Questo post è estratto dal mio libro I colori dell'Universo
Nel cielo notturno le stelle sembrano essere ovunque, anzi, sembrano essere gli unici abitanti dell’Universo. È una visione superficiale, da parte di chi l’Universo ancora non lo conosce o, peggio, non ha intenzione di conoscerlo. È vero, però, che le stelle sono gli oggetti più evidenti dei nostri cieli, se escludiamo la Luna e il Sole. Tranne qualche eccezione, a occhio nudo tutte ci appaiono bianche, ma nella realtà le stelle bianche sono una piccola frazione dell’Universo. Con un telescopio le cose migliorano molto, soprattutto se puntiamo le più luminose. Sebbene siano così lontane da non poter essere ingrandite con nessuno strumento, quindi ci appariranno sempre come dei punti, le stelle sono gli unici oggetti esterni al Sistema Solare che regalano tonalità meravigliose all’occhio.
Nel cielo notturno le stelle sembrano essere ovunque, anzi, sembrano essere gli unici abitanti dell’Universo. È una visione superficiale, da parte di chi l’Universo ancora non lo conosce o, peggio, non ha intenzione di conoscerlo. È vero, però, che le stelle sono gli oggetti più evidenti dei nostri cieli, se escludiamo la Luna e il Sole. Tranne qualche eccezione, a occhio nudo tutte ci appaiono bianche, ma nella realtà le stelle bianche sono una piccola frazione dell’Universo. Con un telescopio le cose migliorano molto, soprattutto se puntiamo le più luminose. Sebbene siano così lontane da non poter essere ingrandite con nessuno strumento, quindi ci appariranno sempre come dei punti, le stelle sono gli unici oggetti esterni al Sistema Solare che regalano tonalità meravigliose all’occhio.
Stelle colorate nell'ammasso aperto M44 |
Ogni stella ha infatti
un colore e ogni colore, nell’Universo, ha un significato ben preciso. I colori
delle stelle dipendono dalla temperatura del loro strato superficiale, proprio
come accade a un pezzo di metallo riscaldato. Entrambi gli oggetti, per quanto
differenti, obbediscono alle medesime leggi della fisica, in particolare alla
legge di corpo nero, la quale afferma che ogni oggetto emette radiazione
elettromagnetica la cui lunghezza d’onda di picco dipende unicamente dalla
temperatura. In un linguaggio più semplice, riferendoci alle frequenze visibili
all’occhio, si può affermare che ogni oggetto sufficientemente denso,
riscaldato, non importa da quali processi, emette una luce il cui colore
dipende dalla temperatura. Le stelle rosse sono fredde, circa 3500°C, quelle
blu caldissime, oltre 35000°C. Osservando quindi i colori delle stelle nelle
fotografie possiamo subito fare una stima abbastanza accurata della loro
temperatura superficiale, senza aver bisogno di un poco pratico termometro da
utilizzare in loco.
Le stelle,
inoltre, ci comunicano anche qualcosa di molto importante in merito alle
distanze dell’Universo. Ogni piccolo punto visibile nelle foto successive è una
stella. Anche il Sole è una stella, eppure ci appare miliardi di volte più
luminoso di tutte le altre. Se il vero aspetto di una stella è quello di un
oggetto non solo estremamente caldo ma incredibilmente luminoso, quanto devono
essere lontane tutte le altre da apparire tanto deboli a confronto? È una
domanda che nasce spontaneamente quando si ha l’abitudine di soffermarsi a
pensare a ciò che si osserva, invece di limitarsi a un superficiale sguardo. La
risposta, possiamo immaginarlo tutti, è sconvolgente: le stelle devono essere
milioni, persino miliardi di volte più lontane del Sole. Ecco dunque che
dall’osservazione di questi punti colorati possiamo regalarci un primo, serio
brivido di consapevolezza, perché abbiamo iniziato a farci un’idea delle immani
distanze dell’Universo.
La stella più
vicina non si può osservare dalle nostre latitudini. Si chiama Proxima Centauri
e dista circa 40 mila miliardi di chilometri. Gran parte delle stelle che si vedono
nelle fotografie a grande campo distano tra 80 mila e 10 milioni di miliardi di
chilometri. È ben evidente come l’unità di misura del chilometro non sia
particolarmente indicata per misurare le distanze astronomiche, per questo
motivo è stato definito l’anno luce. Questo è la distanza che la luce percorre
in un anno nel vuoto quasi perfetto dello spazio. Viaggiando a quasi 300 mila
chilometri al secondo, ovvero un miliardo di chilometri l’ora, un raggio di
luce in un anno copre la straordinaria distanza di 9 mila e 500 miliardi di
chilometri. Sono velocità e distanze folli per la nostra limitata esperienza su
questo pianeta, la cui circonferenza è di appena 40 mila chilometri, che
verrebbero percorsi in poco più di un decimo di secondo dalla luce.
Comprendere il
significato più ampio dell’anno luce equivale senza alcun dubbio a spalancare
la porta su una delle più assurde e contro intuitive esperienze che possiamo
fare osservando l’Universo. La velocità della luce, infatti, è la massima
possibile nell’intero Universo. Non l’abbiamo decisa noi a tavolino, è stata la
Natura. Noi, in quanto scienziati, ci limitiamo a osservare e a scoprire le
regole che la Natura ha deciso per il suo funzionamento. Non sappiamo il
perché, ma la velocità della luce non si può in alcun modo superare. Per questo
motivo, qualsiasi informazione riceviamo dai corpi celesti che osserviamo, sia
essa radiazione elettromagnetica, onde gravitazionali o particelle cariche, può
viaggiare al massimo alla velocità della luce. Di conseguenza, noi possiamo
osservare tutti i corpi celesti e gli eventi dell’Universo com’erano in un
passato che corrisponde al tempo impiegato dalla luce a raggiungerci. Proxima
Centauri, distante 4.3 anni luce, la stiamo osservando come era 4.3 anni fa e
non c’è modo di capire com’è ora, nel nostro stesso istante. L’Universo,
quindi, è una macchina del tempo che ci permette di vedere nel nostro presente
il suo passato, tanto remoto quanto più ci allontaniamo dalla nostra casa. È il
passato per loro, ma è presente per noi e di certo non è meno reale di quello
che accade fuori dall’uscio della nostra porta.
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