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martedì 12 maggio 2020

La (mezza) delusione della cometa SWAN (per ora)

Probabilmente avrete già letto da giorni che una nuova cometa, chiamata C/2020 F8 SWAN, semplicemente SWAN per gli amici, nei prossimi giorni dovrebbe rendersi visibile per gli osservatori dell'emisfero nord, come una delle comete più brillanti degli ultimi anni. Molti siti generalisti hanno già tessuto le lodi di quest'oggetto brillantissimo che illuminerà i nostri cieli a partire dalla metà di maggio. Bene, tutto questo, probabilmente, non avverrà. Dopo essersi resa appena visibile a occhio nudo agli osservatori dell'emisfero sud agli inizi di maggio, la cometa ha subito un brusco abbassamento della sua luminosità.

Luminosità reale (punti blu) e prevista (linea rossa e verde) per la SWAN.
Con il passare dei giorni, avvicinandosi al Sole, avrebbe dovuto aumentare la sua luminosità in modo esponenziale. Il picco di luminosità avrebbe dovuto raggiungerlo proprio alla metà di maggio, arrivando a brillare come una stella di magnitudine 2.5. Se così fosse stato, sarebbe stata la cometa più luminosa per l'emisfero nord dai tempi della gloriosa Hale Bopp del 1997. Purtroppo le cose non sono andate in questo modo.

Con il passare dei giorni, la luminosità della cometa SWAN si è mantenuta circa costante, invece di aumentare, restando sempre al limite di visibilità dell'occhio. Non sarà quindi neanche questa la grande cometa che stavamo aspettando da tanto, troppo tempo. Dopo la delusione della ATLAS, giusto poche settimane fa, eccone un'altra. Ma questa volta la cometa non si dovrebbe essere frammentata e la delusione è tale solo perché le notizie sulla sua visibilità sono state date con troppo anticipo e troppa enfasi. Le comete, infatti, e non mi stancherò mai di ribadirlo, sono assolutamente imprevedibili, soprattutto quelle come la SWAN che sono "nuove", al loro primo passaggio nelle zone interne del Sistema Solare. Le previsioni sulla loro luminosità sono di solito piuttosto approssimate e non possono considerare tutta una serie di variabili impossibili da determinare, come le dimensioni del nucleo e la percentuale di elementi volatili in superficie, che sono proprio i responsabili dell'esponenziale aumento di luminosità di questi oggetti quando si avvicinano al Sole.
La cometa SWAN al telescopio (Gerald Rhemann)

Non tutto comunque è perduto, proprio perché non sappiamo come si comporterà la cometa durante il passaggio ravvicinato al Sole, che avverrà il 27 maggio. Si potrebbe frammentare, quindi spegnere, proprio come ha fatto la cometa ATLAS, o la meno ricordata ISON nel 2015. Al contrario, potrebbe avere un "outburst", ovvero un rapido aumento della luminosità dovuto all'intensa radiazione solare, come accadde per la cometa McNaught nel 2007 e la Lovejoy nel 2011, purtroppo visibili solo dall'emisfero sud.
La buone notizia è che questa volta, se qualcosa di importante dovesse accadere alla cometa SWAN dopo il passaggio ravvicinato al Sole, saremmo noi osservatori dell'emisfero nord ad avere la possibilità di osservarla., bassa verso l'orizzonte nord-ovest la sera dopo il tramonto o a nord-est, la mattina prima dell'alba. Fino al 18-19 maggio potremo cercarla poco prima dell'alba (60-90 minuti prima) sull'orizzonte nord-est. Il 12 maggio si trova nella costellazione dei Pesci. Nel corso dei giorni attraverserà l'Ariete (14 maggio) e il Triangolo (15-18 maggio). A partire dal 18-19 maggio si dovrebbe vedere anche la sera dopo il tramonto del Sole, nella costellazione del Perseo verso nord-ovest. In prossimità del passaggio al perielio del 27 maggio sarà quasi circumpolare, ossia visibile per quasi tutta la notte, spazzando tra l'orizzonte nord-ovest (al tramonto) e quello nord-est (poco prima dell'alba) anche se sempre molto bassa sull'orizzonte.  Dopo il 27 maggio la cometa sarà sempre più prospetticamente vicina al Sole e difficile da osservare. Abbiamo quindi poche settimane per continuare a sognare. Per chi voglia sapere la posizione in tempo reale, consiglio di installare un software planetario per computer, come Stellarium, o una app come SkySafari, disponibile per iOS e Android.

