Visualizzazione post con etichetta neutrini. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta neutrini. Mostra tutti i post

venerdì 30 ottobre 2015

Cosa sono i neutrini?

I neutrini sono in assoluto le particelle più elusive e strane dell’Universo.
Queste sono prodotte da processi di decadimento nucleare, come quello beta che porta al decadimento del neutrone. Si tratta di particelle che interagiscono pochissimo con la materia, tanto che il loro cammino libero medio nella materia è dell’ordine degli anni luce, ovvero un neutrino percorre in media qualche anno luce prima di interagire con un’altra particella: per essere più precisi, ben 18 anni luce!
Nel piombo, uno dei materiali più densi, il libero cammino medio dei neutrini si abbassa di un fattore 10, a circa 2 anni luce! In altre parole, per rivelare un neutrino utilizzando un serbatoio di acqua di 1 metro cubo occorre un flusso di almeno 1017 particelle.
Il Sole, data la vicinanza, è la più forte sorgente stabile di neutrini, molti generati dalla prima reazione della catena protone-protone (il decadimento beta già citato):
p + p --> d + e+ + νe
I neutrini sono particelle associate ad altre particelle chiamate leptoni, di cui l'elettrone ne è il rappresentante più famoso. All’elettrone è associato il neutrino di tipo elettronico (νe), mentre al muone, un altro leptone, (μ-) quello di tipo muonico (νμ); alla particella Tau (τ-) quello tauonico (ντ).

Il Super-Kamiokande
I neutrini di tipo elettronico prodotti nel nucleo, al contrario della radiazione elettromagnetica, riescono a uscire senza praticamente interagire con la materia, seppur densissima, del nocciolo solare, liberandosi nello spazio e raggiungendo anche la Terra.

Lo studio dei neutrini è fondamentale per comprendere i processi e gli ambienti all'interno delle stelle, ma anche per capire come funziona l'Universo su grande scala e cercare di districarsi nell'enorme problema della materia oscura.
Rivelare i neutrini non è per niente semplice, tanto che occorrono rivelatori davvero giganteschi, come il Super-Kamiokande, in Giappone, un immenso serbatoio contenente 50.000 tonnellate di acqua, il cui compito è di rilevare il passaggio di neutrini quando interagiscono con le molecole d’acqua.
Con questo apparato è stato in effetti possibile misurare il flusso di neutrini solari e avere finalmente le prime prove a sostegno di teorie fisiche e astrofisiche riguardanti le stelle e il loro funzionamento, nonché sulla struttura e comportamento stesso dei neutrini.
Si può rivelare la presenza di una particella solamente quando questa interagisce con il nostro apparato di misurazione o, in generale, con altra materia. Se non c’è interazione non c’è misurazione, quindi non esiste rivelazione, anche se ciò chiaramente non esclude la presenza di tali tipi di particelle. 

I neutrini sono così debolmente interagenti che solo uno ogni 10 miliardi, di quelli che attraversano l’intero diametro terrestre, interagisce con un protone o un neutrone, sempre attraverso l’interazione debole. Gli altri attraversano il nostro pianeta (e noi stessi) senza sentire la presenza della materia. Si capisce come sia estremamente difficile costruire apparati di rilevazione efficienti.
A ogni leptone è associato un neutrino; la differenza tra i tre “sapori” diversi (flavour in inglese) è sostanzialmente nella massa, che secondo le recenti teorie ed esperimenti, condotti proprio al Super-Kamiokande, è compresa tra 100.000 e 1 milione di volte inferiore a quella dell’elettrone. 

Il decadimento o la formazione di leptoni è sempre accompagnato da neutrini del tipo leptonico interessato. Non troverete mai, ad esempio, un neutrino di tipo muonico nel decadimento beta, nel quale viene prodotto un positrone, quindi un neutrino di tipo elettronico. Contrariamente ai leptoni ai quali sono associati, i neutrini sono tutti stabili, con vita media molto maggiore dell’età dell’Universo.

