Tutti le cercano, da decine di anni ormai. Nessuno (o quasi) crede che
non esistano ma fino a questo momento non se ne sono avute tracce dirette. Sono
le ormai celebri onde gravitazionali, previste da Einstein nel 1916 nel suo
trattato sulla relatività generale, tanto importanti per l’astrofisica quanto,
in apparenza, sfuggenti.
Alcuni degli esperimenti più grandi, letteralmente, degli ultimi anni
hanno coinvolto la costruzione di giganteschi e sofisticatissimi apparati per
la rivelazione diretta delle onde gravitazionali.
Su questo campo di battaglia scientifico si contrappongono Americani ed
Europei, con l’Italia in prima fila.
Gli esperimenti a terra coinvolgono due strutture sofisticatissime: da
una parte l’esperimento americano LIGO, dall’altra quello europeo, su suolo
italiano, VIRGO, che ora è gestito dal consorzio EGO. Se parliamo di spazio,
l’Europa sembra avere una marcia in più perché lo scorso 3 Dicembre ha lanciato
nello spazio la sonda LISA Pathfinder, precursore della missione eLISA che
rappresenterà l’esperimento su scala più grande mai portato avanti,
sviluppandosi su tre lati di un triangolo estesi per ben 5 milioni di chilometri.
VIRGO e LIGO, per ora gli esperimenti con maggiori possibilità di
rivelazione, si stanno dando battaglia da più di 10 anni ma il debole segnale
delle onde gravitazionali non è stato ancora rivelato.
Le cose, tuttavia, potrebbero presto cambiare.
Nella realtà e soprattutto nella scienza, una notizia è tale solo se è
verificabile e spiegata (calcoli alla mano) con grande dettaglio. Tutto il
resto sono pettegolezzi o, usando un termine più soft preso in prestito dalla
lingua inglese, rumors, ovvero voci.
Di solito non mi occupo mai di riportare voci di corridoio, ma questa
volta faccio un’eccezione perché le voci sembrano provenire da fonti
indipendenti e si rincorrono ormai da diverse settimane.
Circa un mese fa, poco prima della partenza di
LISA Pathfinder, alcune fonti italiane direttamente coinvolte nella ricerca di onde
gravitazionali mi hanno confidato che qualcosa di importante stava accadendo. Si vociferava, in via del tutto confidenziale, non di una ma di ben due
possibili rivelazioni, che avrebbero dovuto essere sottoposte a tutte le
numerose verifiche del caso e che l’operazione avrebbe richiesto diverse
settimane, se non mesi. Ricordo nitidamente i sorrisi soddisfatti mal celati e le parole che
avrebbero voluto fluire come un fiume in piena ma che non potevano per mille
ragioni, tutte condivisibili. Non riuscii a ottenere più informazioni e anche
se ci fossi riuscito l’etica professionale e il rispetto per chi ha dedicato
una vita a questi studi mi avrebbero impedito di dire più di quanto sto
dicendo ora.
Un paio di giorni fa il cosmologo e autore Lawrence
M. Krauss, una persona che ha sicuramente contatti più vasti dei miei, ha
riportato le stesse indiscrezioni che arrivarono a me più di un
mese fa. Se è vero che sui pettegolezzi non ci si può costruire una storia
vera, questa volta potrebbe esserci davvero qualcosa sotto: quando infatti
trapelano due indiscrezioni identiche e indipendenti, a distanza temporale di
oltre un mese, separate da decine di migliaia di chilometri ed entrambe
originatesi da ricercatori che lavorano nel campo, qualcosa sotto di concreto
potrebbe esserci davvero.
Perché tanto fermento? Perché sta nascendo una storia degna dei gossip
che di solito non orbitano attorno a questioni di fisica ma sono più tipici di
situazioni di ben più bassa caratura culturale?
