giovedì 17 settembre 2015

Il mio primo Saturno e l'amore per l'astronomia



Non riesco a ricordare in che modo riesplose in me la voglia di astronomia, forse solo a causa del bel tempo e delle serate trascorse a casa dei miei nonni, dove le stelle brillavano più intense e dove avevo trascorso ogni giorno dei miei primi 13 anni di vita.
Credo che in ogni persona la visione di un cielo scuro, in una calda e limpida serata estiva, lontano dalle luci artificiali, in compagnia del profumo dei fiori e del sapore unico che solo l'estate può dare, riesca a risvegliare la nostra parte ancestrale, il desiderio innato di voler conoscere e scoprire il mondo che ci circonda. Farci domande è ciò che ci ha guidato fuori dalle caverne, fin sulla Luna; spesso crediamo di non averne il tempo, la forza, il diritto perché immersi in problemi ben più grandi della vita di tutti i giorni. Purtroppo ci dimentichiamo che l'Universo e il cielo sono la vita di tutti i giorni, il contesto nel quale siamo nati e cresciuti come specie. È tutto il resto, artificiale, ipocrita e spesso senza senso, riassunto in una parola: “società”, che è venuto dopo e in un certo senso ha corrotto il nostro spirito e la nostra anima.
Tutto ciò che ci ha spinto a costruire il tessuto economico e sociale di oggi, e che ci permette di avere vite molto più agiate dei nostri antenati, è anche ciò che ci ha allontanato dallo spirito di scoperta e curiosità che ha innescato questo cambiamento unico tra tutte le specie della Terra.
Non facciamo l'errore di pensare di non aver tempo per sognare, per immaginare, per osservare il cielo, perché queste sono tutte attività fondamentali per il nostro benessere economico e soprattutto dell'anima, alla ricerca di quella parola: felicità, che dovrebbe essere l'obiettivo di ogni essere umano. E la felicità non è di certo scegliere il locale in cui ubriacarsi il sabato sera o la persona da rimorchiare per passare un paio di minuti in balia degli ormoni. Felicità è sinonimo di uno stile di vita, di un progetto, di voglia di vivere, diventando noi stessi i comandanti della nostra esistenza, non subendola passivamente come spesso, troppo spesso, accade.

Il mio primo Saturno arrivò allora per caso, durante la mia prima estate da vero astronomo dilettante, nella quale, con un astrolabio preso da un'enciclopedia settimanale chiamata “L'Universo”, cercavo di trovare le costellazioni di quel cielo scuro.
Ogni tanto usavo anche il mio telescopio, ma trovare i pianeti meno brillanti non era per niente facile perché servivano mappe aggiornate.  In un mondo, il mio, senza internet, amici astrofili, programmi per computer e tantomeno cellulari, non facile. Avrei dovuto cercare stella per stella con la speranza di trovare il mio grande obiettivo: Saturno.
Erano ormai mesi che sfogliavo quella paginetta del manuale del telescopio nella quale capeggiava una splendida foto del pianeta con gli anelli e pochi consigli per poterlo osservare al meglio. Cercai spesso in quelle serate estive ma tutte le stelle continuavano a essere dei minuscoli puntini. Dov’era finito il Signore degli Anelli?
Nei primi giorni di Agosto decisi di provare a vedere come sarebbe stato il cielo della mattina prima dell'alba. Se in prima serata non ero riuscito a osservarlo, era probabile che non fosse osservabile a quell’ora; valeva la pena provare a cambiare.
Alle 4:35, orario che da quel momento in poi sarebbe stata sempre la mia sveglia per le osservazioni all'alba, del 2 Agosto 1998 mi svegliai e andai sul balcone del mio appartamento di città per vedere il cielo di quello strano momento della notte. Ora sono consapevole che quello era un cielo come tutti gli altri ma in quel momento per me qualcosa di nuovo, completamente diverso da quello che di solito si saluta prima di andare a dormire, con un'atmosfera diversa, un profumo diverso e tanti odori tipici dell'adrenalina che ci fa desiderare qualcosa così tanto sognato.

Poco prima del sorgere del Sole, con il cielo che timidamente si rischiara verso est, anche le città sembrano luoghi incantati. Tutti dormono, le macchine non creano quel fastidioso sottofondo rumoroso, la scena è tutta di quegli impavidi uccellini che hanno deciso di coabitare con l’uomo, cinguettando sugli alberi dei parchi circondati da cemento e asfalto. L’aria di solito è ferma e d’estate si sente anche un freschino che rende difficile immaginare quale inferno di rumore e caldo diventerà quello stesso luogo qualche ora più tardi.
Senza svegliare nessuno, mi abbassai fino a quasi strisciare per passare sotto la serranda della finestra della mia camera. Il movimento ginnico mi costrinse a guardare all’insù prima ancora che il resto del corpo avesse varcato la soglia. Subito vidi un cielo diverso, dominato da due astri. Il più luminoso, ormai altissimo nel cielo, era di sicuro Giove, ormai non avevo più alcun dubbio. L’altra stella, invece, a sinistra di Giove e circa alla stessa altezza, non avevo idea di cosa fosse.
In un silenzio surreale mi avvicinai al telescopio che avevo già posizionato la sera e puntai subito l’astro più luminoso per capire avevo ragione. Era proprio Giove; bellissimo, luminosissimo, con i satelliti ben visibili e brillanti, ancora più spettacolare di quanto lo ricordassi.
Ma non riuscii a godermi la visione perché il mio obiettivo era un altro e prima o poi ci sarei riuscito a trovarlo!
Senza troppo pensare  ripresi a cercare saturno con lo stesso metodo con cui non l’avevo trovato di sera: di stella in stella, a cominciare dalle più brillanti perché pensavo non fosse poi così tanto debole. Indirizzai allora il telescopio verso quell’altra stellina che, seppur molto più debole di Giove, era il secondo astro più brillante di quella porzione di cielo che potevo ammirare. Quell’operazione così normale per tutti gli appassionati di astronomia, che si ripete decine di volte ogni notte e che ormai alcuni considerano così noiosa da lasciarla fare ai computer, si rivelò per me il più importante viaggio che feci alla scoperta di me stesso e di quello che sarebbe stato della mia vita.

