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lunedì 29 febbraio 2016

Quanto carburante consuma il Sole?



Una stella come il Sole ogni secondo trasforma in elio ben 594 milioni di tonnellate di idrogeno. Di questa quantità immensa circa 4 milioni di tonnellate, 4000000000 kg (!), sono convertite in energia secondo la relazione di Einstein E = mc^2. Di fatto la nostra stella perde 4 tonnellate di materia ogni secondo per alimentare il suo motore. 

Questo sembra un consumo elevatissimo per le nostre abitudini. Una macchina, infatti, consuma circa un litro di carburante, quindi poco meno di un chilo, in una ventina di minuti. Il razzo che ha portato l’uomo sulla Luna negli anni 60 bruciava 15 tonnellate di carburante al secondo, e infatti rimaneva acceso solo per un paio di minuti. Ma arrivare a 4 milioni di tonnellate al secondo è impossibile: ci vorrebbero 250 mila razzi come quelli che hanno portato l’uomo sulla Luna accesi contemporaneamente! 

Con questi numeri, allora, si potrebbe pensare che la vita del Sole sia di breve durata: il serbatoio, fondendo quasi 600 milioni di tonnellate al secondo, finirebbe presto. Invece no, perché la quantità di carburante disponibile nel nucleo del Sole è migliaia di miliardi di volte superiore e consente alla nostra stella di continuare a brillare per almeno 10 miliardi di anni, senza perdere un'apprezzabile quantità di massa rispetto all'inizio. Poiché il Sole e la Terra hanno circa 4,6 miliardi di anni, ci troviamo a malapena a metà della sua vita. Il Sole, quindi, è per noi come un uomo di circa 40 anni, ancora nel pieno delle sue energie.

martedì 15 dicembre 2015

Quanto è denso il Sole?

Il Sole è una stella con caratteristiche molto comuni nell'Universo e pur non essendo né la più grande, né la più massiccia, ha dalla sua parte dei numeri di tutto rispetto. Con un raggio di 695 mila chilometri, ad esempio, è oltre 100 volte più grande della Terra e oltre 500 mila volte più massiccio. E' un'immensa sfera di gas, composta per il 70% della massa da idrogeno e per il 28% da elio, priva di qualsiasi superficie solida. Lo strato che emette gran parte della luce che osserviamo, chiamato fotosfera, ha una temperatura di 5500 °C, circa uguale a quella del nucleo terrestre. 
Andando in profondità e arrivando fino al nucleo, la temperatura supera lo stratosferico valore di 15 milioni di gradi, qualcosa per noi umani davvero inconcepibile. Il suo motore brucia migliaia di miliardi di idrogeno ogni secondo e produce un'energia miliardi di volte quella prodotta dal genere umano in tutta la sua esistenza.
Potrei continuare a stupire con numeroni, ma invece scelgo di percorrere una diversa strada e stupire in altro modo. Siamo infatti sicuri che tutti i numeri associati al Sole siamo incredibilmente grandi?

L’astronomia, in realtà, è la perfetta unione degli estremi, dell’infinitamente piccolo e dell’infinitamente grande, di numeri esageratamente grandi e altri sorprendentemente piccoli.
Consideriamo la densità media, ad esempio. Potremmo pensare che il Sole, con tutta quella materia, sia una sfera densa e concentrata più del ferro o del piombo. Con grande stupore, invece, scopriamo che è pari a 1,4 g/cm³, appena il 40% superiore a quella dell’acqua. La densità media della Terra è 4 volte superiore, pari a 5,5 g/cm³.
Tra i corpi del Sistema Solare, la Terra è in effetti il più denso di tutti. Il più leggero? Saturno; la densità è il 30% inferiore a quella dell’acqua, tanto che potrebbe galleggiare in un ipotetico, quando irrealizzabile, oceano che lo potesse contenere.

Nel caso del Sole, lo studio della sua densità in funzione della profondità ci può dare un’idea migliore di come sia distribuita la materia. Al centro, infatti, dove si svolgono le reazioni che producono l’energia osservata, la densità della materia è elevatissima, ben 160 volte maggiore dell’acqua.
Ma se la densità media è vicina a quella dell’acqua, significa che in prossimità della superficie la materia solare debba essere veramente rarefatta per compensare i grandi valori del centro.
In effetti, la fotosfera solare, lo strato che possiamo osservare con un filtro solare e che emette quasi la totalità della luce che riceviamo, ha una densità alcune volte inferiore all’aria che possiamo respirare qui sulla Terra!
Sembra assurdo che uno strato apparentemente così consistente, nel quale si sviluppano macchie solari e imponenti moti convettivi, sia in realtà estremamente rarefatto, ma a volte, in astronomia, l’apparenza inganna, e ne avremo altri esempi nel corso di questo volume.

