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lunedì 17 marzo 2014

I meteoriti quando cadono sono incandescenti?



La dinamica degli impatti di asteroidi e meteoriti con una superficie rocciosa come quella terrestre, e dotata di una spessa atmosfera, è molto più complicata e sorprendente di quanto si possa pensare.
Prima di tutto, solamente gli oggetti superiori a 50-100 metri producono impatti devastanti che generano enormi crateri e polverizzano l’oggetto quasi per intero. L’acqua, sottoforma di vapore, è comunque capace di resistere e arricchire l’atmosfera anche negli scontri più violenti.

Per i corpi celesti più piccoli, che sono di gran lunga più abbondanti (anche ai giorni nostri), l’energia in gioco non è elevata. Quelli che polverizzano in atmosfera come stelle cadenti rilasciano nell’aria il contenuto di acqua e molecole organiche, un miscuglio che poi precipita lentamente al suolo.

Un meteorite entra nell'atmosfera terrestre a grande velocità
I corpi celesti di dimensioni medie (5-100 metri) riescono addirittura ad arrivare al suolo quasi intatti e hanno una proprietà estremamente interessante.
Se noi potessimo raccogliere una pietra cosmica appena caduta sulla Terra, ci accorgeremmo che è estremamente fredda. Com’è possibile dopo una discesa in atmosfera, nella quale il calore in superficie ha superato i 2000°C a causa dell’enorme attrito?
Meteoriti e comete passano gran parte del loro tempo nel freddo dello spazio; anche la luce solare diretta riesce a scaldare moderatamente solo un esiguo strato superficiale. L'interno, invece, si trova a circa -230°C. 
Nelle fasi antecedenti l’impatto al suolo, sperimentano solo una manciata di secondi alle temperature roventi dell’atmosfera del nostro pianeta. Il calore, quindi, non riesce a espandersi su tutto il volume: non c’è tempo. È un po’ come prendere un cubo di ghiaccio e metterlo per circa 10 secondi su una fiamma; gran parte resta solido e freddo. Quindi, un meteorite che arriva al suolo è molto probabile che sia estremamente freddo invece che rovente come magari siamo abituati a pensare da programmi tv e film.

martedì 26 novembre 2013

Domande e risposte: da dove proviene l'acqua della Terra?



L’acqua sulla Terra ricopre il 71% della superficie ed è il costituente principale di tutte le forme di vita.
Il problema, per la Terra e i pianeti interni, tra cui Marte, è però grande: chi ce l’ha portata l’acqua?
I modelli di formazione del Sistema Solare ci dicono chiaramente che la nebulosa protosolare a quelle distanze dal Sole era troppo calda per permettere all’acqua di condensare in grandi quantità e formare quindi gli embrioni dei pianeti. Alla distanza della Terra, solamente i silicati e i metalli si trovavano nella forma solida capace di creare gli aggregati planetari. Le modeste quantità d’acqua inglobate dai protopianeti sono quasi certamente evaporate mano a mano che la violenza delle collisioni aggregava corpi sempre più massicci e caldi. Come se non bastasse, l’atmosfera primordiale della Terra venne distrutta dal violento impatto con Theia, formando poi la Luna e privandola ulteriormente del vapore acqueo che possedeva. La Terra quindi, appena dopo la sua formazione doveva essere un corpo celeste estremamente secco.

Chi o cosa ha portato l’acqua sul nostro pianeta? Difficile credere che l’acqua si sia formata da sola successivamente, poiché di ossigeno libero in atmosfera che potesse reagire con l’idrogeno non ce n’era (almeno non così tanto).
Se diamo un’occhiata alla distribuzione delle temperature nella nebulosa primordiale che ha formato il Sistema Solare, la zona in cui i composti più volatili contenenti l’idrogeno come l’acqua, l’ammoniaca e il metano, tutti essenziali per i processi biologici elementari, potevano trovarsi nello stato solido, quindi condensare per formare corpi celesti, si trova nel bel mezzo dell’attuale fascia principale degli asteroidi. La cosiddetta linea del ghiaccio (frost line in inglese) segna un confine netto tra i corpi celesti a base di silicati e quelli formati per buona parte di ghiacci, principalmente acqua. Non è difficile allora comprendere da dove provenga l’acqua, l’ammoniaca e forse buona parte delle molecole organiche della Terra: da corpi celesti che si sono creati più lontano, cioè asteroidi e comete.
Ce n’erano così tanti di questi piccoli proiettili cosmici che nel primo miliardo di anni, come testimonia la butterata superficie lunare, a migliaia, forse milioni, sono precipitati su tutti i pianeti interni, Terra compresa, liberando le grandi riserve di acqua e composti organici che contenevano.

venerdì 15 novembre 2013

Scoperti tre nuovi asteroidi (forse). Tranquilli, non c'è alcun pericolo

Sta circolando in rete, amplificata dalla poca professionalità di certi media generalisti, la notizia della scoperta di tre grossi asteroidi in rotta di collisione con la Terra. Bene: FALSO!
Quando si parla di asteroidi, sono due le costanti sempre presenti:
1) Il pressapochismo (o la malafede) di certa informazione che sembra fregarsene dell'etica professionale, e un fatto un po' più scientifico, quindi interessante:
2) Ci sono ancora molti corpi celesti da scoprire nelle zone interne del Sistema Solare.

Orbite dei tre nuovi corpi celesti scoperti da poco
Detto questo, vediamo di capire come stanno effettivamente le cose, cominciando dalla cronaca nuda e cruda.
Nell'ultima settimana di Ottobre due importanti programmi di monitoraggio del cielo hanno scoperto tre nuovi corpi celesti molto interessanti. Due sono stati identificati dalla Catalina Sky Survey e uno dal programma Pan-STARRS (lo stesso che ha scoperto già diverse comete).
Da una prima analisi delle orbite e delle dimensioni si è scoperto che questi tre oggetti rientrano nella categoria NEO (Near Earth Objects), vale a dire oggetti vicini alla Terra. Il termine, però, deve essere interpretato dal punto di vista astronomico. Gli oggetti NEO sono infatti tutti quei corpi celesti che nel loro percorso intorno al Sole vengono a trovarsi entro poche decine di milioni di chilometri dall'orbita terrestre. Una sottocategoria particolarmente monitorata è rappresentata dai PHO (Potentially Hazardous Objects), corpi celesti che possono avvicinarsi ad almeno 7,5 milioni di chilometri dall'orbita della Terra (non necessariamente alla Terra, perché dipende in quale punto dell'orbita si trova nel momento di massimo avvicinamento!) e con un diametro di almeno 100 metri.
Di asteroidi di questo tipo se ne conoscono più di mille ma nessuno colpirà la Terra nei prossimi 50-100 anni.

I tre corpi celesti scoperti di recente sono effettivamente peculiari, ma non perché rappresentano una potenziale minaccia, anzi, si è capito subito che, almeno per il momento (da qui a 100 anni), non saranno un problema. Oltre questo intervallo temporale non lo sappiamo con certezza semplicemente perché non siamo ancora così bravi nei calcoli, anche se almeno due di loro saranno sicuramente molto lontani da noi.

La loro peculiarità riguarda la forma dell'orbita e le loro dimensioni.
Inizialmente si pensava che fossero tutti oggetti asteroidali, composti quindi da rocce. Questa supposizione aveva portato a una stima delle dimensioni piuttosto notevole: 19 km per 2013 UQ4, 20 km per 2013 US10 e un paio di chilometri per il terzo, 2013 UP8.

I primi due, in effetti, sarebbero gli asteroidi NEO più grandi scoperti dal 1983. Considerando i vari programmi di monitoraggio del cielo, molti astronomi si sono chiesti come sia stato possibile non vedere questi grandi massi cosmici.
La risposta sta lentamente arrivando grazie a nuovi studi. Se il terzo, 2013 UP8, rientra nella categoria NEO senza troppi problemi, gli altri due possiedono orbite molto allungate e inclinate.
2013 US10 ha addirittura un'orbita quasi parabolica e probabilmente si trova nelle zone interne del Sistema Solare forse per la prima volta nella sua esistenza. Dopo un passaggio attorno al Sole si allontanerà velocemente e non si sa se e quando ritornerà . Questa è la perfetta descrizione di una cometa di lungo periodo, un po' come sta accadendo in queste settimane per la cometa ISON che si è appena resa visibile a occhio nudo dai nostri cieli.