Pochi secondi per il resto del mondo, anni luce per me e il mio essere, mi proiettarono verso la visione più bella che ebbi mai avuto e, forse, la più bella in assoluto. Quella stella nel cielo non era una stella, era Saturno!
Con l’oculare che mi dava solo 25 ingrandimenti riuscivo già a vedere qualcosa che non mi sarei mai aspettato. Spesso ci si informa, si legge, si immagina come potrebbe essere qualcosa che si desidera vedere per così tanto tempo, ma non si può arrivare mai preparati ai grandi eventi, ed è un bene, perché regalano scariche di emozioni che niente può imitare. Vuol dire che siamo ancora capaci di emozionarci, a prescindere dall’età, da quante avventure abbiamo vissuto, da dove siamo e da quanto è stata dura la nostra vita. Siamo, ancora, esseri umani nella definizione più potente: creature coscienti in grado di provare emozioni fortissime.
Quel piccolo dischetto fluttuante nello spazio mi stregò. Restai a bocca aperta, in silenzio, come se all’improvviso il tempo fosse stato rallentato, i suoni silenziati, il mio cuore accelerato. Cambiai subito oculare arrivando al massimo che potevo, 70 ingrandimenti, e la visione me la porterò per sempre dentro di me. Anche adesso, scrivendo queste righe, io vedo la più bella foto di Saturno che abbia mai scattato e visto. Non è su carta, non è sul freddo schermo di un computer; è dentro di me ed è arricchita da una montagna di sensazioni che nessuna macchina fotografica può catturare. L’attimo, quell’attimo indescrivibile non può che essere fotografato con la mente e fissato in cima a una scatola di sensazioni che renderanno quell’esperienza unica. Unico il momento, unica l’immagine personale che ognuno di noi si terrà stretta come il più grande tesoro mai esistito.

Non so quanto tempo passò; so solo che quando riuscii per un attimo a staccarmi dall’oculare il cielo era già chiaro. Saturno, i suoi anelli, erano lì di fronte a me, a più di un miliardo di chilometri di distanza e io cercavo di far mie quelle distanze e rifiutare l’idea che il mio cervello continuava latente a suggerirmi, cioè quella di un quadro piccolo, un dipinto osservato a pochi metri di distanza.
No, la perfezione non ha bisogno di piccole dimensioni, di scale spaziali umane né della nostra mano artistica: la perfezione, la meraviglia può essere 10 volte più grande della Terra, avere anelli larghi quanto la distanza Terra-Luna, così regolari e perfetti che non si capisce come siano fatti. La perfezione, quella vera, è nell’Universo, e noi possiamo solo cercare di usare la nostra mente per provare a replicarla, attraverso l’arte, su scale più piccole. Siamo un po’ come dei miniaturizzatori: osserviamo gli enormi spazi dell’Universo, anche senza un telescopio, perché in realtà tutto ciò è già scritto nei nostri atomi, e attraverso l’arte cerchiamo di riprodurre tale bellezza, spesso ignorandone l’origine.
Quella mattina, dall’emozione svegliai mia madre e la invitai a osservare quel pianeta che si era fatto desiderare per così tanto tempo. “Mamma, l’ho trovato, vieni a vedere!” E lei, senza nemmeno una smorfia di disappunto per averla svegliata alle 5 di mattina, con il pigiama venne a condividere con me sul balcone quella visione tanto cercata, al punto che l’emozione assalì anche lei con un’espressione di meraviglia ancora ben nitida nella mia mente.

Con il Sole che ormai stava per cancellare tutto, decidemmo di tornare dentro e io provai ad addormentarmi. Ci riuscii forse solo qualche ora più tardi, quando la mia mente si placò quel tanto che bastò per decidere di farmi sognare quegli anelli così perfetti. Ce l’avevo fatta. E lo sapevo già: il mio cammino nell’astronomia era ora ufficialmente iniziato e non l’avrei mai più abbandonato. Fu proprio così.
Quel ragazzino meravigliato e sognatore avrebbe affrontato il  liceo, le prime cotte, la nascita della barba, gli amici, lo sport. Sarebbe cresciuto, anche se non tanto, in altezza, avrebbe comprato telescopi sempre più potenti, si sarebbe iscritto al corso di laurea in astronomia, abbandonando a 19 anni la propria città per andare a vivere da solo a Bologna. Si sarebbe fatto nuovi amici, avrebbe affrontato tante altre avventure, moltissime difficoltà, si sarebbe laureato, avrebbe iniziato a scrivere libri e a raccontare agli altri quanto può essere bella una vita vissuta cercando di soddisfare le proprie passioni e i propri sogni, qualunque essi siano.
L’unica paura che ogni tanto mi assale è non vivere abbastanza a lungo per tutto quello di meraviglioso che vorrei fare e vedere!

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