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martedì 10 novembre 2015

No, non abbiamo ricevuto segnali alieni da KIC 8462852

Il tempo scorre ma il castello di notizie false intorno alla stella KIC 8462852, di cui ho parlato in modo estensivo in questo post, continua a crescere, senza che vi sia sotto una base reale.
Allora, a quasi un mese di distanza dalla pubblicazione dell'articolo in cui si mostrava lo strano comportamento di questa stella, in apparenza normale, e se ne cercavano delle possibili spiegazioni, nulla in realtà è cambiato dal punto di vista delle nostre conoscenze, ma la fantasia ha corso invece più veloce della luce.

KIC 8462852 è stata scoperta dal telescopio Kepler
Prima di tutto, quindi, è bene ricordare che ci sono spiegazioni molto più probabili sulla natura della imprevedibile variabilità della stella, che è poi l'unica informazione di cui disponiamo. Le notizie secondo cui sarebbero stati ricevuti dei segnali radio provenienti da improbabili civiltà aliene che avrebbero costruito un manufatto enorme per catturare l'energia del proprio astro sono prive di qualsiasi fondamento.

E' indubbio, però, che la stella abbia attratto l'attenzione di gran parte della comunità scientifica per il suo comportamento bizzarro e in apparenza unico tra le decine di migliaia di stelle analizzate a fondo negli ultimi anni dagli astronomi di mezzo mondo. Bisogna però stare attenti a non considerare l'eccitazione della comunità scientifica per qualcosa di incredibile come una megastruttura aliena. Gli astronomi e tutti gli scienziati, infatti, proprio perché animati da un grande spirito di conoscenza, vengono attratti da tutto ciò che mostra comportamenti non conosciuti, soprattutto se riguarda astri che si pensava di conoscere molto bene come le stelle. Ecco spiegato il motivo per cui c'è una vera e propria corsa a chi capirà per primo cosa succede a KIC 8462852 (e aggiudicarsi anche fama e denaro, siamo pur sempre esseri umani!). L'ipotesi della megastruttura aliena resta ancora l'ultima, remota possibilità, una specie di ancora di salvezza per spiegare un fenomeno qualora tutte le ragionevoli ipotesi "naturali" fallissero.

Come impone il metodo scientifico, nessuna ipotesi deve essere esclusa se non ci sono ancora elementi oggettivi per farlo, così ogni astronomo cerca di dare il proprio contributo in base al campo di indagine che meglio conosce. Ecco allora che coloro i quali lavorano da decine di anni al progetto SETI, senza aver mai trovato nulla, sono moralmente obbligati a considerare l'ipotesi di civiltà aliena perché è quella che meglio si sposa con l'obiettivo delle proprie ricerche e con le proprietà dei propri strumenti (i radiotelescopi sono ottimi per trovare eventuali trasmissioni radio ma sono pessimi, ad esempio, per cercare pianeti!). Coloro che dispongono di grossi telescopi stanno cercando di capire se intorno alla stella ci sia un sistema planetario e magari un corpo celeste maturo e adatto per ospitare eventuali forme di vita. E' infatti molto utile ricordare che attorno a questa stella ancora non sappiamo nemmeno se ci siano pianeti simili alla Terra, quindi in grado di ospitare forme di vita, figuriamoci quindi se possiamo al momento confermare la presenza di un manufatto gigantesco costruito da una civiltà avanzatissima per catturare l'energia della propria stella.

Le indagini quindi stanno procedendo. Il SETI sta cercando di ascoltare, tutti gli altri stanno cercando di osservare, sia la stella che eventuali pianeti, magari a diverse lunghezze d'onda per capire le proprietà del corpo o dei corpi che ne occultano la luce a intervalli irregolari. In questo sforzo collettivo, che sa un po' di collaborazione ma tanto di concorrenza agguerrita nel cercare di arrivare per primi a una spiegazione plausibile di cosa stia succedendo a KIC 8462852, si stanno percorrendo tutte le strade e si pensa, o si spera, che presto se ne verrà a capo.
Al momento l'ipotesi più plausibile riguarda la presenza di un folto gruppo di comete (esocomete)  disturbate dal passaggio ravvicinato di una stella in tempi recenti (migliaia o milioni di anni). La stella vicina sembra già esserci; pianeti e/o qualsiasi altra cosa che indichi la presenza di strutture aliene, al di là della fervida fantasia di chi ha proposto questa vera e propria speculazione, no.