Posizione della cometa SWAN nel cielo del tramonto.
Proprio perché dovremmo essere noi i baciati dalla fortuna e non quelli dell'emisfero sud, in caso accada qualcosa nei pressi del passaggio al perielio, considerando come sta andando questo anno temo che la cometa non avrà nessuno exploit. Spero di sbagliarmi, anche perché per il principio di neutralità della sorte, da me appena inventato, dopo una serie di sventure tutto si dovrebbe riequilibrare con altrettante fortune, affinché nel lungo periodo la "sorte" resti neutra. Vaneggiamenti metafisici di un astronomo che non osserva una bella cometa da troppo tempo.

Per gli appassionati fotografi o osservatori muniti di un telescopio, la cometa dovrebbe comunque essere ben visibile e bella da fotografare, anche se sarà sempre piuttosto bassa sull'orizzonte. Anche qui i nostri colleghi dell'emisfero sud sono stati più fortunati perché si sono potuti godere, per qualche settimana, una discreta cometa telescopica, probabilmente proprio al massimo della sua luminosità.

Per dati aggiornati in tempo reale: http://astro.vanbuitenen.nl/comet/2020F8



martedì 21 aprile 2020

Addio alla cometa Atlas

La cometa C/2019 Y4 (ATLAS), Atlas per gli amici, è stata scoperta sul finire del 2019 da un programma di monitoraggio automatico del cielo (ATLAS survey). Fin dai giorni successivi alla scoperta si era compreso che, forse, questo anonimo corpo celeste ghiacciato, proveniente dalle estreme periferie del Sistema Solare, sarebbe potuto diventare ben visibile a occhio nudo tra fine aprile e i primi giorni di maggio. Ci volle poco affinché un'incerta previsione si trasformò in titoli trionfalistici e in scene di giubilo che si spingevano a incentivare gli appassionati all'acquisto di creme solari per proteggersi dall'accecante luce della cometa.

D'altra parte, dopo ben 23 anni dall'apparizione dell'ultima spettacolare cometa ben visibile dalle nostre latitudini, la celeberrima Hale-Bopp, l'attesa era colma di aspettative: decisamente troppe. Secondo le previsioni la cometa Atlas, appartenente alla famiglia delle "sungazers", ovvero comete che passano molto vicine al Sole, avrebbe potuto raggiungere una magnitudine negativa e dispiegare una coda estesa per decine di gradi, un po' come quello che successe alla spettacolare cometa McNaught nel 2007, osservata dai fortunati appassionati dell'emisfero sud nel 2007, o con la delicatissima sagoma della cometa Lovejoy nel 2011, anch'essa riservata agli osservatori dell'altro emisfero.

Purtroppo le comente, si sa, sono del tutto imprevedibili e sembrano odiare gli osservatori dell'emisfero nord. Mettendo insieme questi due indizi e il fatto che il 2020 non sembra proprio essere il nostro anno fortunato, la storia di questa piccola cometa era già scritta nel destino.
Non è bastata la lezione data dalla cometa ISON che doveva regalare uno spettacolo memorabile a dicembre 2013 e che invece non sopravvisse all'incontro ravvicinato con il Sole, disintegrandosi in una nuvola di gas e polveri proprio in coincidenza del perielio (punto più vicino al Sole).

La stessa sorte è toccata alla piccola cometa ATLAS.
I frammenti della cometa Atlas ripresi dal telescopio Hubble
Nei primi giorni di aprile la sua luminosità ha smesso di aumentare per poi diminuire drasticamente, nonostante si stesse avvicinando al Sole. Gli addetti ai lavori subito avevano intuito cosa fosse successo: l'intensa radiazione solare aveva probabilmente disintegrato il piccolo e poco coeso nucleo cometario. Alcune osservazioni in alta risoluzione avevano già mostrato probabili frammenti separati nella zona del falso nucleo. Il 20 aprile, infine, il telescopio spaziale Hubble, alla veneranda età di 30 anni, ci mostra una spettacolare istantanea di quella che fu la cometa ATLAS, ormai ridotta a brandelli. Un'altra illusione sfumata alla luce del Sole per noi osservatori boreali.

L'appuntamento con un'altra grande cometa è quindi rimandato di nuovo, non si sa quando. Di certo abbiamo imparato (forse) un paio di lezioni:  1) mai fidarsi troppo delle comete né della nostra capacità di prevederne il comportamento e 2) speriamo che il 2020 finisca presto.

Per coloro che vogliono provare a riprendere i resti, ormai brillanti oltre la magnitudine 9 e in rapida discesa, consiglio un cielo scuro, una fotocamera reflex e un obiettivo da almeno 200 mm di focale. Trovarla non è difficile, specialmente se abbiamo un grande campo.

Il percorso dell'ex cometa Atlas nel cielo del nord.


Per approfondire: https://phys.org/news/2020-04-fragmentation-comet-atlas-crowd-sourced-pictures.html


lunedì 17 novembre 2014

Una delle più grandi tempeste di meteore mai verificatesi

Purtroppo c'è una brutta notizia prima di proseguire, anzi due: la prima è che la tempesta c'è già stata, la seconda è che non potevamo comunque vederla perché è avvenuta su Marte.

La madre di tutte le tempeste di meteore
Il 19 Ottobre scorso si è verificato un evento estremamente raro, stimato con una frequenza di uno ogni qualche milione di anni: una cometa è passata estremamente vicino a Marte, a poco più di 130 mila chilometri dalla superficie, 3 volte più vicina della nostra Luna.
Siding Spring, questo il nome della cometa, ha sfiorato il pianeta rosso evitando per poco un impatto che sarebbe stato catastrofico, ma ha lasciato una grande e spettacolare traccia della sua presenza a così breve distanza. La sua estesa chioma e la coda hanno infatti interagito, come ampiamente previsto, con l'atmosfera di Marte, causando come più spettacolare effetto collaterale un'incredibile e inimmaginabile tempesta di stelle cadenti.

Sebbene nessuna delle sonde attorno al pianeta e dei rover sulla superficie abbia ripreso in diretta questo evento (anche per questioni di sicurezza), dopo il passaggio della cometa la sonda della NASA MAVEN, osservando la porzione di atmosfera che è stata attraversata dalla chioma e dalla coda, ha rilevato una grande quantità di "fumi" causati dalle migliaia, forse milioni di scie prodotte dalle meteore bruciate nella sottile atmosfera marziana.

La cometa si è dimostrata molto più "polverosa" di quanto ci si aspettasse e ha prodotto uno spettacolo di migliaia di stelle cadenti l'ora che sarebbero risultate davvero spettacolari per chiunque si fosse trovato sulla superficie del pianeta rosso.

Oltre alle meteore, l'interazione tra la chioma della cometa e l'atmosfera di Marte ha sensibilmente modificato quest'ultima, arricchendola di polveri e metalli, regalando, probabilmente, un bel tramonto rosso/giallo al rover Curiosity, ed è riuscita persino a creare per diverse ore uno strato completamente ionizzato, detto ionosfera, che su Marte, al contrario che sulla Terra, esiste solamente di giorno quando viene illuminato dal Sole.

Per approfondire: http://www.universetoday.com/116005/mind-blowing-meteor-shower-on-mars-during-comet-flyby-say-nasa-scientists/

venerdì 29 novembre 2013

La cometa ISON (forse) non ce l'ha fatta

Il suo nome è (era) C/2012 S1 (ISON), per gli amici semplicemente ISON e quando venne scoperta, nel 2012, prometteva di essere la cometa del secolo. Nonostante l'enorme distanza dalla Terra, infatti, era relativamente luminosa, il che spinse tutti a credere che in prossimità del massimo avvicinamento con il Sole avrebbe potuto illuminare quasi a giorno i nostri cieli. 