Le ultime osservazioni e conteggi dei neutrini solari suggeriscono che i tre tipi diversi di neutrini non siano poi così indipendenti l’uno dall’altro.
La teoria prevede che se sono dotati di massa, come si pensa, possono cambiare sapore, trasformarsi cioè in ognuno dei tre tipi finora scoperti.
Questa possibilità è l’unica che fornisce una spiegazione al cosiddetto e famoso problema dei neutrini solari: solamente 1/3 dei neutrini elettronici prodotti dal Sole sono stati effettivamente osservati e misurati; degli altri non si ha traccia.
Si pensa che nel loro tragitto verso la Terra (si muovono a velocità molto prossime a quelle della luce), alcuni di essi cambino sapore, trasformandosi in neutrini muonici o tauonici.
In effetti, benché non si sia assistito direttamente a nessun evento di trasformazione o meglio, di oscillazione del neutrino, la prima prova, seppure indiretta, è stata fornita nel 1999, dal solito rivelatore Super-Kamiokande, con il seguente esperimento.

Negli strati superiori dell’atmosfera, l’impatto di raggi cosmici, particelle alpha (nuclei di elio), protoni, elettroni e fotoni gamma, produce particelle tau che a loro volta decadono in elettroni e neutrini muonici. Se si considera il flusso di raggi cosmici costante su tutta la superficie terrestre, il numero di neutrini muonici osservato dovrebbe essere lo stesso in ogni direzione. Ebbene, il numero di neutrini muonici osservati provenienti dagli strati posti sopra l’osservatore differisce dalla quantità proveniente dalla parte opposta del globo terrestre.
Poiché i neutrini attraversano la Terra praticamente senza interagire, non si spiega in alcun modo questa differente popolazione, se non con il fatto che durante il maggior tragitto effettuato da quelli provenienti dalla parte opposta del globo alcuni abbiano oscillato, cambiando in questo modo tipo (o sapore).

Ultimo, ma non per importanza, dato l’altissimo numero di neutrini presenti nell’Universo e prodotti dalle stelle, la misurazione esatta della loro massa potrebbe dare una mano concreta al conteggio della materia dell’Universo e a definire meglio quale teoria cosmologica descrive meglio la passata, l’attuale e la futura storia, forma e sorte dell’Universo.

A prescindere dai problemi fisici e astrofisici che questi sfuggenti abitanti dell'Universo stanno creando agli scienziati di mezzo mondo, fermiamoci un attimo per riposarci dopo la fatica fatta per leggere questo post, apriamo una delle nostre mani e voltiamo il palmo verso il cielo. In appena un secondo, un centimetro quadrato del palmo della nostra mano è attraversato da circa 65 miliardi di neutrini solari, ognuno dei quali lo supera come se non esistesse. Siamo costantemente bombardati da miliardi e miliardi di piccolissime particelle per le quali siamo del tutto invisibili, non solo noi, ma i nostri vestiti, le nostre case, persino il nostro intero pianeta, che è ciò che più si allontana dalla definizione di corpo trasparente. Eppure questa è la Natura; questa è la realtà, che è ben più estesa, complicata, sorprendente e affascinante di quel minuscolo spicchio che riusciamo a percepire con i nostri sensi.

giovedì 23 febbraio 2012

Il sogno è finito: i neutrini (molto probabilmente) non viaggiano più veloci della luce

Qualche mese fa una notizia apparentemente storica aveva varcato i classici confini accademici per venire catapultata nel grande circo dei media generalisti.
Gli scienziati che lavorano all'esperimento OPERA avevano pubblicato un articolo in cui dichiaravano che i fasci di neutrini utilizzati nei loro esperimenti avevano viaggiato apparentemente ad una velocità superiore a quella della luce.
L'esperimento OPERA
Naturalmente la notizia ben presto trabordò dai binari pacati e scettici degli autori dell'articolo. I ricercatori, dopo lunghe discussioni interne, avevano infatti deciso di rendere pubblici i risultati degli esperimenti con l'unico scopo di chiedere aiuto alla comunità internazionale, per comprendere quale potesse essere l'eventuale errore.