I primi dati del SETI sono già arrivati e come volevasi dimostrare non sono favorevoli alla bizzarra ipotesi di struttura aliena. Le antenne che cercano di captare eventuali segnali radio, infatti, non hanno ricevuto segnali artificiali (qui l'articolo originale). Questa non è di per sé una prova ancora definitiva per escludere del tutto l'ipotesi artificiale come spiegazione del comportamento della luce stellare, ma di certo non depone a suo favore e indirizza ancora di più energie e risorse verso altri studi, di certo più prolifici ed efficaci.

Tra poco ne sapremo di più, ma intanto impariamo una cosa fondamentale che ci insegna la scienza e che si rivelerebbe molto utile anche nella nostra vita: bisogna avere pazienza e non parlare prima di avere un quadro completo della situazione. Gran parte della scienza si fa in silenzio, perché per poter parlare 10 minuti in una conferenza stampa senza dire enormi cavolate occorrono spesso mesi, anni, di duro e silenzioso lavoro.
La realtà è sempre molto complessa e apprezza molto la calma e la pazienza.

martedì 12 novembre 2013

Siamo soli nell'Universo?



Questo post è tratto dal mio libro: "Vita nell'Universo: eccezione o regola?" disponibile su Amazon.it

La risposta a livello scientifico, quindi con prove inoppugnabili a supporto, non può essere ancora data ma logica, esperienza, osservazioni e qualche principio fisico e chimico possono comunque darci un’idea piuttosto chiara.
E la sensazione, giunti a questo punto, è che si tratta solamente di una mera questione di tempo, soprattutto per quanto riguarda il molto promettente cammino attraverso la ricerca dei pianeti extrasolari.
Non abbiamo trovato il gemello perfetto della Terra, è vero, ma l’analisi delle migliaia di stelle da parte di Kepler ci ha dato una mano formidabile nel chiarire le nostre idee e dipanare i dubbi, anche dei più scettici.
Attorno a stelle simili al Sole e più piccole come le nane rosse, Kepler ha scoperto molti pianeti rocciosi. Considerando il calcolo totale, che include anche quelli fuori dalla fascia di abitabilità, Kepler ha rilevato più di 1400 superterre, più di 300 pianeti di massa terrestre, più di 50 corpi della massa di Marte e addirittura un paio di massa comparabile con quella di Mercurio (non troppo diversi dalla nostra Luna). Tutto questo analizzando solamente i transiti, quindi esclusivamente quei sistemi planetari che vengono visti quasi perfettamente di taglio. Se assumiamo che le inclinazioni dei sistemi stellari non abbiano una distribuzione particolare nei confronti della Terra, questo significa che Kepler ha scoperto meno del 10% dei sistemi planetari effettivamente presenti nel campo analizzato. Considerando i limiti nelle osservazioni, sia dal punto di vista fotometrico che temporale, la percentuale si abbassa e potrebbe attestarsi su un più verosimile valore del 5%.
Molte delle stelle analizzate sono piccoli astri rossi o al limite simili al Sole, di magnitudine intorno alla dodicesima, quindi entro un paio di migliaia di anni luce.

Le scoperte di Kepler ci dicono che nella Via Lattea potrebbero esserci qualcosa come 17 miliardi di Terre. Per pianeti simili alla Terra ci riferiamo a corpi celesti con un raggio compreso tra 0,5 e 1,4 volte, quindi anche molte delle superterre di minor massa.
Ma i dati di Kepler ci dicono anche un’altra cosa, ancora più sconvolgente: il 48% delle stelle di classe M ospiterebbe un pianeta terrestre potenzialmente abitabile. Considerando la grande abbondanza di questi astri anche nelle zone adiacenti il Sistema Solare, ci sarebbe in media un pianeta abitabile di tipo terrestre ogni 6,4 anni luce, praticamente dietro l’angolo per le scale dell’Universo. Non solo, ma la probabilità di trovare un pianeta terrestre entro una sfera dal raggio di 10 anni luce sarebbe del 94%: quasi una certezza!

Quello che ci dicono questi primi dati statistici, che finalmente si basano su un gran campione di stelle e di analisi, è che pianeti di taglia terrestre sono presenti un po’ ovunque nella Galassia e rappresentano la normale evoluzione delle stelle simili al Sole e delle piccole nane rosse, alla stregua dei satelliti naturali attorno ai pianeti gioviani: è un processo inevitabile.
Con un numero così alto di pianeti di taglia terrestre, quindi, è scontato trovarne molti nella fascia di abitabilità.