Perché rivelare le onde gravitazionali vorrebbe dire scrivere una
pagina importantissima per la fisica e l’astrofisica e come minimo
assicurerebbe il premio nobel al gruppo che ci riuscirà per primo. Sarebbe
anche il giusto coronamento a uno sforzo tecnologico, scientifico ed economico
che nella scienza ha pochi precedenti, e allo stesso tempo rappresenterebbe una
spettacolare prospettiva per indagare i tanti fenomeni ancora oscuri
dell’Universo. Insomma, rivelare le onde gravitazionali avrebbe la stessa
portata di quello che successe con l’invenzione del cannocchiale e l’inizio delle
osservazioni astronomiche: oltre 400 anni di enorme sviluppo scientifico e, di
conseguenza, anche tecnologico.
Il
mio ruolo impone estrema prudenza. Il fatto che le voci di
corridoio sembrino convergere verso un esito positivo è una buona
notizia, ma non c'è altro su cui basarci. Avendo parlato con i
ricercatori e avendo visto le loro espressioni, la mia sensazione è che LIGO,
che recentemente è stato reso più potente, abbia effettivamente rivelato qualcosa per la
prima volta e ora si stia cercando di capire, con estrema calma e razionalità,
se quei segnali possano essere associati davvero alle onde gravitazionali.
C'è però anche un'altra interpretazione possibile: la spietata
concorrenza tra americani ed europei, che potrebbe alzare i toni dello
"scontro" con la creazione di rumors falsi ad hoc per destabilizzare il
concorrente. Il consiglio, quindi, è di stare con i piedi ben piantati
per terra. Vale la pena ricordare che affermazioni straordinarie
richiedono prove
altrettanto straordinarie e straordinariamente solide. Nella storia
recente
clamoroso è stato, ad esempio, il dietrofront del gruppo di ricerca
italiano
che affermò di avere scoperto che alcuni neutrini viaggiavano più veloci
della
luce. Alla fine si scoprì che era stato un problema con la
sincronizzazione dei
temporizzatori dei computer e i neutrini tornarono a obbedire alla
teoria della
relatività speciale (per fortuna!). Quando si utilizzano strumenti
complicatissimi e ci si spinge verso limiti che nessun essere umano ha
mai
affrontato, la possibilità di sbagliare si fa sempre più forte perché
non si
conoscono ancora gli eventuali problemi ed errori che potrebbero
sorgere. E
d’altra parte non potrebbe essere altrimenti: qualsiasi esploratore, per
definizione, sonda territori mai esplorati e non è detto che sul suo
percorso
possa incontrare solo ciò che si aspetterebbe di vedere, anzi, la sua
bravura è
proprio quella di riuscire a capire le sconosciute trappole che
inevitabilmente
incontrerà sul suo cammino.
La fretta, nella scienza, è sempre una pessima consigliera e noi dobbiamo essere assolutamente sicuri delle affermazioni
che facciamo. Per ora, quindi, prendiamo questi rumors come l’antipasto di
qualcosa, di una scoperta epocale per la scienza, che prima o poi arriverà.
Potrebbe non essere questa volta, ma è comunque inevitabile, almeno finché
esisterà un gruppo di sognatori che porterà i propri sguardi e i propri
desideri nell’immensità dello spazio che ci circonda.
Un piccolo approfondimento sulle onde gravitazionali
Nel 1916, proprio cento anni fa, Albert Einstein terminò la
stesura della teoria della relatività generale, a completamento di un lavoro
iniziato oltre 10 anni prima con l’enunciazione della teoria della relatività
speciale. La complessità dell’argomento non mi permette di trattarlo in queste
pagine, dedicate invece alla sfida, tutta tecnologica, nel rivelare un
particolare tipo di onde previste da Einstein, ma ancora mai osservate
direttamente a causa di evidenti limiti tecnologici.
La ricerca delle onde gravitazionali è uno dei campi dell’astrofisica su
cui si sono investite maggiori risorse, la cui scoperta potrebbe rivoluzionare
e migliorare moltissimo le nostre conoscenze dell’Universo.
Che cos’è un’onda gravitazionale? Immaginiamo di prendere un oggetto
molto massiccio, concentrato e totalmente neutro, come una stella di neutroni,
e di farlo oscillare attorno a una posizione di equilibrio, avanti e indietro
con un certo periodo. Poniamoci in un punto qualsiasi dello spazio e cerchiamo
di misurare il campo gravitazionale prodotto da questo oggetto che oscilla.
