martedì 12 gennaio 2016

Come si misura la velocità dei corpi celesti?

Sembra incredibile, ma in astronomia la misura delle velocità con cui ruotano e si muovono gli oggetti può essere determinata con grandissima precisione, soprattutto se confrontata con la bestia nera di ogni astronomo: la stima delle distanze. Una particolare proprietà delle onde, tra cui le onde elettromagnetiche, consente infatti una rapida misura delle velocità, almeno della componente diretta verso di noi, detta velocità radiale.

Questa proprietà delle onde è chiamata effetto Doppler ed è sfruttata, purtroppo, anche dalle forze dell’ordine per misurare la velocità delle nostre auto da centinaia di metri di distanza.
L’esempio classico per comprendere questo effetto è quello della sirena di un’ambulanza. Quando il veicolo si avvicina verso di noi il suono è decisamente acuto. Nel momento in cui ci sorpassa e poi si allontana, la tonalità percepita cambia radicalmente, diventando nettamente più grave.
Questo è l’effetto Doppler: la frequenza, o la lunghezza d’onda, di qualsiasi onda varia a seconda della velocità relativa tra l’osservatore e la sorgente.
Con la luce e tutte le radiazioni elettromagnetiche succede la stessa cosa, solamente che al posto di sentire dei suoni vediamo diversi colori. Quando una sorgente luminosa si avvicina a noi, la sua luce appare più blu di quanto non lo sia in realtà. Gli astronomi lo chiamano blueshift, ovvero spostamento verso il blu. Quando l’oggetto si allontana da noi (o iamo noi ad allontanarci, la velocità è sempre relativa!), la sua luce si sposta verso colori tendenti al rosso e per questo motivo si parla di redshift.
A livello fisico un cambio di colorazione è associato con uno spostamento dell’intera emissione verso lunghezze d’onda più corte (bluesfhift) o lunghe (redshift), visto che la lunghezza d’onda determina il colore percepito della luce osservata. 
Lo spostamento, naturalmente, è tanto più evidente quanto maggiore è la velocità tra l’osservatore e la sorgente considerata. Ecco quindi che dallo studio dello spettro degli oggetti, ovvero della distribuzione della luce in funzione della lunghezza d’onda, possiamo cogliere qualsiasi piccolo spostamento rispetto a uno spettro campione che si trova fermo rispetto a noi. Di conseguenza, attraverso una semplice formula fisica è possibile ricavare immediatamente la velocità dell’oggetto!

Naturalmente le cose non sono così semplici nella realtà. Ottenere degli spettri chiari e ben leggibili è possibile solamente con sorgenti luminose o apparati enormi ed estremamente costosi. Negli spettri, poi, occorre riconoscere delle righe in emissione o in assorbimento e capire quali elementi le hanno prodotte. Difficoltà tecniche a parte, se riusciamo a identificare una riga di un elemento conosciuto nello spettro dell'oggetto che stiamo studiando, basta annotarne la lunghezza d'onda e confrontarla con la riga prodotta dallo stesso elemento (ad esempio l'idrogeno) di un campione posto qui sulla Terra. A questo punto la velocità radiale con cui l'oggetto si muove rispetto a noi è data da:
vr = (λoss – λlab)/λlab ∙ c 
 dove c = velocità della luce. 
Poi, però, c’è la fase interpretativa. Si, perché attraverso l’effetto Doppler catturiamo insieme tutti i moti della sorgente: quello della rotazione della Terra attorno al proprio asse, della rivoluzione attorno al Sole, del movimento del Sole nella Galassia, oltre ai movimenti della sorgente stessa. La difficoltà maggiore è quindi quella di separare i diversi contributi osservati, in particolare quelli dovuti al nostro pianeta. 

Nel caso della misura delle velocità di rotazione la separazione dei diversi contributi è semplice, perché un oggetto in rotazione è simmetrico: una parte si allontana e l'altra si avicina a noi, con il centro che in teoria dovrebbe avere rotazione nulla.

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