venerdì 18 dicembre 2015

"Osserviamo" un pianeta extrasolare


Tra alti e bassi mi occupo di pianeti extrasolari ormani da quasi nove anni e, durante tutto questo tempo in giro per l'Italia a fare conferenze e a scrivere libri e articoli, c'è sempre stata una costante che mi ha dato ulteriore forza per continuare: l'entusiasmo delle persone che incontravo, l'emozione nello scoprire quanti altri pianeti conosciamo e lo stupore nell'apprendere che anche gli astronomi dilettanti possono, con la giusta tecnica, "osservare" un pianeta extrasolare con il proprio telescopio o scoprirne addirittura uno. 

Un transito planetario ideale
Iniziai a occuparmi di questa branca della ricerca da autodidatta (l'università certe volte non è proprio efficiente), poi finii per collaborare con diversi professionisti sparsi per il mondo, fino ad arrivare alla scoperta del transito di HD17156b, che allora fece scalpore perché era il pianeta con il periodo transitante più lungo mai scoperto e per di più fu rivelato con una strumentazione amatoriale, dal tetto della mia casa (anche qui l'università era non pervenuta, nonostante frequentassi il corso di laurea in astronomia). Era un'altra epoca: Kepler, il cacciatore di pianeti, sarebbe stato lanciato solo due anni dopo e a occuparci della scoperta di questi lontani mondi eravamo molto meno della flotta di professionisti che in questi anni si è catapultata su uno dei temi più affascinanti e intriganti dell'astrofisica moderna. 

Come forse molti di voi già sanno, i pianeti extrasolari, tranne alcune estreme situazioni, non si scoprono con un'immagine diretta. Questi si rivelano attraverso i cosiddetti metodi indiretti, osservando gli effetti che un corpo celeste, a causa della sua forza di gravità, esercita sulla stella attorno alla quale orbita. Tra i diversi metodi dosponibili, quello dei transiti fornisce i risultati più precisi e richiede la strumentazione meno complicata di tutti.
Che cos'è un transito? In pratica, quando la nostra linea di vista di trova quasi perfettamente lungo il piano orbitale del pianeta, questo, a intervalli regolari, apparirà transitare di fronte al disco della propria stella, togliendone un pezzettino della propria luce. Ecco quindi spiegato come possiamo "osservare" un pianeta extrasolare: monitorando la luce della stella in funzione del tempo, un transito produce un calo di luminosità dalla forma caratteristica e la cui profondità dipende dal rapporto tra la superficie della stella e del pianeta. 
Con questa frase in pratica ho rivelato anche il più grande vantaggio della tecnica dei transiti: solo con questa, infatti, è possibile scoprire in modo esatto alcuni dati fondamentali del pianeta, tra cui il raggio, la massa e la sua densità media, nonché l'inclinazione orbitale (magari aiutandoci anche con l'altro metodo molto usato, quello delle velocità radiali). E' proprio con questa tecnica che Kepler ha potuto scoprire oltre 3000 pianeti, alcuni dei quali estremamente interessanti dal nostro punto di vista, perché potenzialmente simili alla Terra.

Questo, però, non è uno dei tanti post divulgativi che ho fatto in merito, piuttosto uno stimolo rivolto a tutti i curiosi che vogliono capire come in pratica si rivela la presenza di un pianeta extrasolare in transito.
Quanto sto per dire è un piccolo estratto modificato del mio libro "Come rivelare esopianeti con il proprio telescopio", che consiglio di leggere a chiunque sia interessato a questa branca della ricerca astronomica.

La rivelazione di un transito già noto inizia con un'attenta programmazione della sessione di fotometria. In pratica l'obiettivo è riprendere la stella attorno alla quale si trova il pianeta per tutta la durata del transito, nel modo più preciso possibile. La strumentazione utilizzata è alla portata di qualsiasi astronomo dilettante: un telescopio newtoniano da 25 cm, una montatura equatoriale EQ6, una  camera CCD con sensore monocromatico, senza porta antiblooming, SBIG ST-7XME, che ormai si trova usata a un costo inferiore a quello di una reflex di medio livello, e un filtro passa infrarosso da 700 nm per escludere gli effetti atmosferici legati alle basse lunghezze d'onda (estinzione e rifrazione differenziale). 
Mi sono quindi scelto il pianeta che volevo rivelare, in questo caso TrEs-4, ho letto le effemeridi e ho iniziato a fare delle esposizioni di luce da un'ora prima a circa un'ora dopo il previsto transito. Requisito delle esposizioni: più lunghe di 60 secondi per ridurre il disturbo atmosferico, ma non troppo lunghe da saturare la stella da studiare (nel caso si può anche sfocare per allargare la PSF stellare sul CCD). Conteggi di picco consigliati: tra 30 e 40 mila, su una dinamica di 16 bit. Prima dell'inizio della sessione ho acquisito i flat field (fondamentali) e i dark  frame. Tutto qui.

In fase di elaborazione, invece di applicare tutta la marea di filtri e operazioni che necessitano le fotografie estetiche, ho solo aperto la serie di scatti alla stella e li ho calibrati con un master dark frame e un master flat field. Nessun allineamento, nessuna media, nessun filtro. I nostri dati sono pronti e possiamo, insieme, vedere come estrarre un'informazione fotometrica estremamente precisa (dell'ordine del millesimo di magnitudine) che ci permetterà di osservare l'impronta lasciata dal nostro pianeta sulla luce della propria stella.

