lunedì 4 dicembre 2017

Osserviamo le stelle per capire la meraviglia dell'Universo

Questo post è estratto dal mio libro I colori dell'Universo

Nel cielo notturno le stelle sembrano essere ovunque, anzi, sembrano essere gli unici abitanti dell’Universo. È una visione superficiale, da parte di chi l’Universo ancora non lo conosce o, peggio, non ha intenzione di conoscerlo. È vero, però, che le stelle sono gli oggetti più evidenti dei nostri cieli, se escludiamo la Luna e il Sole. Tranne qualche eccezione, a occhio nudo tutte ci appaiono bianche, ma nella realtà le stelle bianche sono una piccola frazione dell’Universo. Con un telescopio le cose migliorano molto, soprattutto se puntiamo le più luminose. Sebbene siano così lontane da non poter essere ingrandite con nessuno strumento, quindi ci appariranno sempre come dei punti, le stelle sono gli unici oggetti esterni al Sistema Solare che regalano tonalità meravigliose all’occhio.

Stelle colorate nell'ammasso aperto M44
Ogni stella ha infatti un colore e ogni colore, nell’Universo, ha un significato ben preciso. I colori delle stelle dipendono dalla temperatura del loro strato superficiale, proprio come accade a un pezzo di metallo riscaldato. Entrambi gli oggetti, per quanto differenti, obbediscono alle medesime leggi della fisica, in particolare alla legge di corpo nero, la quale afferma che ogni oggetto emette radiazione elettromagnetica la cui lunghezza d’onda di picco dipende unicamente dalla temperatura. In un linguaggio più semplice, riferendoci alle frequenze visibili all’occhio, si può affermare che ogni oggetto sufficientemente denso, riscaldato, non importa da quali processi, emette una luce il cui colore dipende dalla temperatura. Le stelle rosse sono fredde, circa 3500°C, quelle blu caldissime, oltre 35000°C. Osservando quindi i colori delle stelle nelle fotografie possiamo subito fare una stima abbastanza accurata della loro temperatura superficiale, senza aver bisogno di un poco pratico termometro da utilizzare in loco.

Le stelle, inoltre, ci comunicano anche qualcosa di molto importante in merito alle distanze dell’Universo. Ogni piccolo punto visibile nelle foto successive è una stella. Anche il Sole è una stella, eppure ci appare miliardi di volte più luminoso di tutte le altre. Se il vero aspetto di una stella è quello di un oggetto non solo estremamente caldo ma incredibilmente luminoso, quanto devono essere lontane tutte le altre da apparire tanto deboli a confronto? È una domanda che nasce spontaneamente quando si ha l’abitudine di soffermarsi a pensare a ciò che si osserva, invece di limitarsi a un superficiale sguardo. La risposta, possiamo immaginarlo tutti, è sconvolgente: le stelle devono essere milioni, persino miliardi di volte più lontane del Sole. Ecco dunque che dall’osservazione di questi punti colorati possiamo regalarci un primo, serio brivido di consapevolezza, perché abbiamo iniziato a farci un’idea delle immani distanze dell’Universo.

La stella più vicina non si può osservare dalle nostre latitudini. Si chiama Proxima Centauri e dista circa 40 mila miliardi di chilometri. Gran parte delle stelle che si vedono nelle fotografie a grande campo distano tra 80 mila e 10 milioni di miliardi di chilometri. È ben evidente come l’unità di misura del chilometro non sia particolarmente indicata per misurare le distanze astronomiche, per questo motivo è stato definito l’anno luce. Questo è la distanza che la luce percorre in un anno nel vuoto quasi perfetto dello spazio. Viaggiando a quasi 300 mila chilometri al secondo, ovvero un miliardo di chilometri l’ora, un raggio di luce in un anno copre la straordinaria distanza di 9 mila e 500 miliardi di chilometri. Sono velocità e distanze folli per la nostra limitata esperienza su questo pianeta, la cui circonferenza è di appena 40 mila chilometri, che verrebbero percorsi in poco più di un decimo di secondo dalla luce.


Comprendere il significato più ampio dell’anno luce equivale senza alcun dubbio a spalancare la porta su una delle più assurde e contro intuitive esperienze che possiamo fare osservando l’Universo. La velocità della luce, infatti, è la massima possibile nell’intero Universo. Non l’abbiamo decisa noi a tavolino, è stata la Natura. Noi, in quanto scienziati, ci limitiamo a osservare e a scoprire le regole che la Natura ha deciso per il suo funzionamento. Non sappiamo il perché, ma la velocità della luce non si può in alcun modo superare. Per questo motivo, qualsiasi informazione riceviamo dai corpi celesti che osserviamo, sia essa radiazione elettromagnetica, onde gravitazionali o particelle cariche, può viaggiare al massimo alla velocità della luce. Di conseguenza, noi possiamo osservare tutti i corpi celesti e gli eventi dell’Universo com’erano in un passato che corrisponde al tempo impiegato dalla luce a raggiungerci. Proxima Centauri, distante 4.3 anni luce, la stiamo osservando come era 4.3 anni fa e non c’è modo di capire com’è ora, nel nostro stesso istante. L’Universo, quindi, è una macchina del tempo che ci permette di vedere nel nostro presente il suo passato, tanto remoto quanto più ci allontaniamo dalla nostra casa. È il passato per loro, ma è presente per noi e di certo non è meno reale di quello che accade fuori dall’uscio della nostra porta.

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