La cometa ISON al massimo della sua gloria il 15 novembre
Con l'avanzare dei mesi le cose non sono andate come previsto, ma questo fa sempre parte del gioco quando ci sono delle comete di mezzo. La cometa ISON faceva fatica a prendere luminosità, tanto che solamente dopo la metà di novembre era percepibile con grande fatica a occhio nudo la mattina poco prima dell'alba. 

Le speranze di tutti erano rivolte dopo il giro di boa, così viene chiamato in modo informale il punto in cui la cometa avrebbe circumnavigato il Sole e si sarebbe allontanata di nuovo e per sempre dal Sistema Solare interno.

Il problema della cometa ISON, però, era grande: il perielio, cioè il punto più vicino al Sole, si trovava a poco più di un milione di chilometri dalla fotosfera, ben all'interno della caldissima e irrequieta atmosfera chiamata corona. 
Le comete che compiono un avvicinamento così pericoloso sono dette in inglese sungrazer, letteramente "che sfiorano il Sole" e solamente le più grandi e tenaci riescono ad attraversare indenni questo pericoloso guado. Nel recente passato, memorabile è stato il passaggio della cometa Lovejoy nel dicembre 2011 a soli 120000 km dalla superficie.

La cometa ISON non è stata altrettanto fortunata e forte, perché sal passaggio ravvicinato al Sole non è più riapparsa, inghiottita per sempre dal caldo abbraccio della nostra Stella.
Sebbene nessuno volesse ammetterlo, in realtà il sentore che qualcosa stava per accadere c'era nell'aria già da giorni e forse la cometa era spacciata almeno una settimana fa. 
Il 14 novembre scorso si assistette a un outburst, un repentino aumento della luminosità di oltre due volte, segno di un'impennata nell'attività cometaria.
Pochi giorni più tardi le immagini in alta risoluzione della chioma mostravano due netti sbuffi, indizio che qualcosa di grave poteva essere accaduto al nucleo. Si parlò di frammentazione, ma non c'era la certezza. 

Il 25 novembre, infine, le osservazioni effettuate con il telescopio millimetrico IRAM in Spagna mostravano una costante diminuzione nell'emissione molecolare della chioma della cometa, segno che l'attività aveva raggiunto il massimo o che il nucleo non c'era più. 

Il 29 novembre il momento della verità, il passaggio al perielio monitorato in diretta dalle numerose sonde che osservano il Sole dallo spazio, la più importante delle quali è la mitica Soho. All'ingresso del campo inquadrato, la cometa ISON non si è presentata bene, con una luminosità minore del previsto. Poi, con il passare delle ore ha aumentato bruscamente luminosità, facendo sperare tutti gli appassionati. Ma forse questo è stato il canto del cigno di una cometa che nelle ore successive si è lasciata andare. Nonostante l'approssimarsi al Sole, la luminosità ha cominciato rapidamente a diminuire. Quasi in prossimità del perielio la ISON, o ciò che ne restava, si presentava come una lunga lingua nella quale non si poteva più scorgere la chioma. 
Quando è sparita dietro i dischi occultatori degli strumenti delle sonde la sua sorte era ormai segnata. 
Dall'altra parte della nostra stella è riapparsa una debole lingua di gas e polveri dispersa e molto meno luminosa di come avrebbe dovuto essere se la cometa fosse stata in perfetta salute, il ricordo di un intrepido corpo celeste che come Icaro ha affrontato una sfida troppo grande.

La cometa ISON al massimo della sua luminosità si appresta a incontrare il Sole
Colpo di scena: la luminosità è rapidamente diminuita. Qualcosa di grave è accaduto.