Ora basta fare davvero 2+2 per scorgere una risposta.
Le molecole organiche e l’acqua sono presenti ovunque nel Cosmo e in quantità abbondanti; la vita, per quello che vediamo qui sulla Terra e per gli esperimenti eseguiti, riesce a nascere e prosperare anche in ambienti proibitivi e quando trova condizioni stabili non si fa certo sfuggire l’occasione.

La sensazione, quindi, è che forme di vita, almeno semplice, possano prosperare un po’ ovunque nell’Universo ed essere frequenti quanto i pianeti di tipo terrestre nelle zone di abitabilità (dove è posibile l'esistenza di acqua liquida in superficie). Un’esplosione di vita che fa parte dell’essenza stessa dell’Universo alla stregua delle stelle, delle galassie, delle nebulose e degli ammassi. Non più quindi eccezione, uno strappo a una regola che deriva dalla combinazione assurda di variabili quasi impossibili da mettere nella giusta sequenza, piuttosto il risultato semplice, quasi scontato, delle leggi della fisica, le stesse che regolano tutto quello che possiamo vedere.
Alla risposta se siamo soli o meno nell’Universo ormai nessun astronomo si sognerebbe quindi di dire di no; sarebbe assurdo come credere che la Terra sia piatta.

Un discorso diverso riguarda invece l’esistenza della vita intelligente. La risposta, in senso assoluto, è probabilmente positiva: non siamo gli unici esseri intelligenti dell’intero Universo.
Bisogna però capire ancora quanto sia frequente questa eventualità, perché se nel nostro piccolo abbiamo compreso come sia relativamente facile per molecole inanimate mettersi insieme e formare i primi organismi viventi in pochi milioni di anni, è altrettanto evidente, grazie agli sconfortanti dati delle varie ricerche SETI, che l’Universo sia un luogo sorprendentemente più silenzioso di quanto si pensasse. 

Sono passati più di cento anni da quando Nikola Tesla ipotizzò di ascoltare messaggi alieni attraverso le onde radio da poco scoperte, ed ere geologiche da quando Guglielmo Marconi affermava di essere riuscito a ricevere trasmissioni da Marte.
Kepler ci ha dato risultati in forte contrasto con il SETI: possibile che su quasi 20 miliardi di Terre nella Via Lattea nessuna ospiti forme di vita intelligenti? No, c’è qualcosa sotto che riguarda sicuramente il nostro modo di cercare attraverso le onde radio.

Popolato o no da esseri intelligenti, quello che sembra evidente è la lunga strada che dobbiamo ancora compiere dal punto di vista tecnologico e biologico per comprendere come funzionano i complessi meccanismi della vita. E la risposta, prima ancora di cercarla nelle stelle, dobbiamo trovarla qui sulla Terra e nel nostro Sistema Solare.
Per il momento, quindi, accontentiamoci di qualcosa di meno scientifico: la sensazione che potrebbe succedere di tutto da un giorno all’altro. Potremmo ricevere un segnale senza preavviso, forte, inequivocabile, decifrabile, come la protagonista di “Contact” (difficile), oppure scoprire il nostro pianeta gemello da un giorno all’altro o una luna sorprendentemente simile alla Terra.
La sensazione è che una svolta improvvisa e spettacolare possa essere dietro l’angolo perché la scienza, la nostra scienza, è sul punto di una scoperta epocale.
I tempi? Forse dieci anni al massimo. 

Accontentiamoci per adesso del fatto che la prova più forte di non essere soli nell’Universo ce l’abbiamo sotto gli occhi ogni giorno: siamo noi stessi, materia comune in un luogo anonimo dell’Universo. È la nostra stessa esistenza a dirci di non essere gli unici, perché se il Cosmo ci ha dato quest’opportunità, nella sua enorme estensione sarà successo molte altre volte.

Per ora la gioia più intensa che possiamo provare è con noi stessi.
In una notte serena prendiamoci un po’ di tempo dai rumori e dalle luci delle città e andiamocene in campagna. Distesi su un prato, nel silenzio dell’Universo, osserviamo la luce scintillante di quelle lontane fiammelle. Tra noi e loro ci separa solo un sottile e trasparente strato d’aria.
Scrutiamo, e pensiamo che sicuramente su una di quelle fioche stelle ci sarà qualcuno che in questo momento, sdraiato su un prato molto diverso dal nostro, guarderà un cielo differente nel quale un debole astro giallastro condivide silenzioso il segreto più grande e misterioso dell’Universo: la sua stessa coscienza.
È successo una volta, miliardi di anni fa su un pianeta azzurro chiamato Terra quasi distrutto da un immenso impatto. Nulla vieta che possa essere accaduto altre volte, in molti altri luoghi dell’Universo.

domenica 19 maggio 2013

Il mio ultimo libro: siamo soli nell'Universo?