lunedì 16 marzo 2015

La verità sull'eclisse solare del prossimo 20 Marzo



Il venti marzo prossimo ci sarà un’eclisse di Sole, che sarà totale solo per una ristretta zona nel grande nord. È probabile che abbiate sentito la notizia da giornali e telegiornali; ebbene, avrete sentito una marea di cavolate.
L'eclisse del 20 Marzo come apparirà dal centro-sud Italia
Andiamo allora con ordine e affrontiamo punto per punto:
1)      Le eclissi totali di Sole si verificano quando la Luna passa di fronte alla nostra stella con un perfetto allineamento. Sono piuttosto frequenti (anche una l’anno di media), solo che la zona in cui si verificherà la totalità è sempre molto stretta, quindi è molto difficile che si verifichi in Italia. L’ultima eclisse solare totale visibile dal nostro Paese c’è stata nel febbraio 1961, la prossima sarà nel 2081;
2)      L’eclisse di venerdì sarà parziale dall’Italia, con il Sole che verrà coperto tra il 35% e l’80% a seconda di dove vi trovate. Sarà più coperto al nord ovest e meno al sud est;
3)      Molti giornalisti, per ignoranza o malafede, hanno già parlato di un evento epocale, di un buio quasi totale: NON E’ VERO. Benché una copertura del Sole pari all’80% possa sembrare tanta, la diminuzione di luce sarà appena percepibile e simile a quella di una normale giornata soleggiata con qualche velatura di fronte al Sole. NON diventerà quindi buio, anzi, se non osserveremo il Sole con appositi filtri, di cui parlerò meglio in uno dei prossimi punti, non noteremo nulla di diverso nel cielo;
4)      In giro si è letto che le compagnie elettriche sono in emergenza perché l’eclisse impedirà alle centrali fotovoltaiche di funzionare, con il rischio di blackout disastrosi. Questa è una balla così grande che io denuncerei tutti quelli che l’hanno scritta per procurato allarme. Il calo di luce sarà ben più modesto di una normale giornata nuvolosa e durerà poche decine di minuti: in quale mondo fantasioso si può pensare che una cosa del genere possa generare problemi? Non è un caso se questa bufala l’abbiano riportata solo i mass media italiani, il cui livello medio è… diciamo mediocre. In effetti ormai il giornalismo italiano sprofonda sempre più in basso e l’unico modo che questi signori hanno di attirare i lettori è raccontare balle e cercare di procurare allarmi giocando sulle normali paure delle persone. Un comportamento a dir poco deplorevole. Per una volta godiamoci semplicemente un bel fenomeno astronomico senza la paura di crepare;
5)      Se rimaniamo in Italia a vedere l’eclisse, non aspettiamoci molto. Procuriamoci degli appositi occhialini per osservare il Sole; NON osserviamolo con maschere da saldatore, NON osserviamolo con lastre, pellicole fotografiche, vecchi floppy disk o vetri affumicati. Tutti questi accessori non sono sicuri e rischieremo la vista senza accorge cene, perché la retina che brucia non sente dolore. Gli occhialini per osservare l’eclisse si trovano nei negozi di astronomia, ottica, su internet e costano pochi euro: un investimento che vale bene la nostra vista;
6)      In giro per l’Italia verranno organizzate molte manifestazioni pubbliche: andiamoci, sarà un modo come un altro per passare un paio d’ore in compagnia;
7)      Per capire quando inizierà l’eclisse per la vostra zona e quanto sarà coperto il Sole, date un’occhiata a questo link, nel quale la mappa interattiva vi darà tutte le informazioni. Basta cliccare sulla propria posizione e compariranno tutte le informazioni. A livello indicativo l’eclisse inizierà circa alle 9 di mattina e terminerà poco più di due ore dopo;
8)  Sto organizzando qualcosa di importante anche io, quindi restate sintonizzati perché entro poche ore svelerò una grande sorpresa.

martedì 7 gennaio 2014

Cosa sono le macchie solari?



Il Sole è un corpo celeste molto interessante ed è l’unica stella che possiamo studiare da vicino.
Le macchie solari sono zone nella fotosfera solare che a causa dei forti campi magnetici locali si trovano a temperature minori rispetto all’ambiente circostante, anche di oltre 1000°C.

Una tipica macchia solare è costituita da una zona di ombra centrale ed una di penombra periferica. Si tratta in realtà di vere e proprie depressioni nella fotosfera solare, messe in luce dal cosiddetto effetto Wilson. L’astronomo scozzese nella seconda metà del XVII secolo riuscì a rivelare la differenza tra le posizioni relative di ombra e penombra in funzione della posizione della macchia sul disco solare. Il cambiamento delle posizioni reciproche è da imputare ad un effetto prospettico dovuto al fatto che la zona d’ombra si trova a profondità maggiori rispetto alla fotosfera solare e alla penombra.

Una macchia solare ripresa con il mio telescopio
In linea teorica, misurando lo spostamento del centro dell’ombra rispetto alla penombra si può risalire anche alla profondità della macchia solare.
Nella realtà questo calcolo è difficile da effettuare con precisione poiché spesso le macchie variano di forma e dimensioni e non sempre l’effetto Wilson è di facile studio, soprattutto quando esse non sono simmetriche.
Oltre all’ombra e penombra, in una tipica macchia solare troviamo i ponti di luce, zone molto luminose che congiungono due regioni di ombra. I pori sono invece piccole macchie solari di dimensioni poco maggiori della granulazione dove manca completamente privi della parte in penombra, che spesso accompagnano le macchie di maggiori dimensioni, le quali a loro volta compaiono in gruppi di almeno due componenti di dimensioni paragonabili.
La fisica che sta dietro a questi strani fenomeni del nostro Sole non è ancora stata capita fino in fondo, ma c’è la sicurezza che siano i campi magnetici locali i responsabili.

Nonostante ci appaiano estremamente scure, anche  le machcie emettono molta radiazione, che si approssima molto bene con l’andamento di corpo nero per quella determinata temperatura.
Se siamo in grado di misurare il flusso di radiazione proveniente dalla macchia, possiamo allora stimare la sua temperatura con una buona precisione.

Il numero di macchie solari è strettamente correlato al cosiddetto ciclo solare, un periodo di tempo di 11 anni nel quale il Sole alterna una fase più burrascosa caratterizzata da grandi gruppi di macchie visibili anche ad occhio nudo, ad una fase assolutamente calma, priva di dettagli. Ora ci troviamo in teoria in prossimità del periodo di massima attività, ma questo ciclo solare sembra essere piuttosto sottotono e per avere i grandi gruppi di macchie comparsi nei primi anni 2000 è probabile che dovremo aspettare il prossimo massimo, tra una decina di anni.

venerdì 29 novembre 2013

La cometa ISON (forse) non ce l'ha fatta

Il suo nome è (era) C/2012 S1 (ISON), per gli amici semplicemente ISON e quando venne scoperta, nel 2012, prometteva di essere la cometa del secolo. Nonostante l'enorme distanza dalla Terra, infatti, era relativamente luminosa, il che spinse tutti a credere che in prossimità del massimo avvicinamento con il Sole avrebbe potuto illuminare quasi a giorno i nostri cieli. 


La cometa ISON al massimo della sua gloria il 15 novembre
Con l'avanzare dei mesi le cose non sono andate come previsto, ma questo fa sempre parte del gioco quando ci sono delle comete di mezzo. La cometa ISON faceva fatica a prendere luminosità, tanto che solamente dopo la metà di novembre era percepibile con grande fatica a occhio nudo la mattina poco prima dell'alba. 

Le speranze di tutti erano rivolte dopo il giro di boa, così viene chiamato in modo informale il punto in cui la cometa avrebbe circumnavigato il Sole e si sarebbe allontanata di nuovo e per sempre dal Sistema Solare interno.

