Sembra
incredibile, ma in astronomia la misura delle velocità con cui ruotano e si
muovono gli oggetti può essere determinata con grandissima precisione, soprattutto se
confrontata con la bestia nera di ogni astronomo: la stima delle distanze. Una
particolare proprietà delle onde, tra cui le onde elettromagnetiche, consente
infatti una rapida misura delle velocità, almeno della componente diretta verso di noi, detta velocità radiale.
Questa
proprietà delle onde è chiamata effetto Doppler ed è sfruttata, purtroppo, anche dalle
forze dell’ordine per misurare la velocità delle nostre auto da centinaia di
metri di distanza.
L’esempio
classico per comprendere questo effetto è quello della sirena di un’ambulanza. Quando il
veicolo si avvicina verso di noi il suono è decisamente acuto. Nel momento in
cui ci sorpassa e poi si allontana, la tonalità percepita cambia radicalmente,
diventando nettamente più grave.
Questo è
l’effetto Doppler: la frequenza, o la lunghezza d’onda, di qualsiasi onda varia
a seconda della velocità relativa tra l’osservatore e la sorgente.
Con la
luce e tutte le radiazioni elettromagnetiche succede la stessa cosa, solamente
che al posto di sentire dei suoni vediamo diversi colori. Quando una
sorgente luminosa si avvicina a noi, la sua luce appare più blu di quanto non
lo sia in realtà. Gli astronomi lo chiamano blueshift, ovvero spostamento verso il blu. Quando
l’oggetto si allontana da noi (o iamo noi ad allontanarci, la velocità è sempre relativa!), la sua luce si sposta verso colori tendenti al
rosso e per questo motivo si parla di redshift.
A livello
fisico un cambio di colorazione è associato con uno spostamento dell’intera
emissione verso lunghezze d’onda più corte (bluesfhift) o lunghe (redshift),
visto che la lunghezza d’onda determina il colore percepito della luce
osservata.
Lo
spostamento, naturalmente, è tanto più evidente quanto maggiore è la velocità
tra l’osservatore e la sorgente considerata. Ecco
quindi che dallo studio dello spettro degli oggetti, ovvero della distribuzione
della luce in funzione della lunghezza d’onda, possiamo cogliere qualsiasi
piccolo spostamento rispetto a uno spettro campione che si trova fermo rispetto
a noi. Di conseguenza, attraverso una semplice formula fisica è possibile
ricavare immediatamente la velocità dell’oggetto!
Naturalmente
le cose non sono così semplici nella realtà. Ottenere degli spettri chiari e
ben leggibili è possibile solamente con sorgenti luminose o apparati enormi ed
estremamente costosi. Negli spettri, poi, occorre riconoscere delle righe in emissione o in assorbimento e capire quali elementi le hanno prodotte. Difficoltà tecniche a parte, se riusciamo a identificare una riga di un elemento conosciuto nello spettro dell'oggetto che stiamo studiando, basta annotarne la lunghezza d'onda e confrontarla con la riga prodotta dallo stesso elemento (ad esempio l'idrogeno) di un campione posto qui sulla Terra. A questo punto la velocità radiale con cui l'oggetto si muove rispetto a noi è data da:
vr
= (λoss – λlab)/λlab ∙ c
dove c = velocità della luce.
Poi, però, c’è la fase interpretativa. Si, perché attraverso
l’effetto Doppler catturiamo insieme tutti i moti della sorgente: quello della
rotazione della Terra attorno al proprio asse, della rivoluzione attorno al
Sole, del movimento del Sole nella Galassia, oltre ai movimenti della sorgente
stessa. La difficoltà maggiore è quindi quella di separare i diversi contributi
osservati, in particolare quelli dovuti al nostro pianeta.
Nel caso
della misura delle velocità di rotazione la
separazione dei diversi contributi è semplice, perché un oggetto in rotazione è simmetrico: una parte si allontana e l'altra si avicina a noi, con il centro che in teoria dovrebbe
avere rotazione nulla.
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