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venerdì 27 gennaio 2017

Infiniti universi o un'enorme simulazione cosmica?

Questo post è estratto dal mio ultimo libro: La straordinaria bellezza dell'Universo.

Perché questo Universo si è dotato di una struttura e di leggi fisiche tanto perfette da renderlo un luogo stabile al punto da riuscire a creare, dopo miliardi di anni di evoluzione, persino esseri senzienti, un capolavoro di complessità difficile da immaginare? Se è davvero frutto del caso, perché tra le possibili, infinite combinazioni con cui l’Universo poteva evolvere è stata scelta proprio l’unica che permettesse la vita? Basterebbe variare di pochissimo, anche di una parte su miliardi di miliardi di miliardi, qualche grandezza fisica, il tasso di espansione, la percentuale di materia oscura o di energia oscura, per scatenare dei cambiamenti mastodontici che con tutta probabilità non ci avrebbero visti nascere. In questa situazione stiamo portando di fatto all’estremo il cosiddetto effetto farfalla, che nella versione che più ci interessa è stato ben espresso dal genio matematico Alan Turing: “Lo spostamento di un singolo elettrone per un miliardesimo di centimetro, a un momento dato, potrebbe significare la differenza tra due avvenimenti molto diversi, come l'uccisione di un uomo un anno dopo, a causa di una valanga, o la sua salvezza.” Ecco, se l’elettrone avesse avuto una massa di un miliardesimo di volte diversa da quella attuale, tutto l’Universo sarebbe stato differente.

Com’è possibile vivere in un luogo che sembra quindi essere perfetto per la nascita e l’evoluzione di creature senzienti? La prima risposta, logica, è semplice: se qualcosa fosse stato diverso noi non ci saremmo stati a porci queste domande. In effetti l’intuizione è giusta e se la sviluppiamo meglio, magari con la consapevolezza dell'Universo e delle leggi che lo regolano che abbiamo acquisito nel corso dei secoli, possiamo arrivare a teorizzare un mondo che non richieda necessariamente la semplicistica spiegazione di un intervento divino cosciente chiamato Dio, almeno non nell’accezione antropocentrica a cui siamo stati abituati da gran parte delle religioni, perché di quel Dio, decantato da tutte le religioni monoteiste, non c'è traccia. Non solo, non c'è traccia alcuna del modo in cui gli esseri umani hanno immaginato il modo di agire del Dio che si sono inventati.

Certo, la cosa più semplice è ammettere l’esistenza di un Dio dalle sembianze umane che ha creato un unico Universo secondo questa perfetta ricetta, proprio per ospitare noi esseri senzienti, fatti a sua immagine e somiglianza. Ma ormai che conosciamo la vastità e la complessità del Cosmo, sappiamo quanto sia limitata una risposta del genere; limitata nella logica, nello spazio e nel tempo. Può non piacerci questa affermazione, come da piccoli non ci è piaciuto scoprire che Babob Natale non esisteva, però questa è la realta. È quindi davvero sensato immaginare l’intervento di una mente superiore che ha dovuto inventarsi tutto questo caos per creare esseri senzienti? Sarebbe bastato molto meno se dietro ci fosse stata la mano cosciente di un creatore.

Una delle più interessanti deduzioni logiche di un Universo che tra le infinite combinazioni possibili ha scelto quella che ci vede coscienti di poterlo ammirare è che in realtà di Universi ve ne siano tanti, tantissimi, forse infiniti. In pratica, se la combinazione vincente per noi ha una probabilità quasi nulla di realizzarsi, basta giocarsele tutte e prima o poi qualcuno vincerà. Non diventa più una questione di una sfacciata sfortuna (o fortuna) tipica delle umane interpretazioni, ma qualcosa di inevitabile e ben più plausibile con quello che conosciamo sul funzionamento del Cosmo.

Sotto questo punto di vista la teoria dei multiversi appare molto logica e persino plausibile. Alla fine, tutto sembra rientrare nella solita affermazione: se qualcosa sembra funzionare, questa potrà ripetersi infinite volte. Anche la nascita del nostro Universo, a prescindere dalle regole particolari che si è dato, potrebbe essere solo un evento che si è ripetuto, si ripete e si ripeterà infinite volte. Forse stiamo parlando di un unico Universo che a un certo punto inverte l’espansione e torna quel punto indefinito, pronto per un nuovo Big Bang, oppure dell’esistenza contemporanea di infinite bolle, ognuna diversa dalle altre. Questi infiniti universi posseggono proprietà differenti, leggi della fisica diverse, variabili con altri valori, fino a provare di fatto tutte le combinazioni possibili. È allora normale, anzi, inevitabile, che tra uno di questi infiniti universi esistano specie senzienti in grado di ammirare tutto questo capolavoro.
Ma se gli Universi paralleli sono davvero infiniti, esistono anche infinite specie senzienti, infinite versioni di noi che potrebbero differire di pochissimo. Potrebbe esistere un Universo in cui i nazisti hanno vinto la seconda guerra mondiale, uno in cui l’umanità si è annientata con una guerra nucleare, uno in cui i dinosauri non si sono mai estinti. Il concetto di infinito è molto potente, perché rende tutto… infinito, quindi infinite sono le possibili combinazioni e nulla diventa impossibile!