Sono disponibili le seguenti edizioni:
-   Versione cartacea su Lulu.com e Amazon.it 
-   Versione digitale in formato PDF con immagini in alta risoluzione

Con un concorso lanciato sulle pagine di questo blog si è concluso il mio ultimo libro e questa è la doverosa scheda di presentazione.
Non si tratta infatti di un classico manuale di astronomia pratica, ma di un volume che tratta in modo serio, approfondito e semplice uno degli argomenti più affascinanti di sempre: c'è vita nell'Universo? Siamo soli nell'Universo?

Il mio nuovo libro. Siamo soli nell'Universo?
Non si parla dei fantomatici avvistamenti UFO e di presunti contatti con esseri alieni qui sulla Terra, ma degli sforzi che da oltre mezzo secolo importanti scienziati stanno facendo nel rispondere alla domanda più antica di sempre.

Vedremo allora se ci sono forme di vita primitive su Marte, e forse la risposta sarà affermativa, poi ci spingeremo verso Titano ed Europa, satelliti di Saturno e Giove. Andremo ad analizzare cosa hanno prodotto cinquant'anni di progetti SETI, delle attività atte a scoprire tracce di civiltà evolute nell'Universo, poi andremo a sbirciare nei pianeti extrasolari perché stiamo cominciando a scoprire corpi celesti molto simili alla Terra.
E' un viaggio emozionante e allo stesso tempo rigoroso attraverso la scienza (quella vera, non quella della TV e dei giornali) che in silenzio cerca di scoprire l'affascinente e misteriosa verità che si nasconde nel buio e nel freddo dell'Universo.

Ho preparato anche una sinossi, che potrebbe sembrare ridondante, ma ve la propongo lo stesso per comprendere meglio la filosofia del libro:


La Terra è un pianeta roccioso come tanti, che orbita attorno a una stella tra le più comuni dell’Universo, in una galassia normale che fa parte di una classe che ne contiene centinaia di miliardi. I nostri corpi sono fatti per gran parte d’acqua, la molecola più abbondante del cosmo, e da carbonio, il quarto elemento dopo l’idrogeno, l’elio e l’ossigeno.
La nostra stessa esistenza, fatta di materia così straordinariamente comune, è la migliore prova che noi non possiamo essere soli nell’Universo. La vita, più che eccezione, sembra essere la normale conseguenza delle leggi fisiche che governano il Cosmo. E allora, dove sono tutti quanti? Abbiamo trovato dei batteri su Marte? Siamo riusciti ad ascoltare trasmissioni radio di civiltà extraterrestri evolute? Abbiamo scoperto pianeti simili alla Terra? Ci stiamo provando seriamente da più di mezzo secolo e forse siamo più vicini alla risposta di quanto si possa immaginare.

Non possiamo essere soli nell'Universo; ormai nessuno si spingerebbe a fare un'affermazione del genere. Bisogna solo sapere cosa cercare e come cercare nella vastità del Cosmo. 
Nel corso degli anni ci abbiamo provato in ogni modo, persino cercando astronavi aliene vicino alla Terra o enormi sfere di pannelli solari attorno ad altre stelle. A volte abbiamo preso degli abbagli, in altri casi forse abbiamo avuto una gran sfortuna, ma prima o poi la verità la scopriremo; basta solamente continuare a cercare.

Le scoperte, soprattutto per quanto riguarda i pianeti extrasolari, si susseguono a ritmi serrati, per questo motivo il libro sarà continuamente aggiornato nel corso dei mesi.