Invece, come era prevedibile, da quel giorno nascuero decine di speculazioni fisiche. Alcuni scienziati più o meno improvvisati si spinsero nel dire che se quei dati fossero stati confermati, si sarebbe dovuta riscrivere gran parte della fisica moderna. I giornali titolavano già senza alcun dubbio che i neutrini erano più veloci della luce e che la teoria di Einstein doveva essere riscritta (nessuno scienziato serio, e men che meno gli autori dell'articolo, hanno mai fatto queste affermazioni).
Il mondo degli appassionati era in fermento, come a voler testimoniare con forza la ricerca di una grande notizia da tempo attesa in un'epoca apparentemente piatta, nella quale sorprendersi diventa sempre più difficile e allo stesso tempo necessario.

Nel rumoroso silenzio delle sterili speculazioni, la comunità scientifica si è data molto da fare nel cercare le eventuali cause di questi dati. Era infatti la prima volta, in oltre 100 anni di esperimenti, che la teoria della relatività sembrava non funzionare, per di più attraverso particelle che negli ultimi 15 anni sono state studiate molto attentamente senza notare mai nulla di anomalo.
In effetti, con razionalità e mente fredda, l'ipotesi di un errore nei calcoli è sempre stata di gran lunga più probabile rispetto al fatto che quell'esperimento avesse violato, per qualche motivo sconosciuto, i principi base della fisica così come la conosciamo.

Benché affascinato come tutti all'idea irrazionale di veder piombare una vera e propria bomba in grado di sovvertire molte delle nostre convinzioni scientifiche, ho taciuto sulla notizia, proprio perché erano necessari maggiori dati per confermare o smentire i risultati dell'esperimento OPERA.
In quei concitati momenti tutti potevano proporre una teoria che aveva esattamente le stesse probabilità di essere corretta o sbagliata.

Una recentissima breaking news di Edwin Cartlidge di sciencemag, che cita fonti vicine all'esperimento OPERA, ha spento le speranze ed i sogni degli appassionati.
A quanto pare i neutrini non avrebbero superato la velocità della luce. La misurazione sarebbe stata affetta da un paio di errori, di cui uno davvero fondamentale.
Durante i controlli, il team italiano nei laboratori del Gran Sasso ha scoperto una connessione difettosa nel cavo in fibra ottica che unisce un computer con il ricevitore GPS utilizzato per correggere il tempo di volo dei neutrini.
Il secondo errore è stato analizzato una volta sistemata la connessione ed è probabilmente quello che spiega i risultati apparentemente paradossali dell'esperimento. I ricercatori hanno scoperto che i dati al computer vengono trasmessi con 60 nanosecondi di anticipo rispetto alle previsioni.
Il numero non è un caso: 60 nanosecondi è esattamente il tempo di anticipo dei neutrini rispetto alla velocità della luce misurato nei mesi precedenti dall'esperimento OPERA.

I ricercatori del Gran Sasso hanno confermato l'individuazione di questi due errori, anche se, da bravi scienziati, mantengono ancora la calma (come successe con la notizia di Settembre) ed affermano, giustamente, che sono necessarie altre misurazioni, che arriveranno solamente nei prossimi mesi.
Purtroppo però, sembra che la storia dei neutrini più veloci della luce sembra destinata solamente a libri e racconti di fantascienza.
Non ci resta che aspettare la prossima notizia bomba, magari cercando di mantenere la calma. Scoperte eccezionali richiedono prove eccezionali. Ed in questo caso l'unica flebile prova, purtroppo, sembra essersi persa nei mai amati cavi di connessione.


Qui trovate la dichiarazione ufficiale di Edwin Cartlidge 
Qui invece potete informarvi sulla notizia che nel Settembre 2011 riportava la clamorosa scoperta dei ricercatori del CERN