C’è un’ipotesi alternativa a questa infinita sequenza di Universi leggermente diversi l’uno dall’altro, che asseconda l’idea di un creatore senza renderlo umanamente irrazionale e si basa su una possibile proiezione di un nostro lontano futuro. Il nostro Universo, dominato da rigide regole matematiche, privo di contraddizioni, senza eccezioni, che non sbaglia mai un calcolo. Questo Universo che alle scale piccolissime diventa indistinto, al punto che non possiamo più identificare l’esatta posizione delle particelle, come se ci fosse una scala al di sotto della quale non possiamo più scendere (vedi meccanica quantistica), ma che non è in grado di provare sentimenti, sensazioni, emozioni… assomiglia al comportamento che ci aspetteremmo da un computer.

L’idea, folle ma di certo più razionale di un divino creatore con il dito magico, è che il nostro Universo sia il risultato di una mastodontica simulazione di un computer potentissimo. Noi non saremmo allora reali ma una parte di codice che ha preso coscienza di sé stesso. Che sia un’idea molto forte e particolare non c’è dubbio, però allo stesso tempo potrebbe essere più sensata di quanto immaginiamo ora.
Pensiamoci bene. Noi esseri umani in meno di un secolo siamo stati in grado di sviluppare computer tanto potenti da poter simulare l’evoluzione dell’Universo a grande scala. Le più potenti simulazioni hanno riprodotto la nascita e lo sviluppo di milioni di galassie a partire da quel primordiale brodo identificato come radiazione cosmica di fondo. Dall’osservazione di quel dettaglio e dall’applicazione delle leggi della fisica, con un po’ di materia ordinaria e tanta materia oscura, siamo riusciti a ricreare un Universo in miniatura che ha generato ammassi di galassie, galassie, stelle. Un Universo che evolve attraverso gli scontri galattici, che modifica le proprie componenti, che vive. La nostra capacità di calcolo ancora non è sufficiente per simulare tutto l’Universo con una risoluzione microscopica in grado di spiegare anche il comportamento dell’infinitamente piccolo, eppure potrebbe essere possibile un giorno. Il dubbio si è insinuato, vero?

Con il progredire della scienza e della tecnologia è solo questione di tempo prima che la potenza di calcolo dei nostri supercomputer sia in grado di simulare un numero maggiore di galassie, con una risoluzione che dapprima vedrà le stelle, poi i pianeti e infine, chissà, si spingerà sempre più nel dettaglio. Sotto questo punto di vista, il bizzarro comportamento della meccanica quantistica, che invito ad approfondire in altri lidi, sembrerebbe allora un espediente informatico per mettere un limite alla risoluzione di questa immane simulazione cosmica, come se fossero i pixel di un sensore digitale che non potranno mai mostrare dettagli più piccoli di una certa scala.
Non sappiamo se una specie aliena abbia creato la simulazione di questo Universo; se questa sia a immagine e somiglianza di quello esistente davvero, o solo uno dei tanti modelli matematici che funzionano. Non sappiamo se siamo l’esperimento informatico di un ragazzino con cui vincerà il concorso di scienze a scuola o la più grande simulazione mai tentata nella storia delle simulazioni. Non sappiamo se siamo la simulazione di un mondo a sua volta simulato da un'altra specie e se creeremo a nostra volta una nuova simulazione, un giorno, in cui compariranno pezzi di codice autocoscienti, in grado di creare a loro volta altre simulazioni. Non sappiamo nulla ma forse un giorno capiremo, quando anche noi riusciremo a creare un universo, com’è possibile sentirsi vivi pur restando in un ambiente che per altri è virtuale, in uno spazio matematico e in un tempo che scorre secondo le regole imposte dai programmatori.

A questo punto delle nostre conoscenze, anche un’ipotesi del genere può sembrare accettabile, sebbene, come l’altra degli infiniti universi, sia ancora lungi dall’essere provata o smentita. Probabilmente è frutto della nostra voglia di trovare uno scopo in tutto quello che siamo e che vediamo; uno scopo che anche se diluito come un rimedio omeopatico, arrivati a questo punto della conoscenza facciamo ancora fatica ad abbandonare fino in fondo. L’unica cosa di cui abbiamo la certezza, giunti alle ultime parole del nostro viaggio, è la grandiosa  potenza della nostra mente, capace di viaggi interminabili attraverso la straordinaria bellezza del Cosmo. Guardare l’Universo per capire chi siamo. È sempre stato così, sin dalla notte dei tempi.


1 commento:

  1. Bellissimo pezzo. Da quando vidi per la prima volta Men in Black I, non ho piu' guardato il mondo come prima ...what if Orion...? :)

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