Sono disponibili le seguenti edizioni:
-   Versione cartacea su Lulu.com e Amazon.it 
-   Versione digitale in formato PDF con immagini in alta risoluzione 

Coloro che hanno partecipato al concorso, se acquistano l'edizione cartacea hann diritto a una copia digitale gratuita. Basta mandarmi una mail all'indirizzo infoATdanielegasparri.com (sostituire AT con @) con allegata la ricevuta d'acquisto.

sabato 18 maggio 2013

Risultati del concorso per il titolo del mio libro

Eccoci qui;
il "concorso" per scegliere il titolo del mio ultiimo libro è terminato e devo dire che la partecipazione è stata più alta di quanto mi aspettassi.
Anche il livello dei titoli è stato molto alto e questo mi ha messo non poco in difficoltà.
Ci ho pensato diversi giorni, ho scritto i titoli più volte su pezzi di carta volanti; a un certo punto ho anche pensato di metterli tutti, ma non era proprio fattibile.
Alla fine, consultandomi anche con altri amici/colleghi, sono arrivato a una difficilissima scelta, dettata anche dal fatto che il libro si venderà solamente online, in mezzo a migliaia di altri volumi e che quindi nel titolo devono esserci riferimenti quanto più possibile diretti all'essenza di quello che è scritto nelle pagine interne, che purtroppo non si possono sfogliare prima.
Rileggendo e ricontrollando il testo, mi sono accorto che il titolo suggeritomi da Girolamo Raso era quello che sembrava tessere un filo comune a tutto il libro: la vita nell'Universo è un'eccezione o una regola?

Il vincitore quindi è Girolamo Raso, al cui titolo mi sono permesso di aggiungere una parola:
Vita nell'Universo: eccezione o regola?

A lui spetta come promesso una copia cartacea gratuita, mentre a tutti voi che avete partecipato (spero che non ve la siate presa per non aver vinto) va un grazie immenso qui sul blog e indelebile nell'apposita pagina dei ringraziamenti del libro.

Ma per ringraziarvi ancora di più, perché il vostro contributo è andato per me ben oltre il mero aiuto nella difficile scelta del titolo, se doveste acquistare la copia cartacea vi spetterà gratuitamente la versione digitale in PDF e/o la versione ebook per Kindle (a vostra scelta, potete richiederle entrambe). L'offerta è rivolta solo a chi ha partecipato al concorso.

Il libro ha già intrapreso l'iter di pubblicazione e al momento è già disponibile in formato kindle, in PDF ad alta risoluzione, e in versione carrtacea su Lulu.com. Tra un paio di giorni arriverà anche la versione cartacea di Amazon, che è raggiungibile a questo link.

Grazie ancora a tutti voi e mi raccomando: se avete suggerimenti, consigli, critiche non esitate a crivermi!
Quando il libro sarà disponibile su tutti i canali di vendità farò una presentazione "ufficiale" con un nuovo articolo qui sul blog.

domenica 5 febbraio 2012

Segnali radio da altri pianeti?

Come vi ho anticipato in un precedente post, vi parlo di una nuova affascinante branca della ricerca astronomica, reduci dai freschi brividi e dalle emozioni che spero di avervi ricordato parlando del famoso segnale wow! ricevuto il 15 Agosto 1977.

Il progetto SETI si occupa da molti anni della ricerca di eventuali segnali radio provenienti da civiltà extraterrestri intelligenti, scandagliando con potenti radiotelescopi il cielo notturno alla ricerca di un flebile segnale di chiara natura artificiale, che però, ad esclusione della controversa trasmissione del 1977, non è mai stato rilevato con certezza.

I segnali radio rilevati da due possibili sistemi planetari
Questo significa che non ci sono civiltà extraterrestri là fuori?
Oppure che nessuno comunica utilizzando le onde elettromagnetiche, di cui i segnali radio fanno parte?
Non abbiamo ancora prove per confermare o smentire queste congetture, ma un dato è sicuro: il cielo è davvero troppo grande per sperare di catturare un segnale radio intelligente puntando le nostre antenne a caso.

Questo in effetti è quello che ha fatto fino a poco tempo fa il progetto SETI: ha scandagliato zone di cielo più o meno casuali. Capite anche voi che fare una ricerca senza un minimo criterio su dove orientare i telescopi, ha più o meno la stessa probabilità di riuscita del puntare casualmente il vostro piccolo telescopio di notte e scoprire un nuovo pianeta.

Grazie alla nascita e all'imponente sviluppo della branca dell'astronomia che si occupa della ricerca dei pianeti extrasolari, ora il progetto SETI ha centinaia di potenziali obiettivi sui quali puntare le proprie antenne radio. E' molto più semplice, infatti, sperare di captare qualche comunicazione (voluta o meno) puntando quei sistemi stellari che già sappiamo possedere dei pianeti, magari simili, per dimensioni e massa, alla Terra.

