: 125 Domande e curiosità sull'astronomia, disponibile in formato ebook e in cartaceo.
Ma non disperiamo: non dobbiamo essere dei provetti matematici per fare gli astronomi, come per parlare non bisogna essere dei linguisti. E non posso che concordare con quanto disse un mio professore universitario: quando ci sono da fare tanti e complessi calcoli matematici si chiama un matematico che li faccia al posto nostro. A noi astronomi interessano poi i risultati e le implicazioni fisiche!
Questa è una domanda che in tanti mi fanno, ma è così generica che la risposta lo deve essere altrettanto, anche se non è detto che sia meno soddisfacente.
A me piace pensare che un astronomo è un investigatore del cielo: niente di più semplice.
Attraverso l’utilizzo di leggi fisiche, deduzioni logiche e un’attenta
fase di raccolta delle prove, cerca di comprendere come funzionano tutti gli oggetti
dell’Universo, fino a svelare il funzionamento dell’Universo stesso.
In effetti il lavoro di un astronomo, almeno dal punto di vista
concettuale, non è poi così diverso da quello di un investigatore della
polizia, con qualche piccola, ma sostanziale differenza.
La scena del crimine, ad esempio, non è circoscritta ma occupa una
superficie miliardi di miliardi di volte più vasta della Terra. Anche gli
esperimenti per cercare di riprodurre l’evento non sono facili da condurre. È
in effetti impossibile poter viaggiare verso la galassia che si vuole studiare
o riprodurre in laboratorio una stella per comprenderne meglio il
funzionamento.
Contrariamente a tutti gli altri investigatori, l’astronomo può limitarsi
solamente ad analizzare la radiazione elettromagnetica proveniente dalle
sorgenti del cielo e da questa cercare di caratterizzare i corpi celesti che
l’hanno prodotta.
Si tratta sicuramente del lavoro di indagine più difficile in assoluto,
ma anche, forse, il più appagante, perché non c’è niente di più ambizioso e
meraviglioso che scoprire il funzionamento dell’intero Universo.
L’astronomo del ventunesimo secolo non osserva più direttamente al
telescopio, ma passa gran parte del tempo ad analizzare dati, a fare
simulazioni al computer, a viaggiare per convegni e conferenze e al limite a insegnare
all’università.
L’idea romantica dell’astronomia, fatta di notti stellate, di visioni
stupende al telescopio, appartiene al mondo dell’astronomia amatoriale.
Spesso i professionisti non riconoscono neanche le costellazioni in
cielo!
L’astronomia professionale non è altro che fisica applicata alle stelle,
quindi ricca di formule e dimostrazioni matematiche.
D’altra parte, per
spiegare l’Universo e le regole che segue, non possiamo far altro che
utilizzare il linguaggio veramente universale, quello della fisica, che
utilizza come lettere dell’alfabeto il formalismo e le regole della matematica.Ma non disperiamo: non dobbiamo essere dei provetti matematici per fare gli astronomi, come per parlare non bisogna essere dei linguisti. E non posso che concordare con quanto disse un mio professore universitario: quando ci sono da fare tanti e complessi calcoli matematici si chiama un matematico che li faccia al posto nostro. A noi astronomi interessano poi i risultati e le implicazioni fisiche!
venerdì 4 luglio 2014
Dove e come si formano le stelle?
Questo post è un estratto del mio libro: 125 Domande e curiosità sull'astronomia, disponibile in formato ebook e in cartaceo.
Tutte le stelle, nessuna esclusa, si formano da immense distese di gas
chiamate nebulose, come conseguenza inevitabile di un’unica, fondamentale, legge
della Natura: la forza di gravità.
Ogni stella nasce dal collasso di una massa di gas rarefatto |
Tutto inizia quando una nebulosa piuttosto densa ed estremamente fredda
(circa -260°C),
magari disturbata da qualche stella vicina o dai tumultuosi ambienti interstellari,
comincia a sentire la forza di gravità del suo stesso gas.
Con il passare del
tempo, gas e polveri cominciano a raccogliersi attorno a un centro, aumentando
di massa e comprimendosi sempre di più. La compressione fa
inevitabilmente aumentare la sua temperatura. Dopo qualche milione di anni, il
gas accumulatosi forma quella che viene chiamata protostella, un oggetto
gassoso, molto più grande di una stella che continua a raccogliere gas, quindi
a comprimersi e a riscaldarsi sempre di più.
A un certo punto nelle zone centrali della protostella la temperatura
supera la soglia critica di 10 milioni di gradi. Oltre questo valore si
innescano i processi di fusione termonucleare, la cui enorme energia riesce
finalmente a fermare la contrazione del gas. La protostella si accende e
diventa una stella a tutti gli effetti.
10 milioni di gradi al centro: la stella è nata e spazza via il gas residuo |
L’inizio della sua vita è accompagnato da un potente flusso di particelle,
risultato dei processi di fusione nucleare, che si irradia nello spazio e
forma quello che viene chiamato vento stellare.
Nelle prime fasi di vita il vento stellare è così violento da creare una
bolla e allontanare nello spazio il gas residuo della nebulosa, interrompendo
in questo modo il processo di accrescimento.
Le nebulose dalle quali nascono le stelle contengono in realtà materia
per formare decine, centinaia e a volte migliaia di astri. Le stelle, in
effetti, non nascono mai da sole, ma a gruppi detti ammassi stellari.
La famiglia di stelle che si forma, tuttavia, dopo qualche centinaio di
milioni di anni spesi insieme verrà divisa dagli ambienti interstellari. Le
componenti, pur sopravvivendo, seguiranno una strada spesso indipendente le une
dalle altre.
Anche il Sole si pensa sia nato all’interno di un ammasso stellare, in
compagnia di almeno altre 50-100 stelle. Alcune di esse, le più grandi, sono
ormai estinte da tempo, ma altre, la maggioranza, si trovano ancora da qualche
parte nella Galassia. Difficile, se non impossibile, però, riuscire a ritrovare
i fratelli della nostra stella, persi ormai tra miliardi di altre stelle.
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