L'ultima immagine della cometa ISON, o di quello che ne resta.
All'uscita dal passaggio radente con il Sole resta un leggero fantasma, i resti di una cometa che avrebbe potuto farci sognare.
L'animazione mostra un fantasma che riemerge dall'abbraccio solare. Sono i resti della cometa ISON

L'ipotesi più plausibile è che il nucleo della cometa si sia disgregato e quasi completamente vaporizzato, ma questo lo sapremo con migliore certezza tra quale giorno. Di certo appare evidente che il tanto annunciato spettacolo non ci sarà, anche se qualche resto della cometa dovesse avercela fatta.
Peccato, ci abbiamo sperato. E ora all'orizzonte non ci sono comete che potrebbero farci sognare. Dobbiamo avere pazienza ancora per un bel po'.

L'unica speranza resta quella dell'ennesima sorpresa di una cometa che è stata data per morta tante volte. Che la ISON esista ancora e sia pronta a risorgere dalle ceneri? Molto difficile, ma staremo a vedere nelle prossime ore.

Qualche approfondimento utile:
http://www.cometisonnews.com/ 
http://www.universetoday.com/106813/is-comet-ison-dead-astronomers-say-its-likely-after-icarus-sun-grazing-stunt/ 
http://cometison.gsfc.nasa.gov/  per vedere i video dell'approccio della cometa (che non si vede, e questo conferma che non c'è più)

giovedì 28 febbraio 2013

Una cometa sfiorerà Marte nel 2014

Sono ormai un po' di giorni che nell'ambiente astronomico girano interessanti notizie in merito a una cometa chiamata C/2013 A1 (Siding Spring).
Scoperta all'inizio del 2013, ha suscitato enorme interesse quando i primi calcoli del suo percorso orbitale prevedevano un incontro estremamente ravvicinato con Marte previsto per il 19 Ottobre 2014.
Dopo 74 osservazioni astrometriche c'era addirittura la possibilità che la cometa potesse impattare sul pianeta rosso.
Con un diametro stimato in 50(!) km avrebbe provocato un cratere dal diametro di 500 km e sconvolto la superficie e l'atmosfera marziana, rilasciando un'energia di circa 20 miliardi di megatoni (la bomba di Hiroshima aveva una potenza di circa 15 chilotoni!)

L'incontro tra Marte e la cometa siding Spring del 20/10/2014
La prudenza, però, in questi casi è d'obbligo.
Per prevedere il percorso preciso con così tanto preavviso è necessario disporre di numerose osservazioni.
E' una storia che in effetti si ripete anche per gli asteroidi potenzialmente pericolosi per il nostro pianeta: i primi dati, a causa dell'elevata incertezza, non riescono a escludere del tutto l'eventualità di un disastroso impatto, ma poi, fortunatamente, mano a mano che giungono nuove osservazioni il pericolo scompare quasi del tutto.

Nel caso della cometa Siding Spring potremmo stare comunque tranquilli e goderci da spettatori lo spettacolo, che sembra delinearsi sempre di più mano a mano che i giorni trascorrono.
Le ultime osservazioni astrometriche hanno ristretto il margine d'incertezza e sembrano escludere l'eventualità di un catastrofico impatto con Marte.
Però la cometa passerà molto vicino al pianeta. Le ultime stime la danno a meno di 37.000 km dalla superficie!
Lo spettacolo potrebbe essere quindi entusiasmante e allarmante, anche senza che si compia l'apocalisse marziana.
A quella distanza, infatti, la chioma cometaria dovrebbe avere un diametro di circa 100.000 km e investire quindi il pianeta rosso producendo, probabilmente, una pericolosa pioggia di polveri e detriti alcuni dei quali, a causa della rarefatta atmosfera, potrebbero raggiungere la superficie. Il pericolo per i rover e soprattutto per le sonde in orbita è quindi tutt'altro che nullo. Ma se riusciranno a sopravvivere si godranno inaspettatamente uno spettacolo assolutamente unico. Sono pochissime le comete studiate nel dettaglio, eppure questi corpi celesti potrebbero essere stati fondamentali per la diffusione dell'acqua e dei semi della vita sulla Terra.
Dalla superficie di Marte la visione, pioggia di detriti a parte, potrebbe essere mozzafiato, con la cometa facilmente visibile anche di giorno e la diffusa chioma occupare molti gradi di cielo.