Il problema della cometa ISON, però, era grande: il perielio, cioè il punto più vicino al Sole, si trovava a poco più di un milione di chilometri dalla fotosfera, ben all'interno della caldissima e irrequieta atmosfera chiamata corona. 
Le comete che compiono un avvicinamento così pericoloso sono dette in inglese sungrazer, letteramente "che sfiorano il Sole" e solamente le più grandi e tenaci riescono ad attraversare indenni questo pericoloso guado. Nel recente passato, memorabile è stato il passaggio della cometa Lovejoy nel dicembre 2011 a soli 120000 km dalla superficie.

La cometa ISON non è stata altrettanto fortunata e forte, perché sal passaggio ravvicinato al Sole non è più riapparsa, inghiottita per sempre dal caldo abbraccio della nostra Stella.
Sebbene nessuno volesse ammetterlo, in realtà il sentore che qualcosa stava per accadere c'era nell'aria già da giorni e forse la cometa era spacciata almeno una settimana fa. 
Il 14 novembre scorso si assistette a un outburst, un repentino aumento della luminosità di oltre due volte, segno di un'impennata nell'attività cometaria.
Pochi giorni più tardi le immagini in alta risoluzione della chioma mostravano due netti sbuffi, indizio che qualcosa di grave poteva essere accaduto al nucleo. Si parlò di frammentazione, ma non c'era la certezza. 

Il 25 novembre, infine, le osservazioni effettuate con il telescopio millimetrico IRAM in Spagna mostravano una costante diminuzione nell'emissione molecolare della chioma della cometa, segno che l'attività aveva raggiunto il massimo o che il nucleo non c'era più. 

Il 29 novembre il momento della verità, il passaggio al perielio monitorato in diretta dalle numerose sonde che osservano il Sole dallo spazio, la più importante delle quali è la mitica Soho. All'ingresso del campo inquadrato, la cometa ISON non si è presentata bene, con una luminosità minore del previsto. Poi, con il passare delle ore ha aumentato bruscamente luminosità, facendo sperare tutti gli appassionati. Ma forse questo è stato il canto del cigno di una cometa che nelle ore successive si è lasciata andare. Nonostante l'approssimarsi al Sole, la luminosità ha cominciato rapidamente a diminuire. Quasi in prossimità del perielio la ISON, o ciò che ne restava, si presentava come una lunga lingua nella quale non si poteva più scorgere la chioma. 
Quando è sparita dietro i dischi occultatori degli strumenti delle sonde la sua sorte era ormai segnata. 
Dall'altra parte della nostra stella è riapparsa una debole lingua di gas e polveri dispersa e molto meno luminosa di come avrebbe dovuto essere se la cometa fosse stata in perfetta salute, il ricordo di un intrepido corpo celeste che come Icaro ha affrontato una sfida troppo grande.

La cometa ISON al massimo della sua luminosità si appresta a incontrare il Sole
Colpo di scena: la luminosità è rapidamente diminuita. Qualcosa di grave è accaduto.

L'ultima immagine della cometa ISON, o di quello che ne resta.
All'uscita dal passaggio radente con il Sole resta un leggero fantasma, i resti di una cometa che avrebbe potuto farci sognare.
L'animazione mostra un fantasma che riemerge dall'abbraccio solare. Sono i resti della cometa ISON

L'ipotesi più plausibile è che il nucleo della cometa si sia disgregato e quasi completamente vaporizzato, ma questo lo sapremo con migliore certezza tra quale giorno. Di certo appare evidente che il tanto annunciato spettacolo non ci sarà, anche se qualche resto della cometa dovesse avercela fatta.
Peccato, ci abbiamo sperato. E ora all'orizzonte non ci sono comete che potrebbero farci sognare. Dobbiamo avere pazienza ancora per un bel po'.

L'unica speranza resta quella dell'ennesima sorpresa di una cometa che è stata data per morta tante volte. Che la ISON esista ancora e sia pronta a risorgere dalle ceneri? Molto difficile, ma staremo a vedere nelle prossime ore.

Qualche approfondimento utile:
http://www.cometisonnews.com/ 
http://www.universetoday.com/106813/is-comet-ison-dead-astronomers-say-its-likely-after-icarus-sun-grazing-stunt/ 
http://cometison.gsfc.nasa.gov/  per vedere i video dell'approccio della cometa (che non si vede, e questo conferma che non c'è più)

mercoledì 3 aprile 2013

Domande e risposte: Quanto tempo impiega il Sole a ruotare attorno al centro della Via Lattea?



Proprio come un gigantesco sistema planetario, stelle, pianeti, nebulose e ammassi stellari ruotano attorno al centro della Via Lattea, descrivendo delle orbite quasi perfettamente circolari. Senza questo movimento tutte le stelle cadrebbero verso il centro e la stessa Galassia collasserebbe su se stessa. 

Alla incredibile velocità di oltre 200 km/s il Sole si trascina tutti i pianeti nel suo percorso orbitale attorno al centro della Via Lattea.
Anche in questo caso noi non ci accorgiamo di questo movimento velocissimo, perché non abbiamo punti di riferimento che cambiano posizione. La situazione è come quando si è a bordo di un treno o di una nave in procinto di partire e si osserva un altro veicolo passarci di fianco: come facciamo a dire se siamo noi che ci muoviamo, se sono gli altri, oppure entrambi? Dobbiamo guardare il suolo e capire se siamo fermi o in movimento rispetto a esso. 

Abbiamo quindi imparato una cosa molto importante: quando ci muoviamo di un moto uniforme e costante non sentiamo la velocità se non abbiamo punti di riferimento da osservare.
Il Sole e i pianeti si trovano a circa metà strada tra il centro e i confini esterni della Via Lattea, a  26.000 anni luce dal grande buco nero centrale.
Nonostante la grandissima velocità, il percorso orbitale da compiere è davvero esteso, circa 160.000 anni luce.
Di conseguenza, il tempo impiegato per compiere un giro completo è pari a circa 225 milioni di anni!

Naturalmente nessuno di noi potrà mai sognare di vivere per un tempo così lungo, ma in 4,6 miliardi di anni di vita il Sistema Solare ha compiuto oltre 20 orbite complete attorno alla Galassia, percorrendo qualcosa come 3 milioni e 200 mila anni luce!

