mercoledì 22 aprile 2020

Un nuovo libro di astronomia e una nuova edizione

Causa quarantena forzata ho approfittato per ritornare a scrivere (tanto che ho riattivato persino questo blog).
Per tutti coloro che si annoiano tra le mura della propria casa e vogliono viaggiare (con la mente) fino a posti leggendari, è da poco uscito il mio nuovo libro: "Atacama: il paradiso dell'astronomia". Come lascia intuire il titolo, si tratta della descrizione del luogo più incredibile che abbia avuto la fortuna di visitare, al punto che da due anni e mezzo l'ho scelto come mia nuova casa.

Il deserto di Atacama, in Cile, è il più antico e il più secco del mondo ed è il luogo dove si può osservare, in totale sicurezza, il cielo notturno più incredibile del mondo. Non è un caso se quasi tutti i più grandi telescopi astronomici del mondo si trovino in questa sperduta lingua di terra che unisce cieli incredibili a panorami sbalorditivi. Unica avvertenza: il libro potrebbe causare dipendenza perché una volta conosciuti quei luoghi è impossibile dimenticarsene e si prova l'irrefrenabile voglia di visitarli.
Il libro è disponibile in formato digitale Kindle, leggibile da tutti i dispositivi che hanno l'applicazione gratuita di lettura Kindle (scaricabile dai vari store) ma consiglio vivamente la versione cartacea a grande formato (A4) e con più di 100 fotografie a colori e in alta risoluzione.


L'altra novità riguarda il mio libro "Primo incontro con il cielo stellato" che è arrivato alla quarta edizione. E' stato rinnovato nel formato, ora maggiorato e con le mappe più facili da consultare, e nelle informazioni, soprattutto per quanto riguarda la strumentazione astronomica.
Ciliegina sulla torta: questa quarta edizione è anche più economica della terza. Per il momento è solo in formato cartaceo; se preferite il formato digitale, la terza edizione resta ancora disponibile per il download.

martedì 21 aprile 2020

Addio alla cometa Atlas

La cometa C/2019 Y4 (ATLAS), Atlas per gli amici, è stata scoperta sul finire del 2019 da un programma di monitoraggio automatico del cielo (ATLAS survey). Fin dai giorni successivi alla scoperta si era compreso che, forse, questo anonimo corpo celeste ghiacciato, proveniente dalle estreme periferie del Sistema Solare, sarebbe potuto diventare ben visibile a occhio nudo tra fine aprile e i primi giorni di maggio. Ci volle poco affinché un'incerta previsione si trasformò in titoli trionfalistici e in scene di giubilo che si spingevano a incentivare gli appassionati all'acquisto di creme solari per proteggersi dall'accecante luce della cometa.

D'altra parte, dopo ben 23 anni dall'apparizione dell'ultima spettacolare cometa ben visibile dalle nostre latitudini, la celeberrima Hale-Bopp, l'attesa era colma di aspettative: decisamente troppe. Secondo le previsioni la cometa Atlas, appartenente alla famiglia delle "sungazers", ovvero comete che passano molto vicine al Sole, avrebbe potuto raggiungere una magnitudine negativa e dispiegare una coda estesa per decine di gradi, un po' come quello che successe alla spettacolare cometa McNaught nel 2007, osservata dai fortunati appassionati dell'emisfero sud nel 2007, o con la delicatissima sagoma della cometa Lovejoy nel 2011, anch'essa riservata agli osservatori dell'altro emisfero.

Purtroppo le comente, si sa, sono del tutto imprevedibili e sembrano odiare gli osservatori dell'emisfero nord. Mettendo insieme questi due indizi e il fatto che il 2020 non sembra proprio essere il nostro anno fortunato, la storia di questa piccola cometa era già scritta nel destino.
Non è bastata la lezione data dalla cometa ISON che doveva regalare uno spettacolo memorabile a dicembre 2013 e che invece non sopravvisse all'incontro ravvicinato con il Sole, disintegrandosi in una nuvola di gas e polveri proprio in coincidenza del perielio (punto più vicino al Sole).

La stessa sorte è toccata alla piccola cometa ATLAS.
I frammenti della cometa Atlas ripresi dal telescopio Hubble
Nei primi giorni di aprile la sua luminosità ha smesso di aumentare per poi diminuire drasticamente, nonostante si stesse avvicinando al Sole. Gli addetti ai lavori subito avevano intuito cosa fosse successo: l'intensa radiazione solare aveva probabilmente disintegrato il piccolo e poco coeso nucleo cometario. Alcune osservazioni in alta risoluzione avevano già mostrato probabili frammenti separati nella zona del falso nucleo. Il 20 aprile, infine, il telescopio spaziale Hubble, alla veneranda età di 30 anni, ci mostra una spettacolare istantanea di quella che fu la cometa ATLAS, ormai ridotta a brandelli. Un'altra illusione sfumata alla luce del Sole per noi osservatori boreali.

L'appuntamento con un'altra grande cometa è quindi rimandato di nuovo, non si sa quando. Di certo abbiamo imparato (forse) un paio di lezioni:  1) mai fidarsi troppo delle comete né della nostra capacità di prevederne il comportamento e 2) speriamo che il 2020 finisca presto.

Per coloro che vogliono provare a riprendere i resti, ormai brillanti oltre la magnitudine 9 e in rapida discesa, consiglio un cielo scuro, una fotocamera reflex e un obiettivo da almeno 200 mm di focale. Trovarla non è difficile, specialmente se abbiamo un grande campo.

Il percorso dell'ex cometa Atlas nel cielo del nord.