L'astronomo russo Elenin, esperto di comete e padre di un'altra che avrebbe dovuto rendersi visibile nei nostri cieli, ma che è poi stata disintegrata dall'abbraccio solare, si dice convinto al 100% di questo scenario, se i dati non cambieranno (ma a questo punto è difficile avere sorprese inaspettate).
Dopo il meteorite russo e il masso spaziale DA14 2012 che ci ha sfiorato, questo potrebbe essere un altro avvertimento (l'ultimo?) per accelerare i programmi per la previsione degli impatti.
Questa volta tocca a Marte; ma se fosse stato il nostro turno, un anticipo di meno di due anni da un probabile impatto sarebbe stato troppo breve per qualsiasi piano di difesa e terribilmente enorme per farci cadere nel baratro della disperazione. Si, perché un oggetto del genere cancellerebbe quasi istantaneamente gran parte della vita sulla Terra: il masso che si pensa abbia causato l'estinzione dei dinosauri aveva un diametro di "appena" 10 km.

Per approfondire: 
http://spaceobs.org/en/2013/02/25/comet-c2013-a1-siding-spring-a-possible-collision-with-mars/ 
http://spaceobs.org/en/2013/02/27/new-data-concerning-the-close-approach-of-comet-c2013-a1-to-mars/
C/2013 A1 (Siding Spring)C
C/2013 A1 (Siding Spring)
C/2013 A1 (Siding Spring)
C/2013 A1 (Siding Spring)

giovedì 15 dicembre 2011

Una cometa sta per sfiorare il Sole

Si chiama Lovejoy ed in onore al suo nome ha deciso di concedersi una spensierata vacanza al caldo tepore del Sole, ma non si sa se e come ne uscirà, probabilmente con danni più seri rispetto ad una semplice scottatura.

la cometa Lovejoy in avvicinamento al Sole
Questa è la storia della cometa C/2011 W3 Lovejoy; un piccolo masso ghiacciato che si è proiettato in una zona estremamente pericolosa per la sua struttura.
In queste ore transiterà molto vicina al Sole, sfiorando la sua superficie a circa 150000 km di altezza.

Ad una distanza così ravvicinata, l'intensa radiazione solare è in grado di scatenare un violento processo di evaporazione dei materiali volatili di cui è composta (tra cui una discreta quantità di ghiaccio d'acqua), rendendo visibile una bellissima coda esteda per milioni di chilometri e facendo risplendere l'astro con una magnitudine pari a quasi quella di Venere.

Purtroppo, data la grande vicinanza al Sole, non possiamo sperare di osservare la cometa, sebbene estremamente brillante.
Come facciamo allora a conoscere tutte queste proprietà di un oggetto che non possiamo osservare?
Noi sulla Terra non possiamo, ma la sonda della NASA Soho, a milioni di chilometri dalla Terra, può, visto che il suo compito è quello di monitorare 24 ore su 24 il Sole.
Le immagini della sonda, trasmesse in tempo reale, già mostrano la brillante cometa in avvicinamento e in rapido aumento di luminosità. Il massimo dovrebbe raggiungersi nella notte prossima, e se siamo fortunati ci potrebbe essere anche la possibilità di una fugace (e difficile) osservazione diretta.

Posizione della cometa Lovejoy nei prossimi giorni
Impossibile osservare la cometa, riservata forse solo agli osservatori dell'emisfero sud, ma una parte della coda potrebbe rendersi visibile domani mattina o dopodomani bassissima nel cielo dell'alba, vicino a dove dovrebbe sorgere il Sole.

Chi vuole provare ad effettuare questa impresa ha bisogno di un cielo estremamente scuro ed iniziare le osservazioni, in direzione del sorgere del Sole, circa 1 ora prima, fino al sorgere della nostra stella.
A sinistra è riportata una mappa con le posizioni della cometa nei prossimi giorni. Se la coda resterà attiva e luminosa, sarà alla portata dei cieli più limpidi e trasparenti presso l'orizzonte.
Coloro che si accontentano di immagini in tempo reale, tenete d'occhio questa pagina per osservarne l'evoluzione, o l'homepage di spaceweather per le ultime animazioni.
Se volete vedere un'animazione continuamente aggiornata in tempo reale, cliccate qui.

lunedì 17 ottobre 2011

Cometa sul Sole ed esplosione: cosa è successo?