E chissà quale cielo potevano osservare i dinosauri circa 100 milioni di anni fa, quando ci trovavamo esattamente dalla parte opposta del disco galattico. Stelle, costellazioni, persino le galassie visibili in quei cieli erano totalmente diverse dai punti che si accendono ora ogni notte sopra le nostre teste.

lunedì 11 febbraio 2013

Domande e risposte: Perché il Sole è così brillante?



Il Sole, come tutte le stelle, brilla di una luce estremamente intensa. Come molti altri suoi colleghi, questa immensa energia sarà disponibile per diversi miliardi di anni.
Ma da dove proviene?
In Natura l’energia non si crea dal nulla, ma si può solo trasformare. La luce che possiamo osservare del Sole, deve quindi provenire da qualche processo che attinge ad una quantità enorme di energia.
Per molto tempo la fonte di energia delle stelle è stata uno dei più grandi misteri dell’astronomia, mettendo alla prova la pazienza e la mente di generazioni di scienziati.

Nel diciannovesimo secolo, alcuni astronomi ipotizzarono che l’energia derivava direttamente dal processo di contrazione gravitazionale. Quando un gas si comprime si scalda ed emette luce, quindi perché le stelle non potrebbero emettere la stessa energia mano a mano che si comprimono?
Calcoli alla mano, altri astronomi dimostrarono che questa fonte di energia avrebbe potuto essere sufficiente per non più di qualche milione di anni, una decina al massimo.
Com’è possibile, allora, che ci siano stelle molto, molto più vecchie?
La risposta, quindi, è sbagliata; c’è qualche altro meccanismo che fa brillare le stelle e le mantiene in vita contro la loro stessa forza di gravità che tenderebbe a farle implodere.

L’energia prodotta, e successivamente emessa sottoforma di radiazione elettromagnetica, si origina dal processo di fusione nucleare, che si sviluppa nella zona centrale del Sole (non oltre un raggio del 10% rispetto al totale), relativamente facile da comprendere.
L’idrogeno, che è l’elemento principale, al centro si trova in forma ionizzata, ovvero privo del suo unico elettrone. L’atomo di idrogeno privato dell’elettrone si riduce ad una singola particella: il protone, di carica positiva.
A causa della forza elettromagnetica, due particelle della stessa carica si respingono in modo maggiore quanto minore è la loro distanza, proprio come succede anche per due calamite quando vengono avvicinate secondo due poli dello stesso segno.
Al centro del Sole, tuttavia, la temperatura è così elevata che gli urti tra protoni sono estremamente energetici. Basti pensare che la forza con cui si avvicinano due particelle di questo tipo è simile a quella che eserciterebbe una montagna se si trovasse sulle nostre spalle. Questa enorme forza alla quale tutti i protoni del nucleo sono sottoposti riesce a farli avvicinare gli uni agli altri fino alla distanza critica di un milionesimo di miliardesimo di metro!
Questa distanza è estremamente importante per il funzionamento stesso dell’Universo.
Quando due protoni si trovano entro questo raggio, la repulsione elettromagnetica cessa di colpo e cede il posto ad un nuovo tipo di interazione, chiamato forza forte.
La forza forte è attrattiva e ben 100 volte più intensa della repulsione elettromagnetica.
Le particelle, che fino a quel momento cercavano di allontanarsi in tutti i modi respingendosi con una forza mostruosa, ad un certo punto si fondono unite da una potentissima colla.
In realtà le cose sono un po’ più complesse, al punto da richiedere qualche nozione di meccanica quantistica, ma noi ci accontentiamo di sapere che se la temperatura è molto alta, le particelle possiedono così tanta energia che possono vincere la repulsione elettromagnetica ed essere poi fuse dalla forza forte. Quando questo accade, si forma una nuova specie atomica (un nuovo elemento). 

Ma com’è possibile che questo processo produca energia?
Se con una bilancia immaginaria pesassimo questo nuovo elemento e lo confrontassimo con il peso delle particelle di cui è composto quando si trovano libere, noteremmo una differenza piccola, ma fondamentale. Dalla fusione di due nuclei di idrogeno si forma un nucleo di elio che possiede una massa inferiore dello 0,7% rispetto alla somma delle masse delle particelle di cui è composto.
La massa mancante si è trasformata in energia, secondo la famosissima relazione di Einstein: E=mc^2. È questa energia, liberata sottoforma di raggi gamma, quella che consente a tutte le stelle dell’Universo di brillare, quindi di esistere. 

Il ciclo di reazioni più importante che permette al Sole e alle altre stelle di splendere per molto tempo è chiamato catena protone-protone.
Nella catena protone-protone vi sono coinvolti 4 nuclei di idrogeno che portano alla formazione di un nucleo di elio 4, formato da 2 protoni e 2 neutroni.
L’energia prodotta in questo modo è spaventosamente alta; basti pensare che un grammo di atomi di idrogeno fondendosi produce la stessa quantità di energia che si ricava bruciando 11 tonnellate(!) di carbone.
Nel Sole ogni secondo viene prodotta un’energia spaventosa, pari a 0,38 miliardi di miliardi di miliardi di Watt!
In un anno l’energia generata è quindi miliardi di volte la produzione dell’intero genere umano in tutta la sua storia.

giovedì 5 gennaio 2012

Il Sole visto dagli altri pianeti del sistema solare

Dalla Terra il Sole appare grande circa mezzo grado, ovvero 30' (il simbolo ' sta ad indicare minuti d'arco. 1° è composto da 60 minuti d'arco; un minuto d'arco è composto da 60 secondi d'arco, il cui simbolo è ")
Questa dimensione si chiama apparente, perché dipende dalla distanza alla quale ci troviamo dall'astro considerato, nonché dalle sue dimensioni reali.

Il Sole visto dalla Terra e da Mercurio (a destra)
Un chiaro esempio di quanto sto dicendo lo possiamo visualizzare molto bene considerando la Luna.
Anche il nostro satellite naturale ci appare in cielo di diametro angolare molto simile al Sole.
Naturalmente dimensioni e distanze in gioco sono però molto diverse: la Luna è 4 volte più piccola della Terra e si trova a circa 384000 km, mentre il Sole è grande oltre 100 volte il nostro pianeta e si trova ad una distanza media di 150 milioni di chilometri.

Non è quindi difficile comprendere che il diametro apparente del Sole è di circa mezzo grado solamente se lo osserviamo alla distanza della Terra.
Se ci spostiamo su altri pianeti, la nostra stella occuperà in cielo una superficie differente.

