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giovedì 14 dicembre 2017

La nebulosa Helix e la fine gloriosa delle stelle simili al Sole

Queso post è estratto dal mio libro La straordinaria bellezza dell'Universo


La Helix Nebula è la più conosciuta della classe delle nebulose planetarie, tra le più grandi e vicine del nostro cielo. E' chiamata anche occhio di Dio, perché nel cielo scuro sembra un occhio cosmico dal diametro di un anno luce. Osserviamo bene l'immagine. Cosa notiamo? 1) Una stella posta al centro esatto della struttura e 2) la forma tondeggiante, simile ad un anello. La comprensione dei fenomeni dell’Universo passa proprio per questo tipo di osservazioni, magari ripetute per molti altri oggetti reputati simili, fino ad averne in numero sufficiente per rendersi conto che quando una coincidenza isolata tende a trasformarsi in una serie di colpi di fortuna, stiamo per scoprire una comune legge della Natura.  

La nebulosa Helix fotografata dal telescopio Hubble
Il fatto che in tutte le foto di nebulose planetarie che potremo mai osservare ci sia sempre una stella al centro non è una delle tante, sadiche, manifestazioni della legge di Murphy. Quell’astro si chiama nana bianca e rappresenta il nucleo, ormai nudo e inerte ma molto caldo, della gloriosa stella che ha terminato in modo tanto vistoso la sua esistenza.

Le nane bianche sono dei tizzoni ardenti che non producono più energia e rappresentano l’inizio di un mondo fatto di materia che non potremo mai ricreare, per fortuna, qui sulla Terra. Tutte le stelle con massa inferiore alle 8 volte quella del Sole arrivano a un punto in cui il nucleo, luogo in cui avvengono le reazioni di fusione, diventa iper compresso e smette, a causa della poca materia presente, di produrre energia. Dopo aver consumato tutto l'idrogeno e aver bruciato persino l'elio, i singhiozzi del motore centrale, preludio al definitivo spegnimento, innescano l’espulsione di tutti gli strati superiori della stella e generano una nebulosa planetaria. 

Quando con l’ultimo sussulto del motore viene espulso anche l’ultimo strato che sovrasta il nucleo, questo si ritrova nudo e inerte, con una temperatura di decine di milioni di gradi e in rapido raffreddamento. Quando i gas espulsi saranno diventati abbastanza rarefatti si schiuderà ai nostri occhi una nana bianca, un oggetto davvero strano. Quel nucleo stellare è fatto di carbonio e ossigeno, compressi fino a creare un corpo celeste grosso quanto la Terra ma contenente almeno la metà della massa del Sole. Un corpo celeste, non più una stella, sulla cui superficie potremmo sperimentare una forza di gravità centinaia di migliaia di volte superiore a quella terrestre, che emette un’intensa radiazione ultravioletta invisibile ai nostri occhi ma in grado di riscaldare ed eccitare il gas espulso fino a renderlo visibile come una stupenda nebulosa planetaria.

L’atto conclusivo della vita di queste stelle non è quindi rappresentato dalla mesta tristezza per un oggetto che si sta estinguendo, ma è una celebrazione spettacolare di quello che è stato, in un guizzo straordinario di rara bellezza. In qualche centinaio di migliaia di anni il gas espulso sarà già lontano, la nana bianca avrà perso parte della sua potente radiazione ultravioletta e la nebulosa planetaria si spegnerà, sparendo dai nostri cieli per sempre.


La nana bianca continuerà a splendere per decine di miliardi di anni prima di riuscire a raffreddarsi e sparire dalla scena di coloro che osservano l’Universo. La sua trasformazione sarà allora completa: da tizzone ardente di carbonio e ossigeno a un corpo di taglia planetaria in cui tutto il carbonio, sottoposto a pressioni inimmaginabili, sarà cristallizzato per formare il più grande diamante cosmico dell’Universo. Sarà però un tesoro per noi intoccabile, perché ogni tentativo di arraffarlo dovrà fare i conti con una forza di gravità che non lascerebbe scampo e con una concentrazione di materia un po’ diversa da quella che conosciamo. Un cucchiaio di nana bianca, infatti, peserebbe sulla Terra più di 5 tonnellate. Anche un piccolo cristallo da incastonare in un anello dovrebbe trovare un dito capace di reggere senza problemi un centinaio di chilogrammi di pura bellezza. È proprio il caso di dire che guardare è meglio che toccare.

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