Il primo ottobre scorso la sonda Soho, in orbita attorno al Sole e con le sue camere continuamente puntate sulla nostra stella, ha ripreso un evento piuttosto insolito e spettacolare.
Una piccola cometa si è tuffata nell'atmosfera solare e quasi contemporaneamente al tuffo, dalla parte opposta del Sole, si è verificata una gigantesca esplosione coronale.
E' possibile che la cometa abbia generato l'esplosione solare? Ed inoltre, quanto era grande questo corpo celeste?
Una piccola cometa si tuffa nel Sole

Se osserviamo l'animazione che vi riporto, si ha l'impressione che la cometa abbia dimensioni addirittura maggiori della Terra.
Questa è fortunatamente un'illusione, dovuta al fatto che l'immagine a lunga esposizione (sono visibili le stelle di fondo) ha accentuato la luminosità della chioma e della coda cometaria.
Proprio la chioma e la coda, che nelle vicinanze del Sole raggiungono la massima estensione, fanno pensare ad un oggetto simile ad un gigantesco missime.
In realtà entrambe sono costituite da gas piuttosto rarefatto, migliaia (o milioni) di volte nemo denso dell'aria che respiriamo, che ci sembra estremamente luminoso perché illuminato e riscaldato dall'intensa radiazione solare.

La parte solida della cometa è cotituita dal nucleo e generalmente ha dimensioni davvero esigue, se confrontate con quelle dei pianeti: al massimo qualche decina di chilometri.
Stimare le dimensioni esatte delle comete, proprio perché molto piccole e per di più sempre avvolte dalla quasi impenetrabile chioma, è molto difficile, ma possiamo provarci proprio dall'esame della quantità di gas e polveri che formano la chioma e la coda, naturalmente in funzione della distanza dal Sole.

Bene, secondo la mia esperienza, una cometa che poco prima di impattare sulla nostra stella mostra una coda così piccola e poco brillante, non può che avere dimensioni di qualche decina di metri, forse un centinaio.
Volete una prova? Guardate questo video nel quale la stessa sonda Soho ha registrato il passaggio vicino al Sole (prospetticamente questa volta) della spettacolare cometa McNaught nel 2007, visibile addirittura di giorno.
Guardate quanto risulta brillante la chioma e la coda, eppure stiamo parlando di un oggetto di pochi chilometri di diametro.
A confronto, la cometa che si è gettata nel Sole ha dimensioni sicuramente decisamente minori.

Bene, capite le dimensioni e compreso che non c'è nulla di strano nella sua forma, possiamo anche porci una domanda: può un sasso di qualche metro di diametro provocare un'eplosione così gigantesca?
Se cadesse sulla Terra, probabilmente brucerebbe quasi del tutto in atmosfera, o al massimo creerebbe un cratere di un centinaio di metri di diametro. Cosa potrebbe succedere al Sole, oltre 100 volte più grande del nostro pianeta e per di più completamente gassoso?
Probabilmente niente, ed è proprio per questo che gli scienziati sono portati ad affermare che i due eventi osservati non sono probabilmente collegati, ma frutto di un caso.

Vi è da dire che non si tratta della prima volta in cui assistiamo ad un evento del genere: può essere ancora una casualità?
Probaibimente si, visto che l'impatto di comete sul Sole è quasi all'ordine del giorno. E' normale che sulle centinaia di eventi osservati, 2-3 possano incorrere in questa particolare coincidenza.
In ogni caso, visto che la scienza non (dovrebbe) lasciare nulla al caso e non cullarsi sui propri successi, alcuni astronomi stanno studiando se e come eventualmente sia possibile che questi piccoli corpi celesti possano se non generare, innescare delle esplosioni già sul punto di verificarsi.
Staremo a vedere!