Il progetto è iniziato ufficialmente nei primi mesi del 2011 e già in un paio di occasioni si sono ricevuti segnali che a prima vista potevano sembrare di origine extraterrestre, provenienti da KOI 817 e KOI 812. Queste due sigle indicano pianeti candidati scoperti dal telescopio spaziale Kepler (Kepler Object of Interest), ancora in attesa di conferme indipendenti.
Le antenne del SETI hanno ricevuto dei segnali piuttosto marcati e con una ristretta ampiezza di banda, proprio come ci si aspetta da una trasmissione di origine artificiale.
Ulteriori analisi hanno poi rivelato che con tutta probabilità si tratta di interferenze di natura terrestre, visto che i segnali captati sono identici per entrambi gli oggetti, caratteristica estremamente improbabile per due possibili pianeti extrasolari posti in diverse zone di cielo.

Questi due "falsi positivi" comunque hanno ufficialmente aperto una seconda fase per il progetto SETI, che dopo quasi 40 anni era arrivato allo stremo delle forze (meglio, dei fondi).
Visto che il numero di pianeti di taglia terrestre è destinato a crescere di molto nei prossimi anni, la seconda vita del SETI potrebbe rivelarsi molto più utile e speriamo fruttuosa rispetto agli anni precedenti.


Solamente nella nostra Galassia si stima ci siano circa 200 miliardi di stelle (che potrebbero essere anche 400 miliardi). Un recente studio di cui vi ho accennato in un precedente post, si è spinto a teorizzare che i pianeti di taglia terrestre potrebbero essere la regola nella Via Lattea.
Rilevare segnali radio provenienti da questi lontani mondi resta ancora estremamente improbabile (è necessaria una civiltà evoluta che comunica con le onde radio e che ha deciso di inviare un segnale nella nostra direzione, nel momento giusto), ma sono pronto a scommettere che nei prossimi anni le sorprese, almeno da parte di Kepler, non mancheranno di certo.

lunedì 30 gennaio 2012

Il segnale wow!: il primo segnale di origine extraterrestre?

15 Agosto 1977.
Il grande radiotelescopio denominato Big Ear (grande orecchio) sta scandagliando il cielo nell'ambito del progetto SETI (Search for Extra-Terrestrial Intelligence) alla ricerca di un qualsiasi segnale radio di natura extraterrestre.
Il progetto SETI, nato sulla base di idee sviluppate negli anni 50 e 60, si pone in effetti un obiettivo ambizioso: cercare di captare delle trasmissioni radio di eventuali civiltà intelligenti che potrebbero popolare le miliardi di stelle appartenenti alla nostra galassia.

Quella giornata di mezza estate stava andando avanti come le altre precedenti.
Il radiotelescopio stava scandagliando porzioni di cielo a ridosso del centro della Via Lattea.
Nei tabulati compariva molto rumore, qualche sorgente stellare, ma nulla che faceva pensare a trasmissioni da parte di esseri in grado di manipolare le onde elettromagnetiche. D'altra parte non poteva essere altrimenti: ammesso che di civiltà intelligenti esistano là fuori, la probabilità di captare una loro trasmissione radio (ammesso che usino questa tecnologia per comunicare) sono bassissime, se non altro perché il cielo è davvero enorme!
Il segnale captato dal radiotelescopio Big Ear nel 1977
Che l'attenzione sulle scansioni del grande radiotelescopio fosse comunque bassa, lo testimonia il fatto che i dati venivano immagazzinati automaticamente ed analizzati con calma dagli astronomi solamente qualche giorno dopo.

Qualche giorno più tardi quindi, l'astronomo Jerry Ehman, coordinatore del progetto, si trovò ad esaminare i tabulati cartacei risalenti al 15 Agosto, e fu in questa circostanza che ebbe probabilmente la sorpresa più bella della sua vita professionale. A ridosso della costellazione del Sagittario il radiotelescopio aveva captato un forte segnale radio centrato su una frequenza molto stretta, della durata di 72 secondi.
Tenete in mente questo numero perché è molto importante.

L'astronomo comprese subito che quel segnale così particolare era completamente diverso quanto a forma e potenza rispetto alle sorgenti radio naturali (stelle, buchi neri, centro galattico) ed era quasi certamente di natura artificiale. La sorpresa fu così grande che con una penna rossa lo cerchiò, identificandolo con l'esclamazione tipicamente anglofona : "wow!".
Questa serie di numeri incomprensibili ai non addetti ai lavori, sarebbe diventato in in breve tempo il segnale più discusso della storia della radioastronomia, il famoso "segnale wow".

