martedì 4 ottobre 2011

Quello che penso della scienza

In ogni lavoro di ricerca o studio a carattere scientifico occorre seguire rigorosamente delle regole, riassunte nel cosiddetto metodo scientifico.
L’analisi scientifica di ogni fenomeno naturale è spesso molto difficile e deve essere assolutamente oggettiva.
Qualsiasi passo condotto dalla scienza deve procedere per delle tappe, che sono, in rigoroso ordine: raccolta dei dati, estrapolazione delle informazioni, interpretazione dei dati, sviluppo di una teoria che possa giustificarli e allo stesso tempo prevedere tutta una serie di eventi appartenenti alla stessa famiglia. 

Un qualsiasi esperimento scientifico e i dati che se ne ricavano devono essere ripetibili da qualsiasi osservatore; tanti esperimenti e dati non sono sufficienti a confermare rigorosamente una teoria, ma ne basta uno per confutarla.
Questi sono a grandi linee i concetti espressi dal metodo scientifico.

In astronomia, come in ogni branca della scienza, la bravura dello scienziato è nell’arrivare per primo ad una scoperta o teoria, non averne l’esclusiva.
Ogni informazione, dato, teoria, deve essere reso pubblico in ogni minimo dettaglio; non è accettabile, ad esempio, tenersi segrete le tecniche di elaborazione di un’immagine digitale che mostra un corpo o un oggetto mai visti prima.
 

Il metodo ed il rigore scientifico si rendono necessari quando si vuole analizzare la realtà oggettivamente e, sebbene possa essere antipatico, è necessario applicarlo a qualsiasi livello, altrimenti l’astronomia, sia pur amatoriale, sfocia nell’arte, o peggio, nella sfera delle opinioni, e questo non è proprio accettabile.
In una società regolata dal politically correct e dal pluralismo, potrebbe stonare un po’ il modo con cui procede la scienza, ma è necessario mantenere separata la vita sociale dal metodo scientifico.

Quando parliamo di scienza, quando facciamo scienza, non siamo nel ramo delle opinioni, nel quale ognuno ha (e deve avere) la stessa voce degli altri, a prescindere dal titolo di studio, dal grado sociale, da dove vive e dal lavoro che svolge.
La scienza non è democratica. Uno studioso che ha passato gran parte della propria vita sui libri non può avere lo stesso spazio e la stessa credibilità di colui che nella vita ha scelto una strada diversa. 

Una teoria scientifica si basa su fatti oggettivi, non su opinioni, e sui fatti si sviluppa un apparato fisico-matematico in grado di supportarli. Possiamo discutere (se ne abbiamo i mezzi e le capacità) del modo con cui si sono ottenute le prove e sull’interpretazione, non sempre univoca, da dare, ma non possiamo pretendere di costruire una teoria scientifica su congetture ed opinioni; può essere un gioco divertente, ma la scienza e la conoscenza della realtà non procedono in questo modo. 

Il voler portare nel mondo scientifico il concetto di democrazia e uguaglianza che si applica nella società odierna, è un errore da non fare, perché si corre il rischio di inquinare la scienza con una marea di opinioni che non trovano riscontro alcuno con la realtà. 

Purtroppo i mezzi di informazione di massa stanno cadendo (volutamente o no) in questo tranello, con la nascita di “teorie” fantasiose che vedremo in un futuro non molto lontano. 
La divulgazione scientifica, quella seria fatta da persone competenti, dovrebbe fornire ai lettori gli strumenti per discernere tra una teoria ed un’opinione, tra un fatto ed un’ipotesi non supportata da prove, non nascondersi dietro un nozionismo esasperato che non fa altro che allontanare i curiosi che vedono tutto come troppo difficile ed impegnativo.

La scienza non è faziosa. In Italia siamo abituati, dallo sport alla politica, ad avere dei preconcetti che ci fanno preferire una parte piuttosto che un’altra, e per dare forza alle nostre convinzioni selezioniamo solamente degli eventi, che chiamiamo fatti, in grado di confermare tutto.
Il meccanismo è in gran parte culturale ed in piccola parte insito nella natura umana, che ha per istinto dei pregiudizi.
Un esempio concreto e banale riguarda la sfera personale. Quante volte, in una giornata storta, siete portati a vedere ogni atteggiamento altrui come irriverente e fastidioso? Ed invece, cosa succede quando avete un umore migliore? Che magari una persona vi manda a quel paese davvero e voi ci fate una risata. 

Questa è la chiave: il contesto, l’umore, l’appartenenza ad un gruppo, gli eventi della vita, condizionano irrimediabilmente la nostra percezione del mondo. Non si cercano più fatti oggettivi per capire da quale parte stare, ma si selezionano solamente gli indizi che confermano il pregiudizio già insito nella nostra mente.
La scienza non può e non deve funzionare in questo modo. 

Quando indaghiamo la realtà facendoci condizionare dal pregiudizio (anche debole) che già abbiamo, rischiamo di commettere l’errore imperdonabile di non vedere la realtà per quella che è, ma per come la vogliamo vedere.

Secondo questo modo di agire sono nate alcune teorie fantasiose in merito a fantomatici alieni che visitano la Terra. Se qualcuno è davvero convinto a priori di questa (fantasiosa) ipotesi e non agisce con metodo oggettivo, vedrà alieni dappertutto: dai puntini luminosi in cielo (satelliti artificiali), alle particolari formazioni su Marte e sulla Luna; dallo scintillio delle stelle basse sull’orizzonte causate dalla presenza dell’atmosfera terrestre, ai raggi cosmici che colpiscono tutti i sensori digitali, scambiati per astronavi che si muovono a velocità superiori alla luce.

Nella scienza il giudizio è oggettivo, non è un’opinione, non è di parte e viene dopo un’attenta, oggettiva e razionale analisi dei fatti, mai prima. Non sto dicendo che sia necessariamente unico, attenzione, ma che ogni conclusione deve essere supportata da un apparato logico, fisico e matematico consistente. Saranno le successive ricerche e verifiche che scarteranno quei modelli logicamente e matematicamente corretti, ma non verificati fisicamente. 

Cercare di non farsi condizionare dalla società che ci circonda, dal pensiero collettivo e, perché no, anche da politica ed interessi, è probabilmente l’ostacolo più grande da superare persino per i professionisti, ma è necessario per descrivere una realtà che sta qui fuori e se ne frega delle vicende contorte che subiamo noi piccoli esseri umani.

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