La risposta è in linea teorica affermativa: il Sole è una stella e anche
con un piccolo telescopio, sempre munito di apposito filtro solare, è possibile
osservare molto in dettaglio la sua turbolenza “superficie” (le virgolette
indicano un significato di superficie un po’ particolare, visto che non si può
parlare di uno strato solido come quello dei pianeti).
Se la domanda, come probabile, era riferita alle altre stelle, la risposta
è quasi del tutto negativa: le stelle sono troppo distanti per poter essere
osservate, in gergo risolte, come il nostro Sole. Sembra quindi quasi un
paradosso, eppure è così: il cielo è pieno di stelle ma queste restano quasi
sempre dei puntini indistinti con quasi tutti i telescopi, persino i più grandi
del mondo.
Betelgeuse è una delle pochissime stelle "risolte" |
Fino a qualche anno fa il Sole era l’unica stella della
quale potevamo osservare direttamente la superficie, o meglio, lo strato
gassoso che emette la radiazione elettromagnetica che raggiunge la Terra (infatti, a rigore,
una stella non ha superficie essendo totalmente gassosa).
Tutte le altre stelle del cielo sono troppo lontane per
essere osservate, se non come punti indistinti.s
Una delle prime lezioni di astronomia osservativa che apprendono
gli appassionati del cielo sottolinea proprio il fatto che le stelle non
possono essere ingrandite e che quindi restano dei punti con qualsiasi
strumento.
In termini più tecnici e rigorosi, possiamo dire che il
diametro apparente delle stelle è minore del potere risolutivo di ogni telescopio,
per quanto grande quest’ultimo possa essere.
Il potere risolutivo di uno strumento ottico (compreso il
nostro occhio) è la capacità di mostrare separati due oggetti vicini, o, in
alternativa, di mostrare la forma reale, risolvere, un oggetto.
Il potere risolutivo si misura in sottomultipli del grado, i
secondi d’arco. Un secondo d’arco equivale ad 1/3600°, ovvero alle dimensioni
di una moneta da 2 euro vista alla distanza di circa 5 km.
Il nostro occhio ha un potere risolutivo, di giorno, di
circa 60”
(“ sta per secondi d’arco), ovvero 1’
(’ sta per minuto d’arco, uguale a 60”,
o 1/60°). Secondo questa assunzione, quando due oggetti, a prescindere dalla loro reale distanza,
sottendono un angolo minore di questo valore, appariranno uniti e più non
separati.
Il potere risolutivo aumenta con l’aumentare del diametro
della lente o dello specchio attraverso il quale si osserva, ed ecco perché un
telescopio mostra separati corpi celesti che ad occhio nudo non lo sono. Non
c’entra nulla l’ingrandimento, che è solo la quantità che mostra fisicamente
all’occhio il potere risolutivo di ogni strumento, il quale è intrinseco al
diametro delle lenti o dello specchio primario.
Una formuletta empirica per calcolare il potere risolutivo
di ogni strumento è la seguente: Pr= 115/D, dove D è il diametro
del telescopio espresso in millimetri.
La formula, detta criterio di Dawes, ci dice in prima
approssimazione qual è la distanza angolare minima che un telescopio è in grado
di separare o risolvere.
Due oggetti più vicini di questa separazione angolare appariranno
uniti. In alternativa, un oggetto le cui dimensioni sono inferiori a questo
valore non mostrerà la sua forma reale, non sarà risolto.
Adesso siamo in grado di capire perché non possiamo osservare
la superficie delle stelle: perché il loro diametro angolare è nettamente
minore del potere risolutivo di molti strumenti astronomici.
Un telescopio amatoriale da 250 mm di diametro ha un
potere risolutivo pari a 0,46”,
una stella molto vicina ha un diametro angolare almeno 50 volte inferiore.
Se il Sole si trovasse alla distanza di Proxima Centauri,
la stella più vicina, sottenderebbe un diametro apparente pari a 0,007”, 7 millesimi di
secondo d’arco.
Questo angolo è equivalente a quello sotteso da una moneta
di 2 euro osservata alla distanza di 7500 km!
Possiamo capire come sia estremamente difficile osservare la
superficie di una stella, anche quelle a noi più vicine. Inoltre non abbiamo
considerato la turbolenza atmosferica, che impedisce di raggiungere certi
valori con ogni strumento posto sulla superficie della Terra.
Fortunatamente la tecnologia e la ricerca fanno
continuamente passi in avanti.
Ora, con la tecnica chiamata interferometria si è riusciti
ad avere l’immagine più nitida e dettagliata della superficie di una stella, Betelgeuse,
una supergigante rossa nella costellazione di Orione, tra le stelle più grandi
che si conoscano.
Il principio alla base dell’interferometria è il seguente:
se costruiamo due telescopi che lavorano in perfetta sincronia, separati da una
certa distanza, la risoluzione di questo apparato, combinando opportunamente la
luce ricevuta da entrambi gli strumenti, non è quella data dal diametro dei
telescopi (formula di Dawes), ma quella di un ipotetico telescopio di
diametro pari alla distanza che separa gli strumenti.
Con questa tecnica è possibile raggiungere risoluzioni elevatissime
ed evitare la costruzione di telescopi giganteschi, dato che quello che conta è
la separazione tra i due strumenti, non il loro diametro.
Il problema dell'interferometria è che richiede precisioni
proporzionali alla lunghezza d’onda alla quale si lavora; minore è la lunghezza
d’onda, maggiore è la precisione richiesta.
I telescopi devono lavorare in perfetta sincronia e puntare esattamente
nello stesso punto di cielo.
Non a caso l’interferometria si applica da decenni nel campo
della radioastronomia, nella quale sono richieste precisioni del centimetro, e
solo negli ultimi anni si è diretta verso l’infrarosso e il visibile, lunghezze
d’onda per le quali sono richieste precisioni dell’ordine del milionesimo di
metro.
Nonostante le enormi difficoltà tecniche, gli astronomi sono
riusciti a fare dei passi da gigante, al punto che attualmente è possibile, in
infrarosso e nel visibile, risolvere la forma di alcune grandi stelle, tra le
quali proprio Betelgeuse.
L’osservazione diretta della superficie di altre stelle è
fondamentale per affinare le nostre conoscenze su questi corpi celesti e capire
anche il comportamento del nostro stesso Sole, l’unica stella della quale
conosciamo bene i fenomeni superficiali.
Betelgeuse è una stella enorme, 1000 volte più
estesa del Sole, una supergigante rossa giunta nelle fasi finali della propria
vita. Attraverso le immagini interferometriche siamo in grado, per la prima
volta, di indagare la superficie di questo tipo di stelle.
Le prime scoperte mostrano la presenza di grandi macchie
stellari brillanti e scure, probabilmente delle enormi celle convettive di gas
caldo che risale dalle profondità della stella e lentamente si raffredda,
sprofondando di nuovo.
Le macchie stellari e il loro movimento ci danno
informazioni dirette sulla dinamica della stella, sul suo campo magnetico, sui
moti all’interno, insomma, una mole di dati che dovremmo analizzare ed
interpretare per provare i modelli sul funzionamento e l’evoluzione delle
stelle.
Nessun commento:
Posta un commento