Scoprire una cometa rappresenta
probabilmente una delle soddisfazioni più grandi per tutti gli appassionati di
astronomia perché il vostro nome, meglio, il cognome, sarà indissolubilmente
legato ad un corpo celeste che probabilmente continuerà a muoversi tra i
pianeti per decine di milioni di anni.
Purtroppo la ricerca di comete è probabilmente il campo nel quale è
maggiore la concorrenza, sia amatoriale che, soprattutto, professionale.
Fortunatamente i grandi programmi di
ricerca automatizzati non scandagliano tutti i giorni tutta la volta celeste,
lasciando un piccolo spazio anche per le scoperte amatoriali, almeno un paio
l’anno per quanto riguarda le comete.
Come si scopre però una cometa e quali
sono le emozioni e le tappe da seguire per vedersi affidare la paternità di una
di queste piccole palle di neve sporca, così spettacolari quando si avvicinano
al Sole?
La tecnica da seguire è
relativamente semplice: bisogna scandagliare una zona di cielo non troppo
lontana dall’eclittica e in prossimità del Sole. Sebbene le comete possano
trovarsi anche a grandi distanze dalla nostra stella, solamente quando si
avvicinano diventano abbastanza brillanti per essere viste.
La difficoltà del lavoro è principalmente
nella pazienza e nella costanza. Ogni giorno bisogna scandagliare una porzione
di cielo più grande possibile con il proprio telescopio a partire
dall’orizzonte fino a circa 40-50° di distanza dal Sole. La procedura va
ripetuta la sera dopo il tramonto (in questo caso si osserverà verso ovest) o
la mattina a cominciare da due ore prima dell’alba (quindi verso est). E’ molto
importante scandagliare il cielo con metodo: preparatevi un percorso semplice
da seguire ed annotate scrupolosamente le coordinate di ogni campo inquadrato.
Sarebbe veramente una beffa atroce trovare qualcosa e non riuscire a capire
dove si trovava nel cielo!
La porzione di cielo va osservata o
ripresa almeno due volte (meglio tre) nell’arco della sessione osservativa, a
distanza di circa mezz’ora dal primo passaggio.
Questa procedura è fondamentale per
riconoscere un’eventuale cometa dalle stelle di sfondo e dalla miriade di
oggetti diffusi dello spazio profondo (nebulose, galassie) a causa del suo
veloce movimento.
Le comete vengono scoperte quando
sono estremamente deboli, quindi se fate la ricerca visualmente, dovete usare
telescopi di buon diametro (almeno 25 centimetri) sotto un cielo scuro. Non
aspettatevi di vedere un astro brillante con una lunga coda. Quello che dovete
cercare è un piccolo batuffoletto di luce quasi indistinto che lentamente nel
corso del tempo si sposta tra le stelle di fondo.
Se utilizzate la tecnologia
digitale, le cose si semplificano perché non sono richiesti necessariamente
telescopi di grande diametro, si ottengono immagini oggettive e più profonde e,
cosa non da poco, la procedura di scansione del cielo può essere automatizzata.
E’ molto più semplice anche
riconoscere le coordinate dei campi ripresi e analizzare i dati: alcuni
software infatti provvedono automaticamente all’analisi avvertendo l’utente
nell’eventualità che un oggetto si è spostato tra le stelle.
Tenete presente che per scoprire una
cometa in genere sono richieste statisticamente almeno 1000 ore di osservazioni
continuative nel tempo (se siete fortunati!).
Al di là delle tecniche, che potete
approfondire con una veloce ricerca in internet, cosa si prova a scoprire una
cometa e cosa fare in questa eventualità?
Non posso aiutarvi in questa
occasione, perché purtroppo non ho ancora avuto il piacere di una scoperta di
questo tipo (a dire la verità non ci ho neanche provato!).
A tal proposito, forse è meglio
ascoltare il racconto di un astrofilo che nel febbraio 2012 ha avuto il piacere
di scoprire una cometa. Il suo nome è Fred Bruenjes, vive negli Stati Uniti e
passa ogni notte serena ad osservare il cielo.
Queste sono le parole della serata
astronomica più importante della sua vita.
Venerdi 10 febbraio 2012 sembrava
proprio la notte perfetta per la scoperta di una cometa da parte di un astronomo
dilettante. Mi sentivo davvero motivato nell’iniziare la sessione di
osservazioni, anche perché le condizioni erano perfette. Il freddo
probabilmente aveva scoraggiato molti astrofili e la Luna quasi piena
sicuramente contribuiva a rendere meno agguerrita la concorrenza, soprattutto
quella delle grandi survey professionali.
Avevo a disposizione solamente una o
due ore prima che la Luna sorgesse e riducesse quasi a zero le possibilità di
scoprire oggetti deboli, ma un’ora per me è più che sufficiente per
scandagliare circa 270° quadrati di cielo con una magnitudine limite di circa
16.
