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martedì 29 aprile 2014

Pianeti extrasolari: L'indice di abitabilità planetaria

Terminiamo l'analisi dell'abitabilità di un pianeta extrasolare introducendo l'importante concetto di Indice di abitabilità planetaria.
Questo post è estratto dal mio libro: "Vita nell'Universo: eccezione o regola?"

Un’altra sigla inglese, questa volta identificata come PHI (Planetary Habitable Index, indice di abitabilità planetaria), cerca in qualche modo di approfondire la possibilità che un pianeta ha di ospitare forme di vita, quindi di mettere a disposizione di un qualsiasi ecosistema tutta una serie di richieste in modo da garantirne la sostenibilità su un lungo periodo temporale.

L'indice di abitabilità applicato a corpi celesti conosciuti
L’indice PHI non è quindi costruito a immagine e somiglianza della Terra (come l’ESI), ma sulle (presunte) esigenze di qualsiasi forma di vita, anche esotica.
L’indice di abitabilità planetaria prende quindi in considerazione aspetti molto più generici:
  • La presenza di un qualsiasi liquido in superficie o nel sottosuolo con la funzione di aggregatore di materiale biologico;
  • La composizione chimica della superficie, in particolare l’esistenza di molecole organiche, ma anche di azoto, fosforo e zolfo, componenti delle molecole biologiche;
  • La disponibilità di risorse energetiche: luce solare, calore residuo all’interno del pianeta, forze mareali dovute alla stella, a un altro pianeta o un satellite, e presenza di elementi chimici in grado di reagire chimicamente e produrre energia;
  • Infine le richieste superficiali: un’atmosfera, una crosta solida e un campo magnetico in grado di proteggere le forme di vita.
Come possiamo vedere non si fanno ipotesi, ad esempio, su quale sia il liquido superficiale o quale debba essere la composizione atmosferica o la distanza dalla stella; chiediamo solamente lo stretto necessario affinché molecole organiche possano avere una superficie su cui poggiare, un liquido per prosperare, energia per i processi e una protezione dalle insidie dello spazio aperto e della propria stella, lasciando aperte le possibilità che si sviluppino nei modi più disparati possibili.

È ancora una definizione parziale, perché magari ci sono altre caratteristiche che possono favorire lo sviluppo della vita (ad esempio, potrebbe non essere necessaria una superficie solida), ma siamo sicuramente più avanti dell’indice ESI visto nel post precedente.

Secondo questa nuova classificazione, Titano diventerebbe un luogo migliore di Marte, il primo candidato nel Sistema Solare a ospitare forme di vita oltre alla Terra (che non avrebbe neanche il punteggio pieno perché carente dell’energia derivante da forti interazioni mareali). La nostra Luna, d’altra parte, scivola all’ultimo posto perché non soddisfa pienamente neanche una categoria. Non ci sono liquidi, non ci sono tutte le fonti energetiche richieste, non ci sono le condizioni superficiali (solo la presenza di rocce), e neanche tutti gli elementi chimici per sostenere delle forme di vita. 
Sotto questo punto di vista si apre, anche nel Sistema Solare, la possibilità che forme di vita abbiamo attecchito anche laddove nessuno scienziato pensava fino a pochi anni fa.

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