L’oscillazione della stella di neutroni produce delle variazioni
periodiche del campo gravitazionale con una frequenza uguale a quella
dell’oscillazione. In altre parole, poiché il campo dipende dalla distanza, se
questa varia nel tempo perché la sorgente oscilla, il mio rivelatore misurerà
un’intensità che varierà nel tempo. L’informazione su come varia il campo
gravitazionale si propaga, dice Einstein, alla velocità della luce. Quindi,
forse ci siamo convinti che in un punto fissato dello spazio un osservatore
noterà che i valori del campo gravitazionale della sorgente cambiano in modo
periodico nel tempo. Abbiamo effettivamente trovato un modo per generare un’onda
gravitazionale. Siamo arrivati, senza formule ma con un semplice ragionamento, a
uno dei concetti più importanti della fisica e dell’astrofisica contemporanea:
la variazione di un campo gravitazionale dà vita a un’onda gravitazionale.
Dove troviamo un’onda gravitazionale? La ricerca delle onde
gravitazionali è in corso sin dagli anni 60, ma fino a ora, oltre a qualche
prova indiretta, non si è mai trovata la cosiddetta “pistola fumante”, ovvero
non si è mai misurata un’onda gravitazionale direttamente. Qual è il motivo di
queste difficoltà tecniche? Sostanzialmente la grande debolezza della forza di
gravità, mille miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di volte più debole
della forza elettromagnetica, quella che genera le onde elettromagnetiche. In
effetti diventa impossibile costruire in laboratorio oggetti abbastanza
massicci da produrre un campo gravitazionale talmente forte da generare onde
gravitazionali misurabili dagli attuali strumenti. Molto più semplice risulta
studiare quella moltitudine di fenomeni violenti ed esotici continuamente
prodotti dall’Universo.
Quali possono essere questi fenomeni? Candidati ideali per questo scopo
sono i sistemi doppi estremamente stretti, magari formati da stelle esotiche,
come le pulsar, o da buchi neri, oppure l’esplosione di stelle come supernovae
e la conseguente creazione di stelle di neutroni o buchi neri.
Come si rivelano le onde gravitazionali? Per capire come “catturarle”
dobbiamo comprendere che effetto producono, perché la cosa non è per niente
semplice da accettare. Le onde gravitazionali non sono altro che increspature
in questa rete chiamata spazio-tempo che permea tutto l’Universo e si propagano
alla velocità della luce. Un’analogia perfettamente calzante si può fare
considerando cosa succede quando siamo immersi in uno specchio d’acqua calmo
(un lago). Se siamo immobili la superficie dell’acqua è ferma; quando
cominciamo a muoverci, l’informazione del nostro movimento si propaga attraverso
lo specchio d’acqua con la comparsa di increspature superficiali, tanto che
questo è il meccanismo con cui i pesci percepiscono la nostra presenza. Sembra
quindi impossibile, ma le onde gravitazionali possono essere pensate in modo
simile: quando qualcosa disturba il tessuto spazio-temporale, le informazioni
del nuovo assetto si propagano come un’onda gravitazionale. Consideriamo ancora
lo specchio d’acqua nel quale siamo immersi e disseminiamolo di una decina di
piccole palline di polistirolo poste alla stessa distanza le une dalle altre.
Adesso muoviamoci in modo che si creino onde in superficie e osserviamo cosa
succede alle palline: le oscillazioni che compiono fanno variare
inevitabilmente la loro distanza relativa.
Sebbene con qualche dovuto distinguo, le onde gravitazionali producono
un effetto simile: increspando lo spazio-tempo come la superficie di un lago,
quindi fanno inevitabilmente variare la distanza tra due oggetti fermi gli uni
rispetto agli altri. State tranquilli, lo spostamento prodotto da un’onda
gravitazionale è infinitesimo, dell’ordine di 10-21 metri per uno spazio tipico di un metro, un milione
di volte inferiore alle dimensioni di un protone! E’ qui la sfida, tutta
tecnologica, nel rivelare questo tipo di onde, ed è proprio in questo ambito
che si può ammirare con estremo stupore il genio dell’essere umano, in grado di
concepire macchinari veramente fantascientifici.
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