Nel 2003 gli astronomi dell’osservatorio
Palomar, in California, hanno scoperto uno tra i corpi celesti più misteriosi e
strani del Sistema Solare.
Il suo nome è Sedna (dal significato
mitologico non casuale), ha dimensioni probabilmente vicine ai 1500 km, è
composto presumibilmente di ghiacci ed ha un’orbita completamente diversa da
tutti gli altri corpi celesti conosciuti.
Nel punto più vicino al Sole, Sedna
raggiunge le 76,3 Unità Astronomiche, già oltre la distanza dei pianeti nani
esterni e della fascia di Kuiper.
La vera sorpresa però è un’altra:
nel punto più lontano questo misterioso oggetto arriva addirittura a 937 Unità
Astronomiche, 140 miliardi di chilometri dal Sole, ben oltre i confini delimitati
dall’influenza del vento solare.
Con un’orbita la cui eccentricità
supera l’85%, Sedna, nel suo percorso orbitale della durata di ben 11.500 anni,
entra ed esce dallo spazio interstellare.
L'orbita di Sedna confrontata con quella dei pianeti esterni |
La scoperta di questo remoto corpo
celeste è stata propiziata da un apparente colpo di fortuna: solamente in prossimità
del passaggio al perielio la strumentazione astronomica attuale avrebbe potuto
scoprire un oggetto con queste caratteristiche.
Poiché Sedna trascorre gran parte
del tempo oltre la distanza alla quale poteva essere individuato, le
probabilità di scoprirlo erano solamente di 1 su 80.
In astronomia, però, e nella scienza
in generale, quando una scoperta sembra essere propiziata da una gran fortuna
di solito c’è qualcosa sotto.
Se il primo pensiero è quello di
aver vinto alla lotteria, logica e razionalità suggeriscono qualcosa di
diverso.
E’ in effetti molto più probabile
che i corpi celesti in quelle remote regioni del Sistema Solare siano numerosi,
di modo che la probabilità di individuarne uno osservando in un istante di
tempo casuale, proprio mentre si trova in prossimità del perielio, sia decisamente
maggiore.
Calcoli statistici alla mano, se esistessero
almeno altri 50 “Sedna” la fortuna dell’osservazione si trasformerebbe in un
evento certo.
Attualmente, quindi, si pensa che
un’orbita simile a quella di Sedna possa essere seguita da una popolazione
compresa tra i 40 e i 120 corpi celesti.
Lo scenario a questo punto si
complica moltissimo: com’è possibile giustificare l’esistenza di una famiglia
di oggetti di grandi dimensioni e con orbite così altamente ellittiche?
Corpi celesti con orbite originarie
così ellittiche come quella di Sedna non possono raccogliere il materiale per
accrescere le dimensioni, se quest’ultimo ruota intorno al Sole su orbite quasi
circolari come tutti i modelli ipotizzano.
Non è difficile quindi immaginare
che le orbite siano state modificate a posteriori, proprio come quelle delle
comete.
C’è però una differenza sostanziale.
Se per le comete di lungo periodo
sono sufficienti piccole perturbazioni gravitazionali, pienamente
giustificabili con il disturbo causato da corpi celesti dalle dimensioni simili
a Sedna o da qualche grande KBO, chi o cosa è in grado di perturbare anche quest’ultimi?
L’ipotesi più plausibile prevede che
la perturbazione sia stata generata da una stella passata relativamente vicino
alle regioni esterne del Sistema Solare qualche miliardo di anni fa.
Considerando l’attuale scarsa densità
stellare nella regione della Via Lattea nella quale ci troviamo, questo sembra
molto difficile da provare, a meno di non considerare un altro scenario. Alcuni
indizi fanno infatti pensare che il Sole sia nato assieme ad almeno altre cinquanta
stelle, le quali formavano un giovane ammasso stellare aperto.
Gli ambienti di un ammasso stellare
sono decisamente più densi e irrequieti degli spazi interstellari.
Le simulazioni al computer (l’unico
modo di andare a ritroso nel tempo e riprodurre l’enorme scala dell’Universo)
affermano che è sufficiente il passaggio di una stella simile al Sole a circa
1000 UA dal bordo esterno della nube di Oort per modificare sensibilmente le
orbite dei corpi celesti posti oltre la fascia di Kuiper.
In questo modo si può giustificare
l’orbita di Sedna e degli altri oggetti teorizzati.
Un’ipotesi più suggestiva, ma meno
probabile (circa il 10%), afferma che Sedna possa essere un corpo celeste
inizialmente appartenente ad un altro sistema planetario, catturato poi dalla
forza di gravità del Sole durante un passaggio ravvicinato.
In linea di principio lo scenario sembrerebbe plausibile: basti pensare che i satelliti di molti pianeti sembra siano stati
catturati dalla loro forza di gravità durante passaggi ravvicinati a basse velocità
relative. Inoltre la cattura gravitazionale, proprio come accade per alcune
sonde automatiche, produce spesso orbite fortemente ellittiche compatibili con
quella di Sedna.
Per comprendere la validità o meno
di questa teoria si dovrebbe capire quanti sono i corpi celesti simili a Sedna
presenti in quelle remote regioni del Sistema Solare.
Se fosse davvero unico o dovesse
avere una composizione chimica diversa rispetto agli oggetti della fascia di
Kuiper e agli altri componenti della nube di Oort, allora ci sarebbero buoni
indizi per avvalorare la teoria della cattura gravitazionale.
Altre ipotesi suggeriscono che la
forma particolare dell’orbita di Sedna possa essere giustificata con le
perturbazioni gravitazionali prodotte da un pianeta pari ad almeno la massa
della Terra orbitante ad oltre 1000 UA dal Sole.
Alcuni scienziati sostengono che
questo pianeta possa essersi generato inizialmente nelle affollate zone interne
e sia poi stato espulso dalle perturbazioni gravitazionali degli altri.
Il fatto che non sia stata trovata
alcuna traccia di un corpo così grande fino a questo momento, potrebbe
rappresentare un indizio che sia stato addirittura espulso dal Sistema Solare.
Di nuovo, questa ipotesi non è
impossibile dal punto di vista teorico: i campi gravitazionali dei pianeti
maggiori sono utilizzati proprio per accelerare le sonde dirette nelle parti
esterne del Sistema Solare e addirittura al
di fuori, come successo per le sonde Voyager, Pioneer e New Horizons.
In uno scenario fatto da ipotesi
tutte fisicamente accettabili, capire quale sia quella che effettivamente si è
realizzata non è affatto semplice.
Sicuramente serviranno diversi anni
di studi ed osservazioni.
L’unica cosa che resta da fare è aspettare e
continuare a scrutare il cielo.
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