Cosa rappresentava quella breve trasmissione?
Proveniva veramente da una civiltà aliena, oppure era qualcosa di terrestre?
Per avere le idee chiare, ben presto i radiotelescopi di tutto il mondo puntarono le coordinate di origine del segnale per ascoltarlo di nuovo e capire di cosa poteva trattarsi.
E qui il fato, che tanto aveva dato nella scoperta di questa sorgente, si riprese tutto con gli interessi: tutti i tentativi effettuati nel corso degli anni seguenti non diedero alcun esito: quel segnale non è mai più stato rilevato.

Mentre i tentativi per riascoltare quel messaggio procedevano infruottuosi, Jerry Ehman continuò a lavorare sulla registrazione del Big Ear, cercando di comprendere la possibile natura di quel segnale. Vista la carenza di altre osservazioni, si potevano fare solamente supposizioni basate su probabilità e buon senso.

Per prima cosa si pensò ad un segnale di origine terrestre.
Questa ipotesi venne scartata quasi subito, per due motivi:
1) la banda nella quale è stato ricevuto il segnale era (ed è ancora) proibita per tutte le trasmissioni terrestri, quindi nessuno sulla Terra avrebbe dovuto fare quella trasmissione. Ma si sa, le leggi spesso vengono disattese, quindi questo punto non può costituire una prova certa. Tuttavia:
2) Il radiotelescopio Big Ear è costruito sul  terreno, quindi fisso. Il grande ricevitore quindi non segue il movimento delle stelle. La scansione del cielo viene eseguita sfruttando il movimento della Terra: il radiotelescopio ascolta una sorgente per qualche secondo e poi passa alla successiva grazie al movimento della sfera celeste.
Il radiotelescopio Big Ear dell' Ohio State University
Combinando la risoluzione dell'antenna con il moto di rotazione terrestre, si scopre che il radiotelescopio può osservare una certa sorgente per esattamente 72 secondi, il tempo necessario affinché le onde elettromagnetiche entrano e poi escono dal campo di vista dell'antenna. In questi 72 secondi la forma del segnale ricevuto ha un andamento particolare. Parte da zero, raggiunge la massima intensita dopo 36 secondi, quando si trova al centro del campo inquadrato, poi decresce fino a scomparire dopo altri 36 secondi, perché ormai fuori dal campo di vista del radiotelescopio.

Bene, il segnale captato è durato esattamente 72 secondi ed ha un andamento uguale a quelo descritto: la sorgente, quindi, non poteva trovarsi sulla superficie della Terra, ma doveva ruotare con un periodo molto simile a quello dellla sfera celeste.

Poteva trattarsi di un pianeta o un asteroide, quindi corpi celesti vicini che avrebbero potuto emettere un segnale così forte? 
No, in quella zona di cielo non c'erano asteroidi o pianeti, e se anche fosse stato, non ci sono motivi fisici adeguati a spiegare un segnale con una frequenza così stretta. Le sorgenti radio naturali emettono tutte su una banda estremamente più larga.


Avrebbe potuto essere un satellite artificiale?
Un satellite in lento moto attorno alla Terra (quindi su un'orbita molto alta o osservato da una particolare prospettiva) avrebbe potuto provocare un segnale di durata simile e, se avesse violato gli accordi internazionali (siamo in periodo di guerra fredda, quindi non è da escludere) avrebbe potuto trasmettere questo segnale a banda stretta di natura tipicamente artificiale.
Le conclusioni di Jerry Ehman erano però chiare: in quella zona di cielo, nell'ora di rilevazione del segnale wow, non c'erano satelliti cononsciuti (ma è probabile che alcuni satelliti fossero tenuti segreti dai due paesi che cercavano di controllare il mondo: Russia e Stati Uniti).

Senza scendere nei dettagli, che sono invece analizzati in modo rigoroso dalo scopritore del segnale stesso in questo interessantissimo report, tutte le ipotesi sulla natura del segnale non sembravano essere plausibili e/o convincenti. Ne restava ancora un'altra, che per quando improbabile appariva comunque verosimile e non in contraddizione con tutte le analisi: il segnale proveniva effettivamente da una civiltà extraterrestre intelligente.

