Non riesco a ricordare in
che modo riesplose in me la voglia di astronomia, forse solo a causa del bel
tempo e delle serate trascorse a casa dei miei nonni, dove le stelle brillavano
più intense e dove avevo trascorso ogni giorno dei miei primi 13 anni di vita.
Credo che in ogni persona la
visione di un cielo scuro, in una calda e limpida serata estiva, lontano dalle
luci artificiali, in compagnia del profumo dei fiori e del sapore unico che
solo l'estate può dare, riesca a risvegliare la nostra parte ancestrale, il
desiderio innato di voler conoscere e scoprire il mondo che ci circonda. Farci
domande è ciò che ci ha guidato fuori dalle caverne, fin sulla Luna; spesso
crediamo di non averne il tempo, la forza, il diritto perché immersi in
problemi ben più grandi della vita di tutti i giorni. Purtroppo ci
dimentichiamo che l'Universo e il cielo sono la vita di tutti i giorni, il
contesto nel quale siamo nati e cresciuti come specie. È tutto il resto,
artificiale, ipocrita e spesso senza senso, riassunto in una parola: “società”,
che è venuto dopo e in un certo senso ha corrotto il nostro spirito e la nostra
anima.
Tutto ciò che ci ha spinto a
costruire il tessuto economico e sociale di oggi, e che ci permette di avere
vite molto più agiate dei nostri antenati, è anche ciò che ci ha allontanato
dallo spirito di scoperta e curiosità che ha innescato questo cambiamento unico
tra tutte le specie della Terra.
Non facciamo l'errore di
pensare di non aver tempo per sognare, per immaginare, per osservare il cielo,
perché queste sono tutte attività fondamentali per il nostro benessere
economico e soprattutto dell'anima, alla ricerca di quella parola: felicità,
che dovrebbe essere l'obiettivo di ogni essere umano. E la felicità non è di
certo scegliere il locale in cui ubriacarsi il sabato sera o la persona da
rimorchiare per passare un paio di minuti in balia degli ormoni. Felicità è
sinonimo di uno stile di vita, di un progetto, di voglia di vivere, diventando
noi stessi i comandanti della nostra esistenza, non subendola passivamente come
spesso, troppo spesso, accade.
Il mio primo Saturno arrivò
allora per caso, durante la mia prima estate da vero astronomo dilettante,
nella quale, con un astrolabio preso da un'enciclopedia settimanale chiamata
“L'Universo”, cercavo di trovare le costellazioni di quel cielo scuro.
Ogni tanto usavo anche il
mio telescopio, ma trovare i pianeti meno brillanti non era per niente facile
perché servivano mappe aggiornate. In un
mondo, il mio, senza internet, amici astrofili, programmi per computer e
tantomeno cellulari, non facile. Avrei dovuto cercare stella per stella con la
speranza di trovare il mio grande obiettivo: Saturno.
Erano ormai mesi che
sfogliavo quella paginetta del manuale del telescopio nella quale capeggiava
una splendida foto del pianeta con gli anelli e pochi consigli per poterlo
osservare al meglio. Cercai spesso in quelle serate estive ma tutte le stelle
continuavano a essere dei minuscoli puntini. Dov’era finito il Signore degli
Anelli?
Nei primi giorni di Agosto
decisi di provare a vedere come sarebbe stato il cielo della mattina prima
dell'alba. Se in prima serata non ero riuscito a osservarlo, era probabile che
non fosse osservabile a quell’ora; valeva la pena provare a cambiare.
Alle 4:35, orario che da
quel momento in poi sarebbe stata sempre la mia sveglia per le osservazioni
all'alba, del 2 Agosto 1998
mi svegliai e andai sul balcone del mio appartamento di
città per vedere il cielo di quello strano momento della notte. Ora sono
consapevole che quello era un cielo come tutti gli altri ma in quel momento per
me qualcosa di nuovo, completamente diverso da quello che di solito si saluta
prima di andare a dormire, con un'atmosfera diversa, un profumo diverso e tanti
odori tipici dell'adrenalina che ci fa desiderare qualcosa così tanto sognato.
Poco prima del sorgere del
Sole, con il cielo che timidamente si rischiara verso est, anche le città
sembrano luoghi incantati. Tutti dormono, le macchine non creano quel
fastidioso sottofondo rumoroso, la scena è tutta di quegli impavidi uccellini
che hanno deciso di coabitare con l’uomo, cinguettando sugli alberi dei parchi
circondati da cemento e asfalto. L’aria di solito è ferma e d’estate si sente
anche un freschino che rende difficile immaginare quale inferno di rumore e
caldo diventerà quello stesso luogo qualche ora più tardi.
Senza svegliare nessuno, mi
abbassai fino a quasi strisciare per passare sotto la serranda della finestra
della mia camera. Il movimento ginnico mi costrinse a guardare all’insù prima
ancora che il resto del corpo avesse varcato la soglia. Subito vidi un cielo
diverso, dominato da due astri. Il più luminoso, ormai altissimo nel cielo, era
di sicuro Giove, ormai non avevo più alcun dubbio. L’altra stella, invece, a
sinistra di Giove e circa alla stessa altezza, non avevo idea di cosa fosse.
In un silenzio surreale mi
avvicinai al telescopio che avevo già posizionato la sera e puntai subito
l’astro più luminoso per capire avevo ragione. Era proprio Giove; bellissimo,
luminosissimo, con i satelliti ben visibili e brillanti, ancora più
spettacolare di quanto lo ricordassi.
Ma non riuscii a godermi la
visione perché il mio obiettivo era un altro e prima o poi ci sarei riuscito a
trovarlo!