Ecco che siamo quindi arrivati alla domanda cardine di questo post: come appare il Sole se visto dagli altri pianeti del Sistema Solare?

Non mi dite che non avete mai viaggiato con la fantasia verso mondi lontani e cercato di immaginare come sarebbe stato osservare la nostra stella da questi luoghi così diversi rispetto alla Terra.
Questa è una di quelle domande che a me personalmente ha sempre affascinato.
Ricordo persino quando trovai la prima risposta: sfogliando da bambino un libro di geografia di mia madre delle scuole superiori.
 
Le dimensioni del Sole dai pianeti del sistema solare
Purtroppo non abbiamo a disposizione, tranne nel caso di Marte e di una foto scattata dalla sonda Voyager 1, di cui vi parlerò tra qualche giorno, immagini scattate dalle sonde che testimoniano la luminosità e le dimensioni del Sole, per un semplice motivo: la nostra stella è troppo luminosa e rischia di danneggiare le telecamere di bordo, quindi si evita sempre accuratamente.
Con i moderni software planetari è comunque facilissimo volare verso pianeti lontani e dare uno sguardo al Sole.
Uno dei software più potenti per questo tipo di applicazioni è Celestia, liberamente scaricabile da questo sito.
Con questo programma possiamo osservare il Sole dalla distanza che vogliamo ed accorgerci di come cambiano le sue dimensioni a seconda di dove ci troviamo.

Da Mercurio il Sole appare grande fino a quasi 1° e mezzo, con una magnitudine che sfiora la -29, contro il mezzo grado della Terra ed una magnitudine di -26,75. Per avere un termine di paragone, immaginate un bel tramonto terrestre e pensate che quella sfera rossa, che ci appare così grande, da Mercurio avrebbe un diametro circa 3 volte maggiore: davvero impressionante! D'altra parte è normale, visto che nel punto più vicino al Sole dell'orbita planetaria siamo ad appena 46 milioni di chilometri.

Da Venere la visione si avvicina lentamente a quella terrestre. Il Sole è una sfera infuocata dal diametro apparente pari a circa 47', risultando quindi circa il 50% più grande, con una magnitudine pari a -27,4, circa 2,5 volte più brillante.

Oltrepassando la Terra e giungendo rapidamente su Marte, le dimensioni e la luminosità del disco solare iniziano rapidamente a diminuire. Dal pianeta rosso il Sole ha dimensioni di circa 19' ed una magnitudine di -25,64, circa 2,5 volte più debole di quanto lo sia quando osservato dalla Terra.
Se fossimo sulla superficie di Marte, magari al tramonto, sicuramente sapremmo apprezzare la differenza con la Terra, non solo per le dimensioni, ma anche per i colori di un crepuscolo davvero insolito e per certi versi inquietante, perché molto diverso da quelli cui siamo abituati ad assistere.

Il Sole al tramonto su Marte ripreso dal rover Spirit


Viaggiando verso i pianeti esterni, le distanze aumentano e le dimensioni si riducono notevolmente.
Da Giove il Sole è ormai un piccolo disco dalle dimensioni di 6', oltre 5 volte minore rispetto a quando osservato dalla Terra. La magnitudine è scesa a -23,16.

Il Sole da Nettuno non è che un punto non risolto
Alla distanza di Nettuno, a quasi 5 miliardi di km, il Sole è ridotto ad un punto di 1', delle stesse dimensioni di Venere quando osservato nel punto più vicino alla Terra.
L'occhio umano non riesce a risolvere una dimensione angolare così esigua; la nostra calda stella, che ci appare così grande durante i bellissimi tramonti terrestri, è ora ridotta ad un punto molto luminoso, di magnitudine -19,35.

Siamo ormai alla periferia del sistema solare, una regione di spazio popolata da corpi ghiacciati, con temperature dell'ordine dei -230°C. Il Sole è così lontano e piccolo che non riesce più a restituirci quel senso di caldo e benessere tipici della nostra lontana primavera.
Una strana sensazione allo stomaco ci fa capire che forse è ora di tornare verso casa. Chissà se gli astronauti che un giorno si spingeranno in questi luoghi lontani,  sentiranno la stessa nostalgia che ora possiamo solamente accarezzare con questo viaggio virtuale.

giovedì 15 dicembre 2011

Una cometa sta per sfiorare il Sole

Si chiama Lovejoy ed in onore al suo nome ha deciso di concedersi una spensierata vacanza al caldo tepore del Sole, ma non si sa se e come ne uscirà, probabilmente con danni più seri rispetto ad una semplice scottatura.

la cometa Lovejoy in avvicinamento al Sole
Questa è la storia della cometa C/2011 W3 Lovejoy; un piccolo masso ghiacciato che si è proiettato in una zona estremamente pericolosa per la sua struttura.
In queste ore transiterà molto vicina al Sole, sfiorando la sua superficie a circa 150000 km di altezza.

Ad una distanza così ravvicinata, l'intensa radiazione solare è in grado di scatenare un violento processo di evaporazione dei materiali volatili di cui è composta (tra cui una discreta quantità di ghiaccio d'acqua), rendendo visibile una bellissima coda esteda per milioni di chilometri e facendo risplendere l'astro con una magnitudine pari a quasi quella di Venere.

Purtroppo, data la grande vicinanza al Sole, non possiamo sperare di osservare la cometa, sebbene estremamente brillante.
Come facciamo allora a conoscere tutte queste proprietà di un oggetto che non possiamo osservare?
Noi sulla Terra non possiamo, ma la sonda della NASA Soho, a milioni di chilometri dalla Terra, può, visto che il suo compito è quello di monitorare 24 ore su 24 il Sole.
Le immagini della sonda, trasmesse in tempo reale, già mostrano la brillante cometa in avvicinamento e in rapido aumento di luminosità. Il massimo dovrebbe raggiungersi nella notte prossima, e se siamo fortunati ci potrebbe essere anche la possibilità di una fugace (e difficile) osservazione diretta.

Posizione della cometa Lovejoy nei prossimi giorni
Impossibile osservare la cometa, riservata forse solo agli osservatori dell'emisfero sud, ma una parte della coda potrebbe rendersi visibile domani mattina o dopodomani bassissima nel cielo dell'alba, vicino a dove dovrebbe sorgere il Sole.

Chi vuole provare ad effettuare questa impresa ha bisogno di un cielo estremamente scuro ed iniziare le osservazioni, in direzione del sorgere del Sole, circa 1 ora prima, fino al sorgere della nostra stella.
A sinistra è riportata una mappa con le posizioni della cometa nei prossimi giorni. Se la coda resterà attiva e luminosa, sarà alla portata dei cieli più limpidi e trasparenti presso l'orizzonte.
Coloro che si accontentano di immagini in tempo reale, tenete d'occhio questa pagina per osservarne l'evoluzione, o l'homepage di spaceweather per le ultime animazioni.
Se volete vedere un'animazione continuamente aggiornata in tempo reale, cliccate qui.

mercoledì 7 dicembre 2011

L'Universo in movimento

Con questo post inauguro una nuova "rubrica" periodica nella quale pubblicherò immagini/video che mostreranno l'evoluzione di qualche evento dell'Universo, generalmente ottenuti con la tecnica time-lapse, ovvero dell'accelerazione del normale scorrere del tempo.

Il tramonto del Sole in un'immagine a lunga esposizione
Nell'Universo infatti, nulla resta immobile ed uguale a se stesso; la Natura non sembra contemplare affatto la parola staticità. Il problema è che in moltissime occasioni i tempi dell'Universo sono molto differenti dai nostri tempi, con la conseguenza che molte situazioni ci appaiono inesorabilmente statiche.
Non è così e spero di dimostrarvelo nel corso del tempo.

Cominciamo in questa occasione con qualcosa di classico e semplice: il moto di rotazione della Terra, che si mostra evidente specialmente in prossimità dell'alba o del tramonto del Sole.
Cosa succede se acceleriamo il normale scorrere del tempo di diverse volte?
Che potremmo assistere a dei tramonti ancora più spettacolari ed emozionanti di quelli già stupendi che ci regala la Natura.
Qui ne trovate un assaggio, ripreso dalla mia casa di Perugia e scattando una serie di immagini con una comune fotocamera digitale compatta.
Buona visione!

martedì 15 novembre 2011

Aggiornamenti solari

Giornate molto interessanti per la nostra stella e tutti gli osservatori che la possono ammirare, soprattutto con speciali telescopi centrati sula riga H-alpha dell'idrogeno ionizzato che permette di osservare protuberanze e filamenti.

Il grande filamento del 14 Novembre
Per chi non lo sa, protuberanze e filamenti sono fisicamente la stessa cosa: delle lingue di gas incandescente espulse dalla superficie del Sole che possono raggiungere estensioni di milioni di chilometri.
Quando la lingua di fuoco viene vista vicino al bordo appare brillante e viene chiamata protuberanza, mentre quando si staglia sul disco del Sole appare più scura per contrasto con la brillante cromosfera e viene soprannominata filamento.

Il Solar Dynamics Observatory della NASA ha ripreso quello che sicuramente è il filamento più grande degli ultimi anni: una lingua di gas che abbraccia quasi tutto il disco solare, con un'estensione di circa 1 milione di chilometri!
Il filamento visibile il 14 Novembre era alla portata dei piccoli telescopi solari H-alpha: qualcuno l'ha osservato o ripreso? Mi piacerebbe vedere immagini amatoriali.

Di riprese amatoriali invece ve ne sono in abbondanza della gigantesca protuberanza ad arco comparsa l'11 Novembre; sebbene di dimensioni inferiori rispetto al filamento del 14, stiamo parlando di un'estensione decine di volte superiore alla Terra. Date un'occhiata a questa immagine amatoriale per rendervene conto!

Altra notizia solare coinvolge direttamente il pianeta Venere.
Un'ingente quantità di massa coronale è stata espulsa dal Sole proprio nella sua direzione. Il grande flusso di particelle cariche dovrebbe raggiungere l'atmosfera del pianeta in queste ore (mattina del 15 Novembre).
Se Venere avesse avuto un campo magnetico simile a quello terrestre, si sarebbero prodotte eccezionali aurope polari visibili fino alle medie latitudini, ma non è questo il caso.
Venere infatti non ha un campo magnetico apprezzabile, quindi le particelle provenienti dall'esplosione solare impatteranno direttamente l'atmosfera. Gli scienziati credono che l'alta densità del flusso di particelle sia in grado di erodere parte dell'atmosfera del pianeta, proprio come un forte vento è in grado di far volare via la sabbia del deserto.
Stiamo parlando di quantità infinitesime rispetto all'enorme quantità di gas contenuto nell'atmosfera di Venere. E visto che la composizione è per oltre il 96% anidride carbonica e acido solforico, una ripulita non gli farebbe di certo male, tanto cosa può esserci di peggio per gli sventurati venusiani di una temperatura di 500°C (di notte e di giorno) e nubi perenni composte di acido solforico? Forse una leggera nevicata di dolce ed incandescente piombo fuso? C'è anche questo!

venerdì 4 novembre 2011

Cosa sono le aurore polari

Visto che ne ho parlato nel precedente post, approfondiamo in questo piccolo spazio il discorso sulle aurore polari.
Aurora polare nei cieli dell'Alaska
Le aurore polari (boreali se si verificano nell’emisfero nord, australi per quello sud), sono dei magnifici giochi di luce, riservati purtroppo solamente agli osservatori situati oltre i 50° di latitudine (nord o sud), alla cui base c’è una stretta “collaborazione” tra il Sole, il campo magnetico terrestre e le molecole di ossigeno degli strati più alti dell’atmosfera.

Il Sole, soprattutto nel massimo della sua attività (che raggiunge ogni 11 anni) emette in modo continuo quello che è definito vento solare: un flusso di particelle cariche (protoni, nuclei di elio) che si perde nello spazio.
Quando le particelle giungono in prossimità del nostro pianeta, il campo magnetico le devia ed impedisce loro di raggiungere la superficie, salvaguardando tutte le specie viventi che altrimenti risulterebbero seriamente danneggiate. Una piccola quantità, a causa della particolare forma del campo magnetico terrestre, viene catturata e deviata verso le regioni polari, penetrando nell’atmosfera terrestre.
Quando queste particelle incontrano gli atomi di ossigeno presenti negli strati più alti (circa 600-1000 km), collidono e privano gli atomi di un elettrone. Dopo pochissimo tempo l’elettrone viene di nuovo catturato dall’atomo e viene emessa una debole luce di colore principalmente verde.

Quando l’attività solare è sostenuta ed il numero di particelle catturate dal campo magnetico elevato, i numerosi impatti con gli atomi di ossigeno rendono visibili le aurore polari, degli spettacolari fiumi di colore verde che solcano il cielo muovendosi e modificandosi in pochi secondi.

Nei rarissimi casi in cui l’attività solare sia estremamente elevata (ad esempio a seguito di una tempesta solare violenta), è possibile assistere ad aurore polari anche alle nostre latitudini.
Questo purtroppo si verifica al massimo una volta ogni 11 anni per le regioni settentrionali del nostro paese (l’ultima risale al 20 Novembre 2003), e molto più raramente (1 volta ogni 100 anni circa) per le regioni centrali e meridionali.

Le aurore polari che si spingono fino alle medie latitudini sono generalmente diverse da quelle classiche, sia per la colorazione, in questi casi tipicamente rossastra, che per le caratteristiche (non si notano giochi di luce evidenti, piuttosto una tenue luminosità del cielo in direzione nord).
In ogni caso, le aurore polari, anche queste eccezionali, si possono prevedere. Un ottimo punto di partenza è il sito www.spaceweather.com . Nella homepage, a sinistra, potete vedere in diretta l'intensità e l'estensione dell'ovale aurorale e se la parte di solito gialla diventa arancione e arriva a lambire le regioni settentrionali, allora avrete ottime probabilità di osservare un'aurora.

Non ho mai avuto la possibilità di assistere ad un fenomeno del genere; spero che voi sarete più fortunati di me!

giovedì 3 novembre 2011

Un grande gruppo di macchie appena comparso sul Sole

Dopo una pausa durata per buona parte del mese di Ottobre, il ciclo solare sembra essere tornato nei giusti binari e volerci ripagare dell'attesa.
Proprio in queste ore è infatti apparsa sul lembo est una grande regione attiva, che come sempre è identificata da un gruppo di macchie solari strettamente avvolte ed in rapida evoluzione.
La regione attiva 1339 è la più grande degli ultimi anni
Le attuali dimensioni del gruppo sono impressionanti: circa 40.000x80.000 km, vale a dire 3,5x7 volte il diametro terrestre, fino a questo momento il più grande di questo ciclo solare un po' sottotono. Per trovare un altro gruppo di queste dimensioni dobbiamo tornare indietro di almeno 7 anni, attorno al precedente ed importante massimo solare.

Le grandi dimensioni del gruppo di macchie, che nei prossimi giorni attraverserà lentamente il disco solare, dovrebbero essere sufficienti per permetterne l'osservazione anche ad occhio nudo, sempre utilizzando un apposito filtro solare!
Le riprese e le osservazioni attraverso ogni telescopio, sempre munito di apposito filtro solare (mai utilizzare rimedi fatti in casa!) dovrebbero risultare spettacolari; l'evoluzione della regione attiva sarà bellissima da osservare in luce bianca (normali filtri solari).
Chi possiede un telescopio solare in H-alpha avrà invece maggiori possibilità di osservare uno o più brillamenti: esplosioni all'origine delle tempeste solari e delle conseguenti aurore polari (quando i brillamenti sono diretti verso la Terra).

Gli astronomi hanno stimato al 60% la probabilità di un'esplosione in questa regione nelle prossime 24 ore e sono propensi a credere che potrebbe generarne altre nei prossimi giorni, le cui particelle potrebbero interessare anche la Terra.
In questo caso si potrebbero osservare bellissime aurore polari simili a fiumi di color verde e rosso in rapido spostamento tingere il cielo notturno.
Purtroppo anche nell'eventualità di un flare (in italiano brillamento) molto intenso e nella giusta direzione, le probabilità di osservare un'aurora polare dal suolo italiano sono estremamente ridotte a causa della bassa latitudine del nostro paese.
Godiamoci comunque lo spettacolo della nostra stella, pensando che alla sua luce e potenza dobbiamo tutta la vita su questo meraviglioso pianeta.

Per approfondimenti: www.spaceweather.com

martedì 25 ottobre 2011

Il Sole come non l'avete mai visto

La fotosfera solare è lo strato "superficiale" della nostra stella, un sottile involuco gassoso (spesso circa 300 km) responsabile della quasi totalità della radiazione elettromagnetica che riceviamo.

Osservando con un apposito filtro solare, nella fotosfera possiamo osservare molti dettagli.
Tra le caratteristiche più evidenti troviamo le macchie solari, gigantesche regioni che sembrano più scure perché si trovano ad una temperatura di circa 1000° inferiore rispetto a quelle adiacenti.
Le macchie solari sono zone in cui il forte campo magnetico locale blocca la risalita di masse gassose, con la conseguenza che senza un opportuno ricircolo, il gas in superficie ben presto si raffredda e sprofonda.
In effetti le macchie solari sono immense voragini profonde centinaia o migliaia di chilometri, prive di un efficiente scambio di calore tra la superficie e le profondità del Sole.

Lontano dalle macchie solari, possiamo capire meglio come funziona la fotosfera, attraverso l'osservazione e lo studio della granulazione.
La fotosfera è costellata da immense bolle di gas, dal diametro tipico di 1000 km, in rapida evoluzione.

Nelle profondità della nostra stella il gas riscaldato forma delle sacche e lentamente si solleva fino a raggiungere la fotosfera. Il granulo quindi diventa visibile, ma ben presto libera il suo calore, si espande e si dissolve. Il gas, ormai raffreddatosi, diventa più pesante dell'ambiente circostante e torna nelle profondità da cui è venuto, lasciando il posto ad un altro grano in risalita.
In effetti la granulazione solare somiglia molto alle bolle d'aria che osserviamo in una pentola in ebollizione, e non potrebbe essere altrimenti, visto che il principio fisico alla base è il medesimo.

Una delle immagini più dettagliate della fotosfera solare
Tutti questi dettagli appena descritti sono alla portata di un telescopio amatoriale ed una camera digitale, come vi ho mostrato qualche post fa.

Siete però curiosi di capire quale risoluzione raggiungono i migliori telescopi solari attualmente esistenti?
Allora non potete non guardare la spettacolare immagine della fotosfera e di una macchia solare ripresa nel 2002 dal telescopio solare svedese di un metro di diametro installato nell'isola di La Palma, nelle Canarie.
Ammirate questa ripresa effettuata nel vicino infrarosso, che mostra dettagli inferiori ad 1/10 di secondo d'arco, corrispondenti a circa 50 km.
Ammiratela e soprendetevi dell'incredibile bellezza e potenza della stella madre di tutta la vita che possiamo osservare sulla Terra.

lunedì 17 ottobre 2011

Cometa sul Sole ed esplosione: cosa è successo?