Per approfondire: https://phys.org/news/2020-04-fragmentation-comet-atlas-crowd-sourced-pictures.html


giovedì 7 giugno 2018

Una tavolozza di colori

La realtà è ciò che vedono i nostri occhi.
Quando si parla di Universo, questa frase non potrebbe essere più sbagliata.
I nostri occhi vedono solo un piccolo spicchio di realtà, che nel caso del Cosmo è limitata enormemente dalle capacità del nostro apparato visivo.

La cosa più incredibile che accade di notte è che i nostri occhi perdono del tutto la sensibilità ai colori. Di notte tutto sembra privo di tonalità, soprattutto gli oggetti celesti. Questa però non è la realtà, ma la sbiadita e limitata interpretazione che il cervello dà dopo aver elaborato le limitate informazioni provenienti dalla retina.

La realtà dell'Universo, superando i limiti del nostro apparato visivo, è fatta di colori talmente straordinari che spesso si fatica ad accettare che siano reali. Eppure basta una semplice macchina fotografica per farci esplorare un mondo del tutto invisibile, dove si potrebbero incontrare tutte le più sottili sfumature di colore che potremmo pensare. Questa è la realtà o, meglio, l'interpretazione più vicina alla realtà che potremmo avere osservando nell'intervallo di sensibilità dell'occhio umano. I colori, quindi, ci sono e possono essere straordinariamente accesi.

Una delle regioni con maggiori varietà di colori si trova a cavallo delle costellazioni dell'Ofiuco e dello Scorpione e si estende su un'area di cielo ampia diversi gradi. Il perno di questa tavolozza è una stella molto ben visibile a occhio nudo: Antares. Per quanto potremo osservarla, anche dal migliore cielo del mondo, non noteremo mai che questa gigante rossa è avvolta da una tenue nebulosità color arancio, unica nel suo genere. Ma questa è solo la punta di un complesso sistema di polveri e gas, milioni di miliardi di volte più rarefatto dell'aria che respiriamo, esteso per centinaia di migliaia di miliardi di chilometri e con temperature che vanno da -260°C a +10000°C. E' polvere di stelle, nient'altro che la materia grezza dalla quale un tempo lontano hanno avuto origine alcune delle stelle che stiamo osservando. E' una polvere mista a una gran quantità di idrogeno, che compone circa il 74% della massa ed è la stessa ricetta che un tempo lontano, in un punto indefinito della Galassia, ha originato una stella e 8 pianeti, tra cui uno molto particolare che gli abitanti del luogo sono soliti chiamare Terra.

Le forme soavi di una scultura, i colori di un dipinto, la magia di una poesia e il fascino di un viaggio unico attraverso le nostre antiche origini. Questo è l'Universo.


lunedì 4 giugno 2018

Perdersi nell'Universo

Ogni spicchio di cielo racconta una storia. Anzi, ogni spicchio di cielo può raccontare tantissime storie. Sono storie di astronomia, di fisica, di astrofisica, ma possono essere anche storie legate alla nostra specie, o racconti personali, talmente segreti che solo le stelle possono meritarsi il diritto di ascoltarli.
Ne avrei tante di storie da raccontare in merito all'Universo, per ogni singola porzione che possiamo osservare con i nostri occhi, o con i nostri strumenti In pratica questo è ciò che fa un divulgatore.
Ma il bello dell'Universo è che non richiede una guida per essere ammirato, per essere desiderato, per essere interpretato. A volte è bello semplicemente perdersi, trasportando con noi le nostre personali storie, invece di ascoltare quelle di chi ci sta parlando.
Per questo motivo lascio a voi la scena. Io vi propongo solo una foto che mi ritrae sotto il cielo di Atacama. Immaginatevi al mio posto e regalatevi la vostra personalissima storia, ispirati dalla straordinaria bellezza dell'Universo.



sabato 2 giugno 2018

La stella Omega della costellazione del Centauro

In queste notti autunnali (primaverili per l'emisfero nord) nel cielo del sud si può osservare la costellazione del Centauro. Questa figura mitologica ospita la stella a noi più vicina, Alpha Centauri e molte brillanti stelle. Nella calma notte del deserto di Atacama, dove l'incessante scorrere diurno del tempo improvvisamente rallenta per farci osservare il cielo, questo spicchio di cielo ci regala l'enigmatica presenza di una stella particolare. Non è molto debole, tanto da far parte della costellazione del Centauro, ma sembra sempre avvolta da un alone diffuso, come se non si riuscisse mai a metterla a fuoco. Eppure è poco oltre la magnitudine 3.5 e sarebbe ben visibile persino dagli inquinati cieli italiani nelle periferie delle grandi città.

Mano a mano che la notte passa e le stelle si muovono, questa curiosa stella, chiamata Omega, non cambia la sua peculiare natura. Potremmo viaggiare con la mente per giorni, cercando di immaginare quale sia il fenomeno alla base della sua soffice apparenza. Potremmo inventarci le più assurde storie in merito alla sua origine, o potremmo portare con noi l'oculista di fiducia affinché confermi che la nostra vista sta bene, anche se quella stella non riusciamo proprio a metterla a fuoco.

Potremmo dire e fare tante cose ma l'unica azione sensata sarebbe quella di prendere un telescopio e osservarla. In un secondo verremmo proiettati a poco più di 15 mila anni luce di distanza, in un altro mondo fatto di milioni di stelle più vecchie del Sole, un tempo appartenenti a una galassia che a un certo punto della sua vita ha deciso di unirsi alla Via Lattea. L'abbraccio soffocante della nostra Galassia ha smembrato le parti esterne di quell'isola di stelle, lasciando a noi, giovani osservatori, l'intrigante mistero di una stella sempre sfuocata che al telescopio esplode in un guizzo di pura meraviglia.