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giovedì 22 ottobre 2015

Il grande mistero della vita



Per cercare forme di vita extraterrestri, che siano batteri o esseri più o meno evoluti, bisogna ben comprendere quali siano gli ingredienti della vita e come sia possibile che un gruppo di atomi qualsiasi si organizzino a tal punto da sostenersi, nutrirsi, muoversi, replicarsi e persino pensare. 
Come si formano i primi organismi a partire da semplici molecole a base di carbonio? Quando avviene la transizione tra materia inanimata e animata? Ed è nato prima il DNA che crea le proteine, o le proteine in modo che poi si formasse una molecola, il DNA, capace di utilizzarle e produrle?
A tutte queste domande rispondiamo con un colossale: non lo sappiamo. Ancora più lontani siamo dal comprendere quello che è senza dubbio il più grande mistero della biologia e, forse, anche sella filosofia: com'è possibile che atomi e comuni molecole riescano a raggiungere un livello di organizzazione tale da riuscire ad acquisire una coscienza e la capacità di rendersi conto della propria esistenza? Qual è la molla che fa scattare l'interruttore che segna il confine tra vita incosciente e cosciente? E per quale motivo fisico atomi inanimati riescono tutti insieme ad acquisire delle capacità che da soli o in compagnia, nel 99,9999% dell'Universo, non avranno mai? Nel centro delle stelle ci sono più atomi che in tutti gli esseri viventi che mai popoleranno questo pianeta, eppure le stelle non hanno coscienza, non sono neanche considerate esseri viventi.

Quello che possiamo cercare di fare è sperimentare, partendo dalla base della vita, da quegli organismi semplici che però hanno già fatto un passo enorme rispetto a tutti gli oggetti inanimati dell'Universo: vivere. Possiamo allora cercare di riprodurre le condizioni adatte alla vita e vedere in quanto tempo e come si sviluppa. Non sarà probabilmente sufficiente a capire tutto, ma almeno possiamo avere un’idea di quali possano essere gli ingredienti base.
Per ora sappiamo che serve l’acqua, ma potrebbe andar bene qualsiasi altro liquido? Ed è verosimile pensare che con un po’ d’acqua, qualche molecola organica pescata a caso e un po’ di energia che non guasta mai, sia possibile, semplicemente aspettando pazientemente, che la vita si crei da sola? In altre parole, i processi biologici sono una conseguenza inevitabile e spontanea nell’Universo, come la nascita delle stelle da una grande nube di gas che collassa?  

Nel corso degli anni sono stati molti gli esperimenti che hanno cercato di far luce su quest’affascinante argomento. Il più importante e famoso è senza dubbio l’apparato costituito da Miller e Urey. Noto semplicemente come esperimento di Miller, cercava di riprodurre le condizioni presenti sulla Terra poco dopo la sua formazione, compresa la composizione chimica del suolo e dell’atmosfera.
In un’ampolla era presente l’acqua che veniva riscaldata e fatta evaporare leggermente. I vapori andavano in un’altra ampolla che riproduceva la composizione chimica dell’atmosfera primordiale priva di ossigeno, ma ricca di ammoniaca, carbonio, idrogeno, metano. Il vapore acqueo condensava e poi tornava nel vaso contenente acqua arricchendola con gli elementi atmosferici e dando vita al brodo primordiale.
Nell’ampolla atmosferica era presente anche un elettrodo che simulava attraverso scariche elettriche i fulmini molto violenti e abbondanti nell’antica atmosfera terrestre.
Dopo qualche settimana, Miller e Urey notarono che nel brodo primordiale si erano formate spontaneamente diverse molecole organiche, tra cui proprio gli amminoacidi. I risultati sono stati confermati da tutti gli esperimenti successivi e testimoniano come agli ingredienti della vita non serve niente se non le leggi della chimica per aggregarsi. 

Naturalmente tra la formazione degli amminoacidi e le prime strutture viventi il passo è ancora lungo e in questo caso un ruolo fondamentale è svolto dal tempo.
Robert Hazen, geologo della George Mason University ha sicuramente inquadrato molto bene il contesto:
“Nell'arco di circa 10.000 anni una versione moderna dell'esperimento di Urey e Miller potrebbe effettivamente produrre una rudimentale molecola autoreplicante, capace di evolvere mediante selezione naturale: in breve, la vita. [...] La spiegazione più plausibile è che le molecole autoreplicanti si siano formate prima sulla superficie delle rocce. Le superfici umide della Terra primordiale avrebbero costituito un grande laboratorio naturale, portando avanti in qualsiasi momento qualcosa come 1030 piccoli esperimenti, per un periodo durato forse da 100 a 500 milioni di anni. Un esperimento di laboratorio che duri per 10.000 anni può quindi tentare di ricreare questa situazione eseguendo un gran numero di piccoli esperimenti contemporaneamente. Dall'esterno, queste incubatrici molecolari apparirebbero come stanze piene di computer ma al loro interno ci sarebbero laboratori chimici on-chip, contenenti centinaia di pozzi microscopici, ognuno con diverse combinazioni di composti che reagiscono su una varietà di superfici minerali.”
Quest’affermazione basata sui risultati di tutti gli esperimenti ci suggerisce anche un’altra cosa, che a questo punto pare come un’eventualità estrema ma teoricamente possibile: anche noi esseri umani, quando un giorno capiremo fino in fondo i processi biologici, potremmo mettere insieme gli ingredienti giusti e creare la vita partendo da materia inanimata. Qualcuno potrebbe vederci un comportamento eticamente e religiosamente discutibile ma non è questa la sede per discuterne. Ci troveremmo a fare quello che il caso dell’Universo ha eseguito qui sulla Terra. E lo scenario, pensando con mente aperta, potrebbe essere ancora più affascinante: se da qualche parte ci sono esseri più avanzati di noi, che siamo dei bambini per l’età dell’Universo, allora tutto quello che scopriamo e scopriremo sarà già stato affrontato e messo in atto da milioni o miliardi di anni. Noi, insomma, non saremmo di certo i primi.

Non sappiamo, in conclusione, come sia possibile passare da materia inanimata a organismi viventi e da questi fare poi il salto evolutivo verso esseri dotati di coscienza, ma abbiamo comunque un'affascinante base da cui partire. Questa montagna di atomi che costituisce un uomo, circa 71027  per essere precisi, proviene dalle più disparate parti dell'Universo. Alcuni, quelli di idrogeno, si sono formati pochi minuti dopo la nascita dell'Universo e sono vecchi di 13,8 miliardi di anni; tutti gli altri, invece, si sono generati nei nuclei di grandi stelle, in miliardi di anni di storia dell'Universo, in chissà quali regioni del Cosmo. Non solo siamo figli delle stelle, ma anche e soprattutto la manifestazione più alta dell'Universo che in un'opera titanica, combattendo contro quell'entropia che tende a distruggere ogni minimo ordine, ha organizzato miliardi di miliardi di miliardi di atomi così bene che riescono a pensare, a emozionarsi e a meravigliarsi di loro stessi e di ciò che li circonda. Se questa non è pura meraviglia, non so cos'altro possa esserlo.

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