Come
suggerisce la parola stessa, la teoria della relatività generale considera
tutti i sistemi di riferimento, compresi quelli non inerziali, inizialmente
tenuti fuori dall’enunciazione della relatività ristretta.
La
complessità dell’argomento non mi permette di trattarlo in queste pagine,
dedicate invece alla sfida, tutta tecnologica, nel rilevare un particolare tipo
di onde previste da Einstein, ma ancora mai osservate direttamente a
causa di evidenti limiti tecnologici.
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Due pulsar in stretta rotazione generano onde gravitazionali |
La ricerca
delle onde gravitazionali è uno dei campi dell’astrofisica su cui si sono investite
maggiori risorse, la cui scoperta potrebbe rivoluzionare e migliorare
moltissimo le nostre conoscenze dell’Universo.
Ma
andiamo per gradi, cercando di capire cosa sono le onde gravitazionali e successivamente
cercare di sviluppare dei modi per poterle rilevare.
La teoria
dell’elettromagnetismo ci suggerisce che le variazioni del campo elettrico
prodotto da una carica in oscillazione generano un campo magnetico a sua volta
variabile.
I valori
del campo elettrico e magnetico variabili si propagano nello spazio alla
velocità della luce, dando origine alle onde elettromagnetiche, che possiamo
considerare come l’informazione che ci arriva dallo stato della particella
carica che ha generato queste variazioni.
Un campo
elettrico statico si propaga anche esso a velocità della luce, ma non vi è informazione
variabile nel tempo, quindi non si ha la creazione di un’onda (che per definizione
è un fenomeno variabile e periodico).
Considerando
questo punto di vista sulle onde elettromagnetiche, possiamo ipotizzare che
esista un’altra famiglia di onde, chiamate onde gravitazionali.
Senza indagare
le questioni fisiche riguardanti la gravitazione, possiamo fare un parallelismo
tra la forza gravitazionale nella descrizione classica di Newton e quella del campo elettrico.
Ogni
oggetto dotato di massa produce una forza di gravità.
Secondo Einstein
nessuna informazione può viaggiare più veloce della luce, ergo la stessa
informazione sulla forza di gravità di ogni oggetto non può che viaggiare al
massimo alla velocità della luce.
In altre
parole, se per assurdo dovesse comparire una stella ad una distanza di 10 anni
luce in questo preciso momento, noi vedremmo le onde elettromagnetiche emesse
tra 10 anni e sentiremmo la sua presenza gravitazionale tra altrettanto tempo.
Questa è
una curiosità alla quale magari nessuno di voi aveva pensato, ma non è il
fulcro del nostro ragionamento.
Immaginiamo
ora (idealmente) di prendere un oggetto molto massiccio, concentrato e
totalmente neutro, come una stella di neutroni, e di farlo oscillare attorno ad
una posizione di equilibrio, proprio come di soluto si fa con una carica per
provare e caratterizzare l’esistenza delle onde elettromagnetiche.
In questo
caso il corpo è elettricamente neutro, quindi non si avrà la produzione di onde
elettromagnetiche. Tuttavia, se al posto del campo elettrico consideriamo il
campo gravitazionale, possiamo notare una forte analogia con il caso della
carica. In particolare, l’oscillazione della stella di neutroni produce delle
variazioni periodiche nell’intensità del campo gravitazionale in un punto
qualsiasi fissato, che cambiano con una frequenza uguale a quella
dell’oscillazione.
In un
punto fissato dello spazio un osservatore noterà che i valori del campo gravitazionale
della sorgente cambiano in modo periodico nel tempo.
Abbiamo
effettivamente trovato un modo per generare un’onda gravitazionale.
Siamo
arrivati, senza formule ma con un semplice ragionamento, ad uno dei concetti
più importanti della fisica e dell’astrofisica contemporanea: la variazione di
un campo gravitazionale da vita ad un’onda gravitazionale.
Un tale
tipo di onda altri non è che l’informazione sul valore di un campo
gravitazionale variabile che si propaga nello spazio-tempo, esattamente come
un’onda elettromagnetica (per ora; tra poco vedremo che in realtà le cose sono
leggermente diverse).
Fantastico:
oltre alle onde elettromagnetiche lo spazio è pervaso anche da onde gravitazionali,
che ci danno informazioni sul comportamento di tutti gli oggetti il cui campo
gravitazionale per qualche ragione (oscillazioni, esplosioni, rotazioni,
asimmetrie) varia nel tempo.
La
ricerca delle onde gravitazionali è in corso sin dagli anni 60, ma fino ad ora,
oltre a qualche prova indiretta, non si è mai trovata la cosiddetta “pistola
fumante”, ovvero non si è mai misurata un’onda gravitazionale direttamente.
Quale è
il motivo di queste difficoltà tecniche? Sostanzialmente la grande debolezza
della forza di gravità.
In
effetti diventa impossibile costruire in laboratorio oggetti abbastanza
massicci da produrre un campo gravitazionale talmente forte da generare onde
gravitazionali misurabili dagli attuali strumenti.
Molto più
semplice risulta studiare quella moltitudine di fenomeni violenti ed esotici continuamente
prodotti dall’Universo.
Quali
possono essere questi fenomeni?
Candidati
ideali per questo scopo sono i sistemi doppi estremamente stretti, magari
formati da stelle esotiche, come le pulsar, o da buchi neri, oppure
l’esplosione di stelle come supernovae e la conseguente creazione di stelle di
neutroni o buchi neri.
Un
sistema doppio molto stretto formato da due stelle di neutroni sul punto di
fondersi ruota con un periodo anche superiore alle 100 volte al secondo. Di
conseguenza, la frequenza delle onde gravitazionali emesse sarà dello stesso
ordine di grandezza (per la precisione è doppia, visto che una rotazione
completa è osservata come una doppia oscillazione).
Un’onda
gravitazionale di frequenza pari a 100 Hz (100 oscillazioni al secondo) ha una
lunghezza d’onda di circa 3.000
km, davvero enorme e molto difficile da misurare anche
perché di intensità estremamente debole.
Per capire
bene come sia possibile rilevare le onde gravitazionali, dobbiamo necessariamente
tirare in ballo alcuni punti cardine della teoria della relatività generale di Einstein
e scoprire certe proprietà particolari. Non vi spaventate, non ci sarà nessuna
formula, promesso!
La teoria
della relatività generale di Einstein descrive la forza di gravità come
una distorsione del tessuto dello spazio-tempo prodotta dalla presenza di
masse.
Possiamo
immaginare il classico esempio secondo cui lo spazio è costituito da una
sottile rete sulla quale sono poggiati i corpi celesti, che a causa della loro
massa la incurvano generando la forza di gravità.
Bene,
tenendo in mente questo schema relativamente facile da visualizzare, cerchiamo
di dare una spiegazione migliore delle onde gravitazionali, che ci sarà molto
utile nel capire come rilevarle.
Le onde
gravitazionali non sono altro che increspature in questa rete chiamata spazio-tempo
che si propagano alla velocità della luce.
Un’analogia
perfettamente calzante si può fare considerando cosa succede quando siamo
immersi in uno specchio d’acqua calmo (un lago).
Se siamo
immobili la superficie dell’acqua è ferma; quando cominciamo a muoverci
l’informazione del nostro movimento si propaga attraverso lo specchio d’acqua
con la comparsa di increspature superficiali, tanto che questo è il meccanismo
con cui i pesci percepiscono la nostra presenza, ma solo dopo il tempo
necessario alle increspature di raggiungerli. Le onde gravitazionali possono
essere pensate in modo simile: quando qualcosa disturba il tessuto
spazio-temporale le informazioni si propagano come un’onda gravitazionale.
Siamo giunti
quasi alla risposta alla domanda iniziale di questo paragrafo: come si rilevano
le onde gravitazionali?
Consideriamo
ancora lo specchio d’acqua nel quale siamo immersi e disseminiamolo di una
decina di piccole palline di polistirolo poste alla stessa distanza.
Adesso
muoviamoci in modo che si creino onde in superficie ed osserviamo cosa succede
alle palline: le oscillazioni che compiono fanno variare inevitabilmente la
distanza relativa.
Sebbene
con qualche dovuto distinguo, le onde gravitazionali producono un effetto
simile: increspando lo spazio-tempo fanno inevitabilmente variare la distanza
tra due oggetti.
Un’onda
gravitazionale è quindi un cambiamento del tessuto spazio-temporale stesso.
Siamo
arrivati ad un concetto un po’ forte da accettare.
L’idea di
spazio così come lo conosciamo, già duramente provata dai principi della
relatività ristretta, viene irreparabilmente sovvertita rispetto
all’esperienza.
La
distanza tra due oggetti, anche in quiete l’uno rispetto all’altro, non è sempre
la stessa ma varia quando passa un’onda gravitazionale.
Abbiamo
anche scoperto la differenza sostanziale con le onde elettromagnetiche: queste
usano lo spazio ed il tempo come una specie di mezzo di propagazione; le onde
gravitazionali sono invece il risultato della modificazