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lunedì 4 giugno 2018

Perdersi nell'Universo

Ogni spicchio di cielo racconta una storia. Anzi, ogni spicchio di cielo può raccontare tantissime storie. Sono storie di astronomia, di fisica, di astrofisica, ma possono essere anche storie legate alla nostra specie, o racconti personali, talmente segreti che solo le stelle possono meritarsi il diritto di ascoltarli.
Ne avrei tante di storie da raccontare in merito all'Universo, per ogni singola porzione che possiamo osservare con i nostri occhi, o con i nostri strumenti In pratica questo è ciò che fa un divulgatore.
Ma il bello dell'Universo è che non richiede una guida per essere ammirato, per essere desiderato, per essere interpretato. A volte è bello semplicemente perdersi, trasportando con noi le nostre personali storie, invece di ascoltare quelle di chi ci sta parlando.
Per questo motivo lascio a voi la scena. Io vi propongo solo una foto che mi ritrae sotto il cielo di Atacama. Immaginatevi al mio posto e regalatevi la vostra personalissima storia, ispirati dalla straordinaria bellezza dell'Universo.



sabato 2 giugno 2018

La stella Omega della costellazione del Centauro

In queste notti autunnali (primaverili per l'emisfero nord) nel cielo del sud si può osservare la costellazione del Centauro. Questa figura mitologica ospita la stella a noi più vicina, Alpha Centauri e molte brillanti stelle. Nella calma notte del deserto di Atacama, dove l'incessante scorrere diurno del tempo improvvisamente rallenta per farci osservare il cielo, questo spicchio di cielo ci regala l'enigmatica presenza di una stella particolare. Non è molto debole, tanto da far parte della costellazione del Centauro, ma sembra sempre avvolta da un alone diffuso, come se non si riuscisse mai a metterla a fuoco. Eppure è poco oltre la magnitudine 3.5 e sarebbe ben visibile persino dagli inquinati cieli italiani nelle periferie delle grandi città.

Mano a mano che la notte passa e le stelle si muovono, questa curiosa stella, chiamata Omega, non cambia la sua peculiare natura. Potremmo viaggiare con la mente per giorni, cercando di immaginare quale sia il fenomeno alla base della sua soffice apparenza. Potremmo inventarci le più assurde storie in merito alla sua origine, o potremmo portare con noi l'oculista di fiducia affinché confermi che la nostra vista sta bene, anche se quella stella non riusciamo proprio a metterla a fuoco.

Potremmo dire e fare tante cose ma l'unica azione sensata sarebbe quella di prendere un telescopio e osservarla. In un secondo verremmo proiettati a poco più di 15 mila anni luce di distanza, in un altro mondo fatto di milioni di stelle più vecchie del Sole, un tempo appartenenti a una galassia che a un certo punto della sua vita ha deciso di unirsi alla Via Lattea. L'abbraccio soffocante della nostra Galassia ha smembrato le parti esterne di quell'isola di stelle, lasciando a noi, giovani osservatori, l'intrigante mistero di una stella sempre sfuocata che al telescopio esplode in un guizzo di pura meraviglia.


giovedì 19 aprile 2018

Il centro galattico dal deserto di Atacama

Aspettavo questo momento da una vita.
Nel 2012 andai in Australia ma era Novembre e il centro della nostra Galassia si trovava basso sull'orizzonte, immerso in un'accecante luce zodiacale.
Quando mi trasferii ad Atacama lo scorso Dicembre, il periodo era ancora peggiore perché il centro Galattico si trovava proprio nella posizione occupata dal Sole. Sono dovuti passare quattro mesi prima di inaugurare quella porzione del cielo dell'emisfero sud talmente spettacolare da meritare avventurosi viaggi da parte di molti appassionati europei.
Ancora basso sull'orizzonte, il centro Galattico inizia a fare la sua apparizione verso la mezzanotte locale. Quando la sua sagoma valica l'orizzonte, ancora indistinta, si pensa che qualcuno abbia acceso le luci di una città a non molti chilometri di distanza. Quello che si osserva però non è inquinamento luminoso. Il cielo diventa chiaro, molto chiaro, a causa della luce di miliardi di stelle sovrapposte le une sulle altre, troppo lontane per essere viste singolarmente ma abbastanza brillanti da originare una nube luminosa estesa per decine di gradi.
Anche a pochi gradi dall'orizzonte, il centro Galattico è già più brillante della porzione che è possibile osservare dalle latitudini italiane nel periodo estivo. Si fa persino fatica a capire che stiamo osservando la stessa cosa, tanto sono stagliate le regioni oscure e talmente sono brillanti le nubi stellari galattiche.

E' l'inizio di uno spettacolo che terminerà nell'invero australe, con il centro Galattico proprio allo zenit e talmente brillante da illuminare il paesaggio intorno a noi. Non ho ancora provato questa situazione, ma posso assicurare che già al suo sorgere la luminosità dell'ambiente intorno a me è cambiata e non a causa delle luci di una lontana, quanto improbabile, città.

Singola posa da 30 secondi. Ecco la lampada cosmica dei cieli del Sud da Aprile fino a Ottobre

giovedì 23 novembre 2017

Fossili cosmici: gli ammassi globulari

Questo post è estratto dal mio libro La straordinaria bellezza dell'Universo

Fuori dalla zona della Via Lattea, là dove le stelle diventano molto più rade e non si può intuire niente se non un uniforme vuoto, almeno a occhio nudo, tutto sembra tacere e la Galassia sembra lasciare il posto a non si sa più cosa, ma di certo a luoghi bui e periferici dell’Universo. Eppure, a osservare con più attenzione, anche con un semplice binocolo, potremmo trovare qua e là dei batuffoletti sferici di luce, che se puntati con un piccolo telescopio scoppieranno di finissime stelle. Che meraviglia!

Quando tutto sembrava finito, quando nella periferia della Galassia le luci sembravano spegnersi, ecco che incontriamo qua e là decine di agglomerati di stelle che ricordano vagamente gli ammassi aperti appena visti. Questi oggetti sono chiamati ammassi globulari, una definizione che ne considera solo la forma e non dice invece niente sulle profonde differenze con quelli che sembrano i gemelli più poveri, ovvero gli ammassi aperti.

L'ammasso globulare M13
Di ammassi globulari ce ne sono più di 100 in orbita attorno alla Via Lattea, a migliaia di anni luce dal centro. Il segreto più grande di questi gruppi riguarda la loro età e i tipi di stelle che ci sono. Non stiamo più osservando giovani famiglie nate da pochi milioni di anni, ma complessi sistemi stellari più vecchi persino della Via Lattea.

Quasi tutti gli ammassi globulari, come M22 e M13, sono i sistemi stellari più vecchi dell’Universo, con un’età compresa tra 12 e 13 miliardi di anni. Quando M13, che possiamo osservare in questa fotografia in tutta la sua grandezza, aveva questo aspetto la Via Lattea non si era ancora formata.
Si pensa che gli ammassi globulari siano allora i mattoni delle galassie, gli embrioni dalla cui unione, a migliaia, si sono plasmate le neonate galassie che poi hanno seguito un loro particolare percorso evolutivo.
Continuando il paragone con il Sistema Solare, allora, appare più corretto equiparare gli ammassi globulari che possiamo osservare adesso agli asteroidi o alle comete: oggetti cosmici che si sono formati agli albori della storia e che per qualche motivo non sono stati utilizzati nei processi evolutivi dei pianeti, o in questo caso della Via Lattea.

Ogni stella di M13 è almeno 7,5 miliardi di anni più vecchia di tutto quello che troveremo nel Sistema Solare, compreso tutto quello che c’è sulla Terra. Sono i fossili più antichi dell’Universo, a due passi (si fa per dire di nuovo) da casa. Non c’è bisogno di scavare tra le rocce, scandagliare il fondo marino, cercare prove cancellate da milioni di anni di evoluzione, come accade qui sulla Terra. Nell’Universo possiamo trovare tutto quello che cerchiamo usando con un minimo di consapevolezza i nostri telescopi.

lunedì 7 marzo 2016

Qual è la galassia più lontana?

E' una domanda ricorrente, sia tra gli appassionati che tra gli astronomi e la risposta spesso cambia, perché cambiano le nostre conoscenze dell'Universo.
Se quindi questa domanda viene riproposta nonostante abbia già fatto un post a riguardo qualche anno fa è perché ci sono delle novità, sorprendenti sia dal punto di vista astronomico che strumentale.

La galassia più distante mai scoperta.
L'autore del nuovo record, battendo sé stesso per l'ennesima volta, è l'ormai vetusto telescopio spaziale Hubble, che tra un paio d'anni sarà rimpiazzato dal suo successore, il James Webb Telescope. Nonostante però la veneranda età di 26 anni, il telescopio Hubble è considerato obsoleto solo per quanto riguarda la mera anagrafe: i suoi strumenti, aggiornati più volte nel corso della sua vita, sono ancora in perfetta forma e la profondità che riesce a raggiungere è inarrivabile, ancora, dalla superficie terrestre.

Il telescopio spaziale, guidato da Pascal Oesch, astronomo della Yale University,  ha scovato una galassia remota alla stratosferica distanza di 13,4 miliardi di anni luce. Poiché guadando lontano nello spazio guardiamo lontano anche nel tempo, vista la velocità finita della luce, Hubble ha osservato questa galassia come era 13,4 miliardi di anni fa. Nessuno, fino a questo momento, aveva visto un oggetto dell'Universo tanto vecchio.

Questo numero fa già girare la testa ai non addetti, ma se lo si inserisce in un contesto più dettagliato diventa un grattacapo persino per gli astronomi, che con numeri di tale portata sono abituati a convivere.
La galassia, denominata GN-Z11, è stata osservata in un'epoca in cui l'Universo si era formato solo da 400 milioni di anni, in uno spazio 10 volte più piccolo di quello attuale e in un ambiente molto diverso dall'attuale. Per i più addetti ai lavori, il redshift misurato è pari a 11,1. Il precedente record apparteneva a una galassia posta a redshift 8,68, a 13,2 miliardi di anni luce. Data la sua per forza giovane età, GN-Z11 non è una galassia già formata e tranquilla come la nostra. E' circa 25 volte più piccola della Via Lattea e contiene solo l'1% delle stelle, ma presenta una forte attività di formazione stellare; insomma, è una galassia che sta rapidamente crescendo in un Universo molto giovane e diverso rispetto a quello attuale.

L'Universo di 13,4 miliardi di anni fa aveva poche galassie e non era ancora del tutto ionizzato come quello attuale.

Dopo la formazione dell'Universo a seguito del Big Bang, per milioni di anni non è successo nulla di evidente. Come qualsiasi contenitore di gas in espansione, l'Universo si è raffreddato dai miliardi di gradi subito dopo il Big Bang alle poche centinaia di gradi di qualche centinaio di milioni di anni dopo. Questa discesa della temperatura ha scandito diversi cambiamenti di stato del gas contenuto, una miscela composta per il 76% di idrogeno e il 24% di elio. Da plasma completamente ionizzato dei primi minuti di vita, a gas atomico con una temperatura inferiore ai 3000°K  dopo circa 400 mila anni, a gas molecolare e freddo, completamente oscuro. Il bagliore della ricombinazione dei nuclei atomici con gli elettroni che ha generato la radiazione cosmica di fondo, a una temperatura dell'ordine di 3000°K, sarebbe stata l'ultima scintilla dell'Universo per centinaia di milioni di anni.

Durante l'era oscura, il gas freddo non emetteva luce visibile ma nascondeva grandi manovre che avrebbero portato alla comparsa delle prime stelle, dette di popolazione III, e poi delle prime galassie.
La nascita di corpi celesti con grandi emissioni di luce, soprattutto ultravioletta, ha riscaldato il gas di tutto l'Universo e l'ha ionizzato di nuovo, proprio come lo era stato fino all'emissione della radiazione cosmica di fondo. Da questo processo di ionizzazione non si tornerà più indietro, tanto che anche oggi l'Universo è fato per il 99% di gas ionizzato, mantenuto caldissimo proprio dala luce di stelle, galassie ed esplosioni stellari. Si pensa che prima siano nate le stelle e poi le galassie, ma non si sa quando di preciso è accaduto tutto questo.

Sono molti i modelli che cercano di spiegare quando sono nate le prime strutture galattiche e quando l'Universo si è ionizzato di nuovo a causa della forte luce emessa da stelle e galassie. Ma i modelli sono tali finché non si trovano dati osservativi in grado di confermarli o smentirli. La scoperta di GN-Z11 rappresenta la prima di una lunga serie di oggetti remoti che saranno alla portata del prossimo telescopio spaziale, il successore di Hubble e che faranno luce su una delle ere più lontane ma importanti della nostra storia cosmica. Intanto, con questo record di distanza cominciano ad arrivare i primi dubbi: è possibile osservare una galassia già formata in un'epoca in cui l'Universo era così giovane? Quanto tempo serve per formare una galassia? Che tipo di stelle sta formando? Sono come le nostre, oppure ci sono anche astri di popolazione III, che dovrebbero essere molto diversi rispetto a quelli che vediamo nell'Universo attuale? Com'era l'ambiente di quel lontanissimo tempo? Tante domande e poche risposte, ma questo è il bello della scienza: per ogni scoperta si aprono nuovi e illimitati orizzonti che ora sembrano irraggiungibili ma che piano piano avvicineremo proprio come facciamo ogni giorno.

lunedì 16 giugno 2014

La bellezza della Via Lattea estiva

Forse non lo sappiamo e probabilmente non l'abbiamo mai vista nella sua reale bellezza a occhio nudo, nascosta dallo scempio delle luci artificiali puntate verso il cielo, ma in queste notti estive sta facendo capolino in tutta la sua maestosità la Via Lattea estiva, la porzione più brillante e spettacolare della nostra Galassia.

Solo da un cielo scuro, magari in alta montagna, e senza il disturbo della Luna, è possibile ammirare ogni sera l'imponente e sconvolgente bellezza della nostra Galassia, un'isola di stelle enorme che contiene centinaia di miliardi di astri, pianeti, migliaia di nebulose, ammassi stellari e tutto quello che in un piccolo telescopio possiamo scoprire.

E se vogliamo incrementare la bellezza dello spettacolo muniamoci di una reflex digitale, una piccola montatura equatoriale o un astroinseguitore che compensano il movimento della sfera celeste, scattiamo 4-5 foto da 5 minuti ciascuna ad almeno 800 ISO con un obiettivo da 16-18 mm, elaboriamole con un software apposito quale Registax, Maxim DL o Deep Sky Stacker e godiamoci colori e contrasti che i nostri occhi non potranno mai ammirare dal vivo perché troppo poco sensibili.

E a questo punto, di fronte all'incredibile luce di milioni o miliardi di stelle tutte disposte lungo una sottile linea che sembra disegnata dal più grande pittore cosmico mai esistito, sorridiamo consapevoli dell'enorme fortuna che abbiamo nell'essere coscienti della magnificienza dell'Universo. Sono questi i momenti unici per i quali vale la pena vivere.

La Via Lattea estiva

mercoledì 3 aprile 2013

Domande e risposte: Quanto tempo impiega il Sole a ruotare attorno al centro della Via Lattea?



Proprio come un gigantesco sistema planetario, stelle, pianeti, nebulose e ammassi stellari ruotano attorno al centro della Via Lattea, descrivendo delle orbite quasi perfettamente circolari. Senza questo movimento tutte le stelle cadrebbero verso il centro e la stessa Galassia collasserebbe su se stessa. 

Alla incredibile velocità di oltre 200 km/s il Sole si trascina tutti i pianeti nel suo percorso orbitale attorno al centro della Via Lattea.
Anche in questo caso noi non ci accorgiamo di questo movimento velocissimo, perché non abbiamo punti di riferimento che cambiano posizione. La situazione è come quando si è a bordo di un treno o di una nave in procinto di partire e si osserva un altro veicolo passarci di fianco: come facciamo a dire se siamo noi che ci muoviamo, se sono gli altri, oppure entrambi? Dobbiamo guardare il suolo e capire se siamo fermi o in movimento rispetto a esso. 

Abbiamo quindi imparato una cosa molto importante: quando ci muoviamo di un moto uniforme e costante non sentiamo la velocità se non abbiamo punti di riferimento da osservare.
Il Sole e i pianeti si trovano a circa metà strada tra il centro e i confini esterni della Via Lattea, a  26.000 anni luce dal grande buco nero centrale.
Nonostante la grandissima velocità, il percorso orbitale da compiere è davvero esteso, circa 160.000 anni luce.
Di conseguenza, il tempo impiegato per compiere un giro completo è pari a circa 225 milioni di anni!

Naturalmente nessuno di noi potrà mai sognare di vivere per un tempo così lungo, ma in 4,6 miliardi di anni di vita il Sistema Solare ha compiuto oltre 20 orbite complete attorno alla Galassia, percorrendo qualcosa come 3 milioni e 200 mila anni luce!

E chissà quale cielo potevano osservare i dinosauri circa 100 milioni di anni fa, quando ci trovavamo esattamente dalla parte opposta del disco galattico. Stelle, costellazioni, persino le galassie visibili in quei cieli erano totalmente diverse dai punti che si accendono ora ogni notte sopra le nostre teste.