La notizia era nell'aria da qualche settimana e prima o poi doveva accadere.
Al variegato zoo dei pianeti extrasolari, che conta migliaia di corpi di ogni tipo, dai gioviani caldi a sistemi in orbita attorno a stelle doppie, da giganti gassosi con anelli estesi milioni di chilometri a piccoli corpi rocciosi che quasi sfiorano la superficie della propria stella, si aggiunge un altra specie, la più rara ma anche la più ricercata: quella dei pianeti potenzialmente (davvero) simili al nostro. Prima di lanciarci in pericolosi voli pindarici, è mio dovere morale cercare di placare i facili entusiasmi e capire bene qual è la situazione.
Cominciamo dall'inizio.
La NASA qualche giorno fa aveva annunciato una conferenza stampa in cui si sarebbe data risposta a un'importantissima domanda. Ottime doti di comunicazione, non c'è che dire, che hanno creato una fortissima aspettativa, con dei rumors che alla fine si sono rivelati corretti.
Cosa è stato scoperto quindi?
La missione Kepler, che si trova nello spazio dal 2009 e che ha già scoperto migliaia di pianeti di ogni tipo, ha rivelato per la prima volta un pianeta non troppo diverso dalla Terra, che orbita, e questa è la grande novità, attorno a una stella quasi identica al Sole e si trova a una distanza molto simile rispetto al sistema Terra-Sole.
Kepler 452b è un corpo celeste vecchio di circa 6 miliardi di anni, quindi un miliardo e mezzo di anni più antico del Sistema Solare, che ruota in 385 giorni attorno a una stella dello stesso tipo del Sole, con medesima temperatura (circa 5500°C) e di poco più grande (circa il 10%).
Il pianeta si trova quindi in quella che è stata chiamata zona di abitabilità, una fascia orbitale che può potenzialmente permettere a un corpo celeste di avere temperature miti e acqua liquida in superficie. Attenzione che questo è un potenziale: anche Marte si trova nella fascia di abitabilità, eppure non ha né temperature miti né acqua liquida.
La scoperta di Kepler 452b è importante dal punto di vista psicologico. Circa il 60% più grande della Terra, con un'orbita simile e una stella quasi identica al Sole, rappresenta nell'immaginario collettivo il sogno di un pianeta gemello tanto desirerato ma finora mai realizzato.
Dal punto di vista scientifico, andando quindi oltre lo spettacolare annuncio della NASA, le cose sono meno chiare e di certo meno entusiasmanti, anche per la mancanza di dati su cui fare altre congetture.
Prima di gridare alla presenza di vita, infatti, c'è ancora molto da comprendere.
Prima di tutto occorre capire la massa, che dovrebbe essere attorno alle 5 volte quella della Terra. Il valore della massa potrebbe essere cruciale per stimare tipo e densità atmosferica, quindi comprendere se si tratta di un corpo solido, di un pianeta liquido, come probabilmente è Kepler-22b, l'ex gemello della Terra, o addirittura un corpo con uno spesso inviluppo gassoso che ha precluso qualsiasi sviluppo di vita.
Urlare al nostro gemello in questo momento appare quantomeno azzardato: anche Venere ha una massa quasi identica alla Terra, si trova nella zona di abitabilità (almeno secondo alcune definizioni un po' più elastiche) e ha un raggio di poche decine di chilometri inferiore, eppure è un infermo che rappresenta quanto di più lontano dalla vita potrebbe esserci.
Se non consideriamo la portata emotiva del periodo orbitale di 385
giorni, della stella fotocopia (o quasi) del Sole, in realtà Kepler-452b
non ha ancora le carte per considerarsi il pianeta potenzialmente più
ospitale per eventuali forme di vita. Di pianeti nella fascia di
abitabilità, con dimensioni e masse più simili alla Terra, ne conosciamo già una decina, sebbene orbitanti attorno a stelle molto più piccole e fredde del Sole.
Kepler452-b è quindi un punto di partenza, una conferma scontata (ma sempre necessaria) alle ipotesi dell'esistenza di molti corpi celesti con caratteristiche orbitali simili alla Terra. E' un potenziale che può far riaccendere i nostri sogni di trovare altre forme di vita nell'Unverso, ma di certo è un gradino all'inizio di una ripida scalinata della quale ancora non vediamo alla fine, e che terminerà con la caratterizzazione di quel mondo e degli altri che nei prossimi anni di certo arriveranno.
Dovremo capire la sua massa esatta e per fare questo serviranno anni di osservazioni della stella madre per misurare lo spostamento che subisce a causa del pianeta. Ma questo non basterà di certo a capire cosa c'è veramente lassù, a 1400 anni luce di distanza. Servirà la prossima generazione di telescopi, non pronta prima di 5-10 anni, per cercare di osservarlo direttamente e, magari, ottenere lo spettro della sua atmosfera. In quel caso saremo vicini alla verità, perché la presenza di ossigeno, acqua, metano, clorofilla potrà confermare l'esistenza di un ecosistema; solo a quel punto potremo liberare questo urlo di gioia prigioniero nelle nostre gole e che vorrebbe uscire a tal punto da farci sognare già una bella spiaggia su Kepler-452b.
Per approfondire: http://www.nasa.gov/ames/kepler/kepler-452-and-the-solar-system
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