 Cominciamo allora con lo scaricare i dati fotometrici che ho acquisito durante quella serata a questo indirizzo: http://www.danielegasparri.com/TrEs-4\_transit.zip 
Sono stato gentile e nella cartella "calibrated" ho fornito già le immagini calibrate con master dark frame e master flat field. Per chi volesse divertirsi nella calibrazione delle immagini grezze, nel file scaricato è presente tutto, compreso un readme che spiega brevemente come usarle. Bene, ecco i passaggi da fare sulle immagini calibrate. Per semplicità considero il software MaxIm DL, molto usato dagli astrofotografi e che si può scaricare e usare gratis per 30 giorni qui. Chi volesse fare le cose per bene dovrebbe usare il pacchetto IRAF, disponibile gratuitamente (per linux) e utilizzato dai professionisti di tutto mondo.

In ogni caso, l'obiettivo è solo uno: per ogni immagine bisogna misurare la luminosità (strumentale) della stella che mostra il transito e di almeno altre 4-5 stelle con le giuste caratteristiche. Queste serviranno come riferimento, ovvero saranno usate come lampade standard rispetto a cui normalizzare la luminosità della stella che mostra (o dovrebbe mostrare) il transito planetario. In che modo? Si sommano le luminosità delle stelle di riferimento e poi si prende la luminosità della stella che ci interessa e la si divide per il risultato della somma, per ogni immagine della nostra sequenza. Perché fare una cosa tanto complicata? Perché la luminosità di un oggetto, in un mondo imperfetto come il nostro, dipende dalle condizioni atmosferiche, dall'altezza sull'orizzonte, dalla risposta dello strumento. Se vogliamo quindi una misura assoluta dovremo considerare tutte queste variabili e complicarci moltissimo la vita. Poiché però a noi interessa solo mostrare come varia la luce della stella in funzione del tempo, possiamo risparmiarci tutta questa complicata analisi e misurare l'andamento della luminosità, in unità arbitrarie, rispetto a una serie di stelle angolarmente molto vicine e non variabili, che quindi subiscono tutti gli stessi effetti nefasti dell'atmosfera e della strumentazione. La cosa meravigliosa di questa tecnica è che le misure diventano molto precise (e più semplici!). Quanto precise? al punto da mostrare la diminuzione di luce prodotta da una mosca che passa di fronte a un lampione stradale: niente male, no?

Bene, per chi possiede MaxIm DL ecco cosa fare in concreto:
  • Aprire tutte le immagini della sequenza in Maxim DL;
  • Aprire la schermata per la fotometria differenziale (Analyze --> Photometry);
  • Selezionare new object e cliccare sulla stella con l'esopianeta in transito. A questo punto dobbiamo aggiungere le reference star come riportato nella figura sottostante. Ogni volta che si seleziona una stella, verificare la sua luminosità di picco nella finestra Information. Le reference star sono le stelle di riferimento appena descritte per vedere come (e se) varia la luminosità del nostro astro in funzione del tempo. In questo caso fidatevi della mia scelta perché ho provveduto a controllare che tutte le reference abbiano giusta luminosità, giusti colori e mancanza di variabilità (ma potete provare a cambiare!);
  • Impostare le seguenti aperture fotometriche (click con il tasto destro su una parte qualsiasi dell'immagine): Aperture radius = 6, Gap Width = 6, Annulus Thickness = 8. Queste servono per stimare l'intensità netta delle stelle (dette anche magnitudini strumentali), escludendo il contributo del fondo cielo, che viene misurato nell'anello esterno delle aperture;


  • Visualizzare il grafico (View Plot) . Ecco il transito, ben evidente, di un pianeta extrasolare. Non lo vediamo? Eppure c'è! Magari andiamo su Plot Settings e nascondiamo la visualizzazione delle curve di luce delle stelle di riferimento, per lasciare attiva solo quella del nostro oggetto. Vedete la luminosità della stella che a sinistra inizia a diminuire, poi si mantiene stabile e nella parte estrema destra ritorna a crescere? Questa forma trapezoidale è proprio l'impronta tipica di un corpo celeste oscuro che transita di fronte alla propria stella, un po' come accade nel nostro Sistema Solare durante i transiti di Mercurio e Venere. Stiamo osservando davvero una specie di eclisse che si verifica a centinaia di migliaia di miliardi di chilometri di distanza! Non sarà una bellissima foto, ma questo grafico, a me, comunica un'emozione che nessun altro bello scatto è riuscito a regalare in venti e più anni di astronomia. Difficile credere che tutto questo derivi da immagini esteticamente brutte come quelle appena analizzate, vero? Bene, abbiamo imparato una cosa fondamentale, che ci serve anche nella vita di tutti i giorni: le cose più preziose sono spesso nascoste all'apparenza. 


      Non è ancora finita. Facciamo un'altra prova: Cosa succede se come Obj1 si seleziona la stella indicata dalla freccia nella figura seguente al posto dell'astro che ospita l'esopianeta in transito? Com'è la curva di luce di questo astro? E' costante oppure mostra un andamento periodico simile a quello di una sinusoide? Ecco, abbiamo appena scoperto anche una nuova stella variabile (calmate gli entusiasmi, l'ho scoperta io ed è già registrata da diversi anni a mio nome!)


  • Provare a cambiare, a piacimento, aperture e stelle di riferimento per comprendere come varia il grafico. E' possibile migliorarne la precisione, o la combinazione suggerita è la migliore per estrapolare tutto il segnale raccolto?

    Queste che abbiamo eseguito sono solo le operazioni preliminari che servono a vedere in modo grossolano se il transito c'è oppure no. In realtà questa curva di luce un po' rozza ancora deve essere ripulita un po' e modellata perché contiene una miriade di dati in merito alle proprietà fisiche e orbitali del nostro pianeta.

    La curva di luce sistemata e "fittata" dalla quale si possono ricavare molte informazioni sul pianeta.

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