Le informazioni in mano agli astronomi dicono proprio che 2013 US10 potrebbe essere una cometa di lungo periodo. Questo significa che la stima delle dimensioni, che si effettua unicamente in base alla luce riflessa dalla superficie, è sbagliata. Le comete sono fatte di ghiacci che riflettono molta più luce, contrariamente agli asteroidi, alcuni dei quali scuri quanto l'asfalto appena steso.
La conseguenza? Non si tratta di un enorme asteroide ma di una piccola cometa o quello che resta della frantumazione di una grande cometa secoli o millenni fa, il cui diametro, se va bene, arriverà a qualche chilometri.
A conferma della natura cometaria, le osservazioni del 5 Novembre scorso fatte dal Canada-France-Hawaii telescope hanno mostrato una debole attività cometaria.

Anche l'altro asteroide, 2013 UQ4, ha delle caratteristiche peculiari. Possiede un'orbita addirittura retrograda (ruota attorno al Sole nel verso contrario rispetto ai pianeti), molto allungata e inclinata. Anche questo, quindi, sembra essere una cometa o ciò che rimane di una cometa ormai esaurita. Se fosse così, e le osservazioni telescopiche sembrerebbero confermarlo, è probabile che la stima delle dimensioni (19 chilometri) sia corretta. Perché non si è scoperto prima? Semplice, perché ha un'orbita molto allungata e solo in questi anni si trova sufficientemente vicino alla Terra (oltre 300 milioni di chilometri attualmente) per poter essere avvistato.

Insomma, in conclusione di questo lungo post, abbiamo capito altre due cose che è meglio mettere ben in chiaro:
1) Non ci sono corpi celesti in rotta di collisione con la Terra;
2) Le comete, attive o spente, provenienti dalla periferia del Sistema Solare sono molto più temibili degli asteroidi NEO che si trovano a orbitare sempre nei paraggi della Terra (in senso astronomico). Se quest'ultimi si possono osservare e seguire lungo tutta la loro orbita, prevedendone gli spostamenti con decenni di anticipo, le piccole comete si riescono a vedere solamente quando ormai si trovano poco oltre la distanza di Marte, un margine troppo esiguo per prevenire in tempo un eventuale impatto.
La buona notizia è che al momento non corriamo alcun pericolo, quindi rilassiamoci.


Link alla notizia ufficiale: http://neo.jpl.nasa.gov/news/news181.html

sabato 3 marzo 2012

Due asteroidi contro la Terra? No, ma passeranno molto vicini

Gli ultimi giorni sono stati piuttosto interessanti dal punto di vista della scoperta di asteroidi pericolosi per la Terra. Facciamo il punto sulla situazione e vediamo se possono davvero esserci pericoli per il nostro pianeta.

Il primo arrivato, in ordine cronologico, è stato l'asteroide 2012 DA14, un masso di circa 80-100 metri di diametro scoperto solamente qualche giorno fa.
Dopo alcuni calcoli orbitali, si è scoperto che questo piccolo asteroide farà un passaggio estremamente ravvicinato al nostro pianeta il 15 febbraio 2013. La distanza minima dalla superficie della Terra potrebbe arrivare anche a 21000 km, minore dell'altezza dell'orbita dei satelliti televisivi e meteorologici, e ben 18 volte inferiore alla distanza Terra-Luna.
Fortunatamente non ci sono pericoli di una collisione, possibile solamente con una probabilità su un milione, ma se le previsioni verranno rispettate si tratterà dell'asteroide passato più vicino alla superficie da diversi decenni, se non secoli.
Non prendete quindi impegni per la sera del 15 Febbraio. 2012 DA14 si renderà visibile anche con un binocolo durante il suo passaggio ravvicinato, spostandosi di quasi un grado ogni minuto, poco più veloce dei nostri satelliti artificiali.
Qui potete trovare l'orbita tridimensionale del piccolo asteroide