A causa dell'impossibilità di ricevere di nuovo questa trasmissione, non ci sono prove che avvalorano questa ipotesi, ma non ci sono prove neanche per confutarla, anzi, al momento forse è tra quelle che ha maggiore probabilità di essere vera.
Il segnale ricevuto il 15 Agosto 1977 potrebbe quindi essere l'unica trasmissiore radio proveniente da una civiltà extraterrestre mai ricevuta in oltre 40 anni di ricerce ed osservazioni attraverso il grandi radiotelescopi del mondo. 

Non si capiscono i motivi per cui quel segnale non è più stato rilevato, ed è questo il grande problema di questa affascinante storia. Non sappiamo neanche per quanto tempo prima della rilevazione era presente e non sappiamo per quanto tempo, dopo quei 72 secondi, è stato ancora rilevabile.
Se Ehman si fosse accorto immediatamente di quel segnale, forse la storia sarebbe stata diversa e ci sarebbe stato tempo per condurre altre osservazioni.
In questo scenario, invece, le interpretazioni potrebbero essere molteplici, ognuna valida e allo stesso tempo indimostrabile: si poteva trattare di un fenomeno astronomico naturale ancora sconosciuto, di un effetto di riflessione da parte di un satellite non conosciuto di un segnale di origine terrestre, oppure, scenario più affascinante, avrebbe potuto essere una trasmissione unica di una civiltà extraterrestre in cerca di risposte.

Probabilmente se avessimo conosciuto altre civiltà extraterrestri che trasmettono segnali radio, la nostra visione su questo segnale sarebbe stata molto più favorevole ad una natura extraterrestre intelligente, ma visto che non conosciamo alcuna civiltà che comunica con noi, questa unica trasmissione non può essere interpretata con certezza in questo modo. Scoperte eccezionali richiedono prove eccezionali, e questo è solamente un piccolissimo indizio.

Possibile poi, che una civiltà aliena che vuole comunicare lo fa inviando un unico messaggio senza trasmettere più nulla nella nostra direzione?
E' mai questo il modo di farsi individuare?
Forse è meglio non alzare troppo la voce: noi esseri umani, appena tre anni prima, dal grande telescopio di Arecibo lanciammo verso l'ammasso globulare di Ercole un'unica trasmissione radio della durata di pochi secondi. Se mai qualcuno riceverà questo segnale, proprio come è successo a noi, non sarà in grado di ascoltarlo mai più, perché quel messaggio dai nostri radiotelescopi non è mai più stato ritrasmesso.

Se volete capire di più di questa controversa vicenda, dovete leggere il report compilato dallo scopritore del segnale: http://www.bigear.org/wow20th.htm



Qualche nota sul progetto SETI
Il progetto SETI, tanto ambiziono quando probabilmente ardito e sotto certi punti di vista pazzo (all'epoca non si conosceva neanche un pianeta extrasolare!) aveva un unico obiettivo: se nella nostra galassia ci sono altre civiltà evolute, esse probabilmente usano o hanno usato per comunicare le onde elettromagnetiche, le stesse che l'uomo sta usando, senza molta parsimonia, da 100 anni a questa parte.


I segnali radio di origine naturale provenienti dall'Universo e dai corpi celesti contenuti sono tutti piuttosto conosciuti ed hanno proprietà simili: sono segnali molto deboli, spesso disturbati e senza periodismi, che hanno durata molto lunga ed una larghezza di banda elevata.

Le onde elettromagnetiche delle trasmissioni artificiali hanno invece potenze e larghezze di banda estremamente diverse.
Se una civiltà aliena abbastanza avanzata emette nello spazio, involontariamente o volontariamente, delle onde elettromagnetiche nella direzione della Terra e noi siamo in grado di rilevarle con potenti radiotelescopi (enormi parabole), potremmo in questo modo provare non solo di non essere soli nell'Universo, ma di non essere neanche gli unici esseri intelligenti.

Questa, in parole estremamante semplici, è l'idea che sta alla base del progetto SETI.
Come in ogni campo della scienza (ma anche della vita pratica), tra avere un'idea e metterla in pratica con risultati positivi ci sono di mezzo difficoltà spesso enormi, che rendono le probabilità di successo davvero minime.
Per sperare di sentire una trasmissione radio proveniente da un altro pianeta, dobbiamo sapere esattamente dove osservare e in quale frequenza. E' questo che rende difficile, al di là delle considerazioni sull'esistenza o meno di altre civiltà avanzate, la ricerca.
Ora, con la scoperta di pianeti extrasolari simili alla Terra, le antenne del SETI possono essere indirizzate con estrema precisione su questi mond. Questo sarà l'argomento di un prossimo post.