Ho messo in funzione il mio sistema
di ripresa e acquisizione delle immagini, ormai collaudato, e me ne sono andato
a guardare un po’ di tv mentre il telescopio acquisiva (o avrebbe dovuto
acquisire) le immagini.
Dopo un’ora sono tornato per
controllare e con grande sconforto ho visto che la camera di ripresa, una
reflex Canon 5D, si era bloccata ed aveva perso tutte le immagini acquisite.
Il mio morale era a terra: una delle
poche notti favorevoli irrimediabilmente compromessa da questo imprevisto
problema.
L’unica cosa che volevo fare in una
situazione del genere era chiudere l’osservatorio, anche perché la Luna stava
ormai per sorgere.
L'immagine di scoperta di una probabile cometa |
Poi ho ricordato a me stesso che non
puoi trovare qualcosa se non la cerchi, così mi sono fatto coraggio ed ho
riavviato il sistema. Questa volta tutto ha funzionato a dovere ed ho effettuato
riprese per circa due ore, poi con la Luna ormai invadente ho deciso di
arrendermi.
Chiuso l’osservatorio mi sono messo
subito ad analizzare le immagini riprese. Per questo scopo utilizzo un software
molto potente chiamato Visual Pinpoint. Il programma riconosce automaticamente
il campo inquadrato e confronta le immagini della stessa area celeste per
vedere se nell’intervallo di tempo qualche corpo celeste si è spostato.
Non mi aspettavo molto a dire la
verità, ancora scoraggiato dal problema avuto con la fotocamera, ma ad un certo
punto il programma mi segnale due immagini nelle quali sembrava esserci un
piccolo batuffolo indistinto estremamente debole che si muoveva rispetto alle
stelle in linea retta.
Il movimento regolare e la forma
caratteristica ricordavano quella di una debole cometa, ma anche in questo caso
999 volte su 1000 il corpo celeste è già conosciuto oppure appena scoperto da
qualche altro osservatore (a volte le scoperte si assegnano sul filo dei
minuti).
In ogni caso valeva sicuramente la
pena fare un controllo. Inserendo le coordinate del batuffolo di luce nella
pagina del Minor Planet Center dedicata alla ricerca di comete conosciute, con
mia grande sorpresa non trovavo alcun risultato. Stesso esito con una ricerca
manuale nelle zone adiacenti le coordinate stimate del corpo celeste. Nessuna
cometa doveva trovarsi in quella posizione!
A questo punto le chance di aver
scoperto una nuova cometa cominciavano ad essere leggermente superiori, ma non
potevo ancora cantar vittoria. In questi casi bisogna sempre pensare a tutte le
possibili spiegazioni alternative all’ipotesi più difficile che purtroppo è
anche la più piacevole: aver effettivamente scoperto una nuova cometa.
Il successivo controllo ha
riguardato la ricerca di tutti gli asteroidi conosciuti nelle vicinanze. Magari
uno di questi avrebbe potuto mostrare una debole attività cometaria, come non
di rado succede alle famiglie che orbitano nei pressi di Giove.
Nella regione ripresa si trovavano
effettivamente molti asteroidi deboli, ma nessuno di essi si muoveva verso
ovest come quel fioco batuffolo, e sicuramente le rocce spaziali non fanno
inversioni ad U improvvise!
A questo punto la situazione stava
diventando davvero emozionante. Chiamai la mia migliore metà, mia moglie Jen, esperta
astrofotografa, per darmi un parere sulle mie immagini. Senza alcun dubbio,
prima ancora che le indicassi quale fosse il corpo celeste incriminato,
esclamò: “quella è una cometa!”
Questo era il momento più delicato:
cuore ed emozioni stavano prendendo il posto alla razionalità, ma non era
ancora il momento. Quel piccolo batuffoletto così debole e sgranato poteva
essere spiegato ancora in diversi modi, senza scomodare la scoperta di una
nuova cometa.
Ripresi le immagini grezze e
controllai se poteva trattarsi di un riflesso o un artefatto introdotto dal
sensore della mia reflex. Tutto però sembrava confermare la natura reale del
piccolo corpo celeste. Anche la colorazione verdastra era compatibile con la
tipica tonalità della chioma di una cometa. Tutto questo era davvero molto
incoraggiante!
Controllai l’eventuale presenza di
satelliti o stadi esauriti di razzi lanciati in quelle ore, ma la ricerca, fortunatamente,
diede esito negativo.
A quel punto stavo seriamente
prendendo in considerazione l’eventualità di una cometa. Quando tutte le ipotesi
più probabili sono state escluse, quello che resta, anche se altamente
improbabile, deve essere la spiegazione giusta.
Per avere la conferma definitiva
avrei dovuto riprendere l’ oggetto la sera successiva; per fare questo era
necessario capire in che punto del cielo l’avrei ritrovato a distanza di 24
ore.