Il primo ottobre scorso la sonda Soho, in orbita attorno al Sole e con le sue camere continuamente puntate sulla nostra stella, ha ripreso un evento piuttosto insolito e spettacolare.
Una piccola cometa si è tuffata nell'atmosfera solare e quasi contemporaneamente al tuffo, dalla parte opposta del Sole, si è verificata una gigantesca esplosione coronale.
E' possibile che la cometa abbia generato l'esplosione solare? Ed inoltre, quanto era grande questo corpo celeste?
Una piccola cometa si tuffa nel Sole

Se osserviamo l'animazione che vi riporto, si ha l'impressione che la cometa abbia dimensioni addirittura maggiori della Terra.
Questa è fortunatamente un'illusione, dovuta al fatto che l'immagine a lunga esposizione (sono visibili le stelle di fondo) ha accentuato la luminosità della chioma e della coda cometaria.
Proprio la chioma e la coda, che nelle vicinanze del Sole raggiungono la massima estensione, fanno pensare ad un oggetto simile ad un gigantesco missime.
In realtà entrambe sono costituite da gas piuttosto rarefatto, migliaia (o milioni) di volte nemo denso dell'aria che respiriamo, che ci sembra estremamente luminoso perché illuminato e riscaldato dall'intensa radiazione solare.

La parte solida della cometa è cotituita dal nucleo e generalmente ha dimensioni davvero esigue, se confrontate con quelle dei pianeti: al massimo qualche decina di chilometri.
Stimare le dimensioni esatte delle comete, proprio perché molto piccole e per di più sempre avvolte dalla quasi impenetrabile chioma, è molto difficile, ma possiamo provarci proprio dall'esame della quantità di gas e polveri che formano la chioma e la coda, naturalmente in funzione della distanza dal Sole.

Bene, secondo la mia esperienza, una cometa che poco prima di impattare sulla nostra stella mostra una coda così piccola e poco brillante, non può che avere dimensioni di qualche decina di metri, forse un centinaio.
Volete una prova? Guardate questo video nel quale la stessa sonda Soho ha registrato il passaggio vicino al Sole (prospetticamente questa volta) della spettacolare cometa McNaught nel 2007, visibile addirittura di giorno.
Guardate quanto risulta brillante la chioma e la coda, eppure stiamo parlando di un oggetto di pochi chilometri di diametro.
A confronto, la cometa che si è gettata nel Sole ha dimensioni sicuramente decisamente minori.

Bene, capite le dimensioni e compreso che non c'è nulla di strano nella sua forma, possiamo anche porci una domanda: può un sasso di qualche metro di diametro provocare un'eplosione così gigantesca?
Se cadesse sulla Terra, probabilmente brucerebbe quasi del tutto in atmosfera, o al massimo creerebbe un cratere di un centinaio di metri di diametro. Cosa potrebbe succedere al Sole, oltre 100 volte più grande del nostro pianeta e per di più completamente gassoso?
Probabilmente niente, ed è proprio per questo che gli scienziati sono portati ad affermare che i due eventi osservati non sono probabilmente collegati, ma frutto di un caso.

Vi è da dire che non si tratta della prima volta in cui assistiamo ad un evento del genere: può essere ancora una casualità?
Probaibimente si, visto che l'impatto di comete sul Sole è quasi all'ordine del giorno. E' normale che sulle centinaia di eventi osservati, 2-3 possano incorrere in questa particolare coincidenza.
In ogni caso, visto che la scienza non (dovrebbe) lasciare nulla al caso e non cullarsi sui propri successi, alcuni astronomi stanno studiando se e come eventualmente sia possibile che questi piccoli corpi celesti possano se non generare, innescare delle esplosioni già sul punto di verificarsi.
Staremo a vedere!

sabato 1 ottobre 2011

Una ripresa solare fresca fresca

Il bel tempo di questi giorni è accompagnato anche da una discreta stabilità atmosferica.
Il Sole sta montrando un emozionante aumento di attività, con la comparsa di diversi gruppi di macchie. Dopo un minimo veramente molto prolungato, era proprio arrivato il momento di un po' più di movimento.
Non potevo non riprendere una delle macchie attualmente più belle, proprio quasi al centro del disco solare.
La regione è denominata NOAA11305, con la macchia principale che ha dimensioni simili a quelle della Terra, sebbene sia poco più di un puntino rispetto al diametro solare.

La ripresa che potete vedere sotto è stata effettuata con un filtro solare a tutta apertura applicato al mio telescopio da 35 cm di diametro (C14).
Si tratta della media di 2200 frame su un totale di 5600. Seeing a tratti discreto, considerando anche la bassa altezza della nostra stella rispetto ai primi mesi estivi.

Macchia solare e granulazione riprese con la mia strumentazione
Si nota abbastanza bene la grnaulazione solare, con l'inconfondibile trama simile alla pelle di un elefante.
Questi piccoli globuli di gas hanno diametri tipici di 1000 km e cambiano forma in pochi minuti.
La superficie del Sole, detta fotosfera, è tutto fuorché tranquilla e immobile.

Non mi stancherò mai di osservare questo spettacolo, pensando che tutta la vita che esiste su questo pianeta, e gli stessi processi atmosferici, derivano unicamente dalla grande quantità di radiazione elettromagnerica trasportata sulla superficie solare da questi immensi globuli gassosi.

domenica 25 settembre 2011

Presentazione power point sull'imaging solare

Lo scorso 2-3 Settembre sono stato ospite dello star party delle Grandi Valli Veronesi e tra le altre cose ho avuto il piacere di parlare della tecnica per riprendere il Sole in alta risoluzione con strumentazione amatoriale e filtri solari poco costosi (ma sicuri!).
Per chi fosse interessato (ricordo almeno un astrofilo che me lo aveva chiesto), ho finalmanete trovato il tempo di mettere online la presentazione.
Il file è in power point e riassume, facendo largo uso di immagini, la migliore tecnica ed i risultati che si possono ottenere nell'imaging digitale del Sole; lo trovate qui
Spero la troverete utile.