venerdì 7 febbraio 2014

Si può osservare la superficie di una stella al telescopio?



La risposta è in linea teorica affermativa: il Sole è una stella e anche con un piccolo telescopio, sempre munito di apposito filtro solare, è possibile osservare molto in dettaglio la sua turbolenza “superficie” (le virgolette indicano un significato di superficie un po’ particolare, visto che non si può parlare di uno strato solido come quello dei pianeti). 

Se la domanda, come probabile, era riferita alle altre stelle, la risposta è quasi del tutto negativa: le stelle sono troppo distanti per poter essere osservate, in gergo risolte, come il nostro Sole. Sembra quindi quasi un paradosso, eppure è così: il cielo è pieno di stelle ma queste restano quasi sempre dei puntini indistinti con quasi tutti i telescopi, persino i più grandi del mondo.

Betelgeuse è una delle pochissime stelle "risolte"
Fino a qualche anno fa il Sole era l’unica stella della quale potevamo osservare direttamente la superficie, o meglio, lo strato gassoso che emette la radiazione elettromagnetica che raggiunge la Terra (infatti, a rigore, una stella non ha superficie essendo totalmente gassosa).
Tutte le altre stelle del cielo sono troppo lontane per essere osservate, se non come punti indistinti.s
Una delle prime lezioni di astronomia osservativa che apprendono gli appassionati del cielo sottolinea proprio il fatto che le stelle non possono essere ingrandite e che quindi restano dei punti con qualsiasi strumento.

In termini più tecnici e rigorosi, possiamo dire che il diametro apparente delle stelle è minore del potere risolutivo di ogni telescopio, per quanto grande quest’ultimo possa essere.
Il potere risolutivo di uno strumento ottico (compreso il nostro occhio) è la capacità di mostrare separati due oggetti vicini, o, in alternativa, di mostrare la forma reale, risolvere, un oggetto.
Il potere risolutivo si misura in sottomultipli del grado, i secondi d’arco. Un secondo d’arco equivale ad 1/3600°, ovvero alle dimensioni di una moneta da 2 euro vista alla distanza di circa 5 km.
Il nostro occhio ha un potere risolutivo, di giorno, di circa 60” (“ sta per secondi d’arco), ovvero 1’ (’ sta per minuto d’arco, uguale a 60”, o 1/60°). Secondo questa assunzione, quando due oggetti, a  prescindere dalla loro reale distanza, sottendono un angolo minore di questo valore, appariranno uniti e più non separati.
Il potere risolutivo aumenta con l’aumentare del diametro della lente o dello specchio attraverso il quale si osserva, ed ecco perché un telescopio mostra separati corpi celesti che ad occhio nudo non lo sono. Non c’entra nulla l’ingrandimento, che è solo la quantità che mostra fisicamente all’occhio il potere risolutivo di ogni strumento, il quale è intrinseco al diametro delle lenti o dello specchio primario.
Una formuletta empirica per calcolare il potere risolutivo di ogni strumento è la seguente: Pr= 115/D, dove D è il diametro del telescopio espresso in millimetri.
La formula, detta criterio di Dawes, ci dice in prima approssimazione qual è la distanza angolare minima che un telescopio è in grado di separare o risolvere.
Due oggetti più vicini di questa separazione angolare appariranno uniti. In alternativa, un oggetto le cui dimensioni sono inferiori a questo valore non mostrerà la sua forma reale, non sarà risolto.

Adesso siamo in grado di capire perché non possiamo osservare la superficie delle stelle: perché il loro diametro angolare è nettamente minore del potere risolutivo di molti strumenti astronomici.
Un telescopio amatoriale da 250 mm di diametro ha un potere risolutivo pari a 0,46”, una stella molto vicina ha un diametro angolare almeno 50 volte inferiore.
Se il Sole si trovasse alla distanza di Proxima Centauri, la stella più vicina, sottenderebbe un diametro apparente pari a 0,007”, 7 millesimi di secondo d’arco.
Questo angolo è equivalente a quello sotteso da una moneta di 2 euro osservata alla distanza di 7500 km!
Possiamo capire come sia estremamente difficile osservare la superficie di una stella, anche quelle a noi più vicine. Inoltre non abbiamo considerato la turbolenza atmosferica, che impedisce di raggiungere certi valori con ogni strumento posto sulla superficie della Terra.
Fortunatamente la tecnologia e la ricerca fanno continuamente passi in avanti.
Ora, con la tecnica chiamata interferometria si è riusciti ad avere l’immagine più nitida e dettagliata della superficie di una stella, Betelgeuse, una supergigante rossa nella costellazione di Orione, tra le stelle più grandi che si conoscano.
Il principio alla base dell’interferometria è il seguente: se costruiamo due telescopi che lavorano in perfetta sincronia, separati da una certa distanza, la risoluzione di questo apparato, combinando opportunamente la luce ricevuta da entrambi gli strumenti, non è quella data dal diametro dei telescopi (formula di Dawes), ma quella di un ipotetico telescopio di diametro pari alla distanza che separa gli strumenti.
Con questa tecnica è possibile raggiungere risoluzioni elevatissime ed evitare la costruzione di telescopi giganteschi, dato che quello che conta è la separazione tra i due strumenti, non il loro diametro.
Il problema dell'interferometria è che richiede precisioni proporzionali alla lunghezza d’onda alla quale si lavora; minore è la lunghezza d’onda, maggiore è la precisione richiesta.
I telescopi devono lavorare in perfetta sincronia e puntare esattamente nello stesso punto di cielo.
Non a caso l’interferometria si applica da decenni nel campo della radioastronomia, nella quale sono richieste precisioni del centimetro, e solo negli ultimi anni si è diretta verso l’infrarosso e il visibile, lunghezze d’onda per le quali sono richieste precisioni dell’ordine del milionesimo di metro.
Nonostante le enormi difficoltà tecniche, gli astronomi sono riusciti a fare dei passi da gigante, al punto che attualmente è possibile, in infrarosso e nel visibile, risolvere la forma di alcune grandi stelle, tra le quali proprio Betelgeuse.

L’osservazione diretta della superficie di altre stelle è fondamentale per affinare le nostre conoscenze su questi corpi celesti e capire anche il comportamento del nostro stesso Sole, l’unica stella della quale conosciamo bene i fenomeni superficiali.
Betelgeuse è una stella enorme, 1000 volte più estesa del Sole, una supergigante rossa giunta nelle fasi finali della propria vita. Attraverso le immagini interferometriche siamo in grado, per la prima volta, di indagare la superficie di questo tipo di stelle.
Le prime scoperte mostrano la presenza di grandi macchie stellari brillanti e scure, probabilmente delle enormi celle convettive di gas caldo che risale dalle profondità della stella e lentamente si raffredda, sprofondando di nuovo.
Le macchie stellari e il loro movimento ci danno informazioni dirette sulla dinamica della stella, sul suo campo magnetico, sui moti all’interno, insomma, una mole di dati che dovremmo analizzare ed interpretare per provare i modelli sul funzionamento e l’evoluzione delle stelle.

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