L'orbita di 2011 AG5
Il secondo arrivato, apparentemente più minaccioso, è 2011 AG5, un masso di un centinaio di metri scoperto l'8 Gennaio 2011 che interseca nel suo percorso l'orbita della Terra.
Numerose osservazioni condotte nei mesi precedenti hanno confermato, proprio pochi giorni dopo la scoperta del fratello 2012 DA4, una probabilità non trascurabile di un possibile impatto con il nostro pianeta previsto per il 2040.
Nessun allarme tuttavia. Nel gergo astronomico, infatti, una probabilità non trascurabile è sinonimo di un evento ancora piuttosto raro. In effetti, attualmente le probabilità che 2011 AG5 impatti con il nostro pianeta sono di 1/625.
Perché parliamo di probabilità d'impatto, senza poter dire se ci sarà o meno?
Semplicemente perché fare previsioni sulle orbite degli asteroidi su un grande intervallo di tempo non è per niente semplice, tanto che sono richieste moltissime osservazioni a distanza di mesi o anni.
Il percorso di questi piccoli massi è irregolare e disturbato dal passaggio ravvicinato ai pianeti e dalla stessa radiazione solare. Le osservazioni che verranno condotte nei prossimi mesi saranno quindi estremamente più precise ed è molto probabile, come spesso accade, che le possibilità di una collisione diventino estremamente esigue.
Insomma, salvo improbabili imprevisti, ci siamo garantiti ancora alcuni anni di tranquillità da questo punto di vista.

Questi due passaggi ravvicinati, però, ci ricordano che non dobbiamo sottovalutare il rischio. Nel breve periodo temporale un impatto è effettivamente estremamente improbabile, come testimonia la classifica stilata dalla NASA degli oggetti attualmente più pericolosi. Molto improbabile, ma non come ci si potrebbe aspettare. Sapete qual è la probabilità di vincere al superenalotto? 1,6e-9, ben 1000 volte più improbabile dell'impatto dei primi quattro asteroidi della lista.
Proprio come in una lotteria, non importa quanto sia difficile vincere, prima o poi a qualcuno toccherà. Ne sanno qualcosa i dinosauri che 65 milioni di anni fa si sono estinti proprio perché un masso di qualche chilometro ha vinto la lotteria che prevedeva come premio un tuffo in un oceano terrestre!


Gli asteroidi che si trovano a passare vicino all'orbita della Terra vengono definiti NEO.
Come suggerisce eloquentemente il termine inglese: Near Earth Objects, (oggetti vicini alla Terra), questa classe di asteroidi è tenuta sotto stretta osservazione perché possono portarsi fino a pochi milioni di chilometri dall'orbita terrestre. Sebbene possa sembrarci elevata, una distanza di questo tipo in astronomia è veramente piccola.
In questa classe ci sono gli asteroidi più cattivi, denominati PHA: Potentially Hazardous Asteroids (asteroidi potenzialmente pericolosi), costituita da tutte quelle rocce spaziali di dimensioni maggiori di 50 metri che durante la loro orbita si possono avvicinare a meno di 7,5 milioni di chilometri dall'orbita del nostro pianeta, venendone quindi influenzati dal campo gravitazionale.
Questa classe è monitorata con particolare attenzione al fine di prevedere, quindi evitare, un eventuale impatto che potrebbe causare molti danni alla vita sulla Terra.
Fino a questo momento si conoscono ben 1287 asteroidi potenzialmente pericolosi, ma nessuno di questi, fortunatamente, è in rotta di collisione con la Terra almeno per i prossimi 100 anni.
Il problema, casomai, è rappresentato da tutti quei corpi che ancora non conosciamo (e ce ne sono molti). Proprio per questo motivo è necessario potenziare la rete di scoperta e monitoraggio di questi temibili proiettili cosmici.