Il Sole è un corpo celeste molto interessante ed è l’unica stella che possiamo studiare
da vicino.
Le
macchie solari sono zone nella fotosfera solare che a causa dei forti campi magnetici
locali si trovano a temperature minori rispetto all’ambiente circostante, anche
di oltre 1000°C.
Una
tipica macchia solare è costituita da una zona di ombra centrale ed una di penombra
periferica. Si tratta in realtà di vere e proprie depressioni nella fotosfera
solare, messe in luce dal cosiddetto effetto Wilson. L’astronomo scozzese nella
seconda metà del XVII secolo riuscì a rivelare la differenza tra le posizioni
relative di ombra e penombra in funzione della posizione della macchia sul
disco solare. Il cambiamento delle posizioni reciproche è da imputare ad un
effetto prospettico dovuto al fatto che la zona d’ombra si trova a profondità
maggiori rispetto alla fotosfera solare e alla penombra.
Una macchia solare ripresa con il mio telescopio |
In
linea teorica, misurando lo spostamento del centro dell’ombra rispetto alla penombra
si può risalire anche alla profondità della macchia solare.
Nella
realtà questo calcolo è difficile da effettuare con precisione poiché spesso le
macchie variano di forma e dimensioni e non sempre l’effetto Wilson è di facile
studio, soprattutto quando esse non sono simmetriche.
Oltre
all’ombra e penombra, in una tipica macchia solare troviamo i ponti di luce,
zone molto luminose che congiungono due regioni di ombra. I pori sono invece
piccole macchie solari di dimensioni poco maggiori della granulazione dove
manca completamente privi della parte in penombra, che spesso accompagnano le
macchie di maggiori dimensioni, le quali a loro volta compaiono in gruppi di
almeno due componenti di dimensioni paragonabili.
La
fisica che sta dietro a questi strani fenomeni del nostro Sole non è ancora
stata capita fino in fondo, ma c’è la sicurezza che siano i campi magnetici
locali i responsabili.
Nonostante
ci appaiano estremamente scure, anche le
machcie emettono molta radiazione, che si approssima molto bene con l’andamento
di corpo nero per quella determinata temperatura.
Se
siamo in grado di misurare il flusso di radiazione proveniente dalla macchia,
possiamo allora stimare la sua temperatura con una buona precisione.
Il
numero di macchie solari è strettamente correlato al cosiddetto ciclo solare,
un periodo di tempo di 11 anni nel quale il Sole alterna una fase più
burrascosa caratterizzata da grandi gruppi di macchie visibili anche ad occhio
nudo, ad una fase assolutamente calma, priva di dettagli. Ora ci troviamo in
teoria in prossimità del periodo di massima attività, ma questo ciclo solare
sembra essere piuttosto sottotono e per avere i grandi gruppi di macchie
comparsi nei primi anni 2000 è probabile che dovremo aspettare il prossimo
massimo, tra una decina di anni.
Buongiorno, un chiarimento: siccome la distanza Sole-Terra è 150 milioni di Km, e la velocità della luce è 300.000km/s, come sappiamo la luce impiega circa 8 minuti per giungere dal Sole alla Terra. Come mai nei giorni scorsi si parlava sui giornali di tempeste solari che "nei prossimi giorni" potrebbero disturbare i satelliti? Cioè perchè parlavano di giorni e non di minuti? Grazie in anticipo e complimenti per i bellissimi articoli. Saluti. Lorenzo
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RispondiEliminaLa risposta è semplice. Il vento solare, che causa le aurore boreali e, in caso di forte intensità, anche le famose tempeste solari, è composto da particelle che viaggiano molto più lente della luce emessa dal Sole, che invece non produce alcun effetto sulla nostra atmosfera. In media il vento solare viaggia a circa 500 km/s. Poiché la distanza media Terra-Sole è di circa 150 milioni di chimoletri, se ne deduce che dal momento in cui viene osservata la luce associata a un brillamento solare, le particelle cariche da esso emesse impiegheranno circa 3 giorni ad arrivare. Questo è il lasso di tempo massimo con cui si può in effetti prevedere l'arrivo sulla Terra di una tempesta solare.
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