Il sito del Minor Planet Center ha
uno strumento molto utile che consente di predire il percorso di un corpo
celeste a partire da poche osservazioni.
Inserite le mie osservazioni,
ricevetti un messaggio alquanto strano: “L’oggetto si muove piuttosto
rapidamente, dovresti probabilmente segnalarlo…immediatamente!” Ci mancava anche
un sito che fa della prudenza e delle conferme indipendenti la sua bandiera a
far confusione con le mie emozioni! No, non era ancora il momento di segnalare
l’oggetto; dovevo essere sicuro che si trattava di una nuova cometa attraverso
un’osservazione di conferma nella nottata seguente, non volevo di certo far
cercare fantasmi a costosi telescopi professionali!
Per calcolare la traiettoria del
corpo celeste decisi quindi si procedere manualmente aiutandomi con un foglio
di calcolo elettronico (Excel).
Passai le seguenti 18 ore (compresa
la notte) a controllare di nuovo tutte le immagini e le misurazioni, cercando
di capire se ci fosse una spiegazione alternativa che mi era sfuggita nella
concitazione di quei primi momenti e se l’oggetto, supposto reale, fosse stato
già scoperto e catalogato.
Finalmente scese di nuovo la notte,
o meglio, il crepuscolo, visto che non sono riuscito ad aspettare il buio
completo dopo il tramonto del Sole.
L'immagine ottenuta la serata seguente conferma la scoperta |
Speranzoso e allo stesso tempo
spaventato di non ritrovare più quel batuffolo di luce, ho subito puntato la
posizione stimata dove avrebbe dovuto trovarsi: il momento della verità era
finalmente arrivato. Se il corpo celeste c’era ed aveva caratteristiche simili,
allora poteva effettivamente trattarsi di una nuova cometa da comunicare a chi
di dovere.
Il chiarore del crepuscolo
introdusse un lungo momento di patos che mi sarei sinceramente risparmiato. Il
cielo era infatti ancora tropo chiaro per mostrare un oggetto così debole.
Mano a mano che la notte avanzava
inesorabile il campo inquadrato si riempiva di stelle e il cuore batteva sempre
più forte. Ad un certo punto nell’ultima immagine scaricata cominciai a vedere
poco oltre la soglia del rumore un oggetto diffuso e indistinto che non era riportato
negli atlanti stellari.
Ho aspettato con trepidazione l’immagine
successiva per avere la conferma che proprio lì, al centro del campo, si
trovava quel punto indistinto di color veder, proprio come nella serata
precedente! Wow, non ci potevo credere, era esattamente nel punto che avevo
calcolato; questa cosa è davvero reale!
E’ in questo momento che la ricerca
di una vita, condotta con passione e speranza durante notti insonne e spesso
fredde, viene ripagata con una soddisfazione tanto più grande quanto maggiori
sono stati gli sforzi per raggiungerla.
Avevo effettivamente appena
raggiunto uno dei traguardi più importanti della mia vita!
Con il cuore gonfio di felicità
ripresi altre immagini e spesi le ore successive ad organizzare le osservazioni
che avrei poi mandato al CBAT del Minor Planet Center.
La mia speranza era che le
osservazioni fossero sufficienti per far inserire l’oggetto nella lista dei NEO
(corpi celesti vicini alla Terra) in modo da dare la possibilità ad altri
osservatori di fare nel minor tempo possibile le doverose conferme (o
smentite!).
Appena cinque minuti dopo aver
inviato il report, la piccola cometa era già apparsa sulla pagina principale
dei corpi da confermare. Il mio lavoro era terminato; potevo rilassarmi leggermente
aspettando l’annuncio ufficiale della scoperta.
In quel momento, dopo due giorni
insonni, l’adrenalina mi lasciò la possibilità di addormentarmi pensando a chi
avrei raccontato per primo l’incredibile storia di questa scoperta.
Il 12 febbraio, appena un giorno dopo il report di Bruenjes, la
cometa fu ufficialmente designata con la sigla C/2012 C2 (Bruenjes). Questo è
il coronamento del sogno di Fred Bruenjes, astrofilo che con un telescopio
Schmidt-Cassegrain da 36 centimetri, una reflex digitale (non una camera CCD
astronomica) e senza alcun complicato sistema di autoguida, ha un oggetto
celeste in viaggio tra i pianeti del Sistema Solare che porta il suo nome.
L'orbita della cometa C/2012 C2 Bruenjes |
Complimenti a Fred Bruenjes per la caparbietà e la passione. Qui trovare il suo sito internet e la storia completa: http://www.moonglow.net/ccd/comet/index.html
Per approfondire il tema della scoperta delel comete, consiglio il sito del Minor Planet Center: http://www.minorplanetcenter.org/iau/mpc.html
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