Senza troppo pensare ripresi a cercare saturno con lo stesso metodo
con cui non l’avevo trovato di sera: di stella in stella, a cominciare dalle
più brillanti perché pensavo non fosse poi così tanto debole. Indirizzai allora
il telescopio verso quell’altra stellina che, seppur molto più debole di Giove,
era il secondo astro più brillante di quella porzione di cielo che potevo
ammirare. Quell’operazione così normale per tutti gli appassionati di
astronomia, che si ripete decine di volte ogni notte e che ormai alcuni
considerano così noiosa da lasciarla fare ai computer, si rivelò per me il più
importante viaggio che feci alla scoperta di me stesso e di quello che sarebbe
stato della mia vita.
Pochi secondi per il resto
del mondo, anni luce per me e il mio essere, mi proiettarono verso la visione
più bella che ebbi mai avuto e, forse, la più bella in assoluto. Quella stella
nel cielo non era una stella, era Saturno!
Con l’oculare che mi dava
solo 25 ingrandimenti riuscivo già a vedere qualcosa che non mi sarei mai
aspettato. Spesso ci si informa, si legge, si immagina come potrebbe essere
qualcosa che si desidera vedere per così tanto tempo, ma non si può arrivare
mai preparati ai grandi eventi, ed è un bene, perché regalano scariche di
emozioni che niente può imitare. Vuol dire che siamo ancora capaci di
emozionarci, a prescindere dall’età, da quante avventure abbiamo vissuto, da
dove siamo e da quanto è stata dura la nostra vita. Siamo, ancora, esseri umani
nella definizione più potente: creature coscienti in grado di provare emozioni
fortissime.
Quel piccolo dischetto fluttuante
nello spazio mi stregò. Restai a bocca aperta, in silenzio, come se
all’improvviso il tempo fosse stato rallentato, i suoni silenziati, il mio
cuore accelerato. Cambiai subito oculare arrivando al massimo che potevo, 70
ingrandimenti, e la visione me la porterò per sempre dentro di me. Anche
adesso, scrivendo queste righe, io vedo la più bella foto di Saturno che abbia
mai scattato e visto. Non è su carta, non è sul freddo schermo di un computer;
è dentro di me ed è arricchita da una montagna di sensazioni che nessuna
macchina fotografica può catturare. L’attimo, quell’attimo indescrivibile non
può che essere fotografato con la mente e fissato in cima a una scatola di
sensazioni che renderanno quell’esperienza unica. Unico il momento, unica
l’immagine personale che ognuno di noi si terrà stretta come il più grande
tesoro mai esistito.
Non so quanto tempo passò;
so solo che quando riuscii per un attimo a staccarmi dall’oculare il cielo era
già chiaro. Saturno, i suoi anelli, erano lì di fronte a me, a più di un
miliardo di chilometri di distanza e io cercavo di far mie quelle distanze e
rifiutare l’idea che il mio cervello continuava latente a suggerirmi, cioè
quella di un quadro piccolo, un dipinto osservato a pochi metri di distanza.
No, la perfezione non ha
bisogno di piccole dimensioni, di scale spaziali umane né della nostra mano
artistica: la perfezione, la meraviglia può essere 10 volte più grande della
Terra, avere anelli larghi quanto la distanza Terra-Luna, così regolari e
perfetti che non si capisce come siano fatti. La perfezione, quella vera, è
nell’Universo, e noi possiamo solo cercare di usare la nostra mente per provare
a replicarla, attraverso l’arte, su scale più piccole. Siamo un po’ come dei
miniaturizzatori: osserviamo gli enormi spazi dell’Universo, anche senza un
telescopio, perché in realtà tutto ciò è già scritto nei nostri atomi, e
attraverso l’arte cerchiamo di riprodurre tale bellezza, spesso ignorandone
l’origine.
Quella mattina,
dall’emozione svegliai mia madre e la invitai a osservare quel pianeta che si
era fatto desiderare per così tanto tempo. “Mamma, l’ho trovato, vieni a
vedere!” E lei, senza nemmeno una smorfia di disappunto per averla svegliata
alle 5 di mattina, con il pigiama venne a condividere con me sul balcone quella
visione tanto cercata, al punto che l’emozione assalì anche lei con
un’espressione di meraviglia ancora ben nitida nella mia mente.
Con il Sole che ormai stava
per cancellare tutto, decidemmo di tornare dentro e io provai ad addormentarmi.
Ci riuscii forse solo qualche ora più tardi, quando la mia mente si placò quel
tanto che bastò per decidere di farmi sognare quegli anelli così perfetti. Ce
l’avevo fatta. E lo sapevo già: il mio cammino nell’astronomia era ora
ufficialmente iniziato e non l’avrei mai più abbandonato. Fu proprio così.
Quel ragazzino meravigliato
e sognatore avrebbe affrontato il liceo,
le prime cotte, la nascita della barba, gli amici, lo sport. Sarebbe cresciuto,
anche se non tanto, in altezza, avrebbe comprato telescopi sempre più potenti,
si sarebbe iscritto al corso di laurea in astronomia, abbandonando a 19 anni la
propria città per andare a vivere da solo a Bologna. Si sarebbe fatto nuovi
amici, avrebbe affrontato tante altre avventure, moltissime difficoltà, si
sarebbe laureato, avrebbe iniziato a scrivere libri e a raccontare agli altri
quanto può essere bella una vita vissuta cercando di soddisfare le proprie
passioni e i propri sogni, qualunque essi siano.
L’unica paura che ogni tanto
mi assale è non vivere abbastanza a lungo per tutto quello di meraviglioso che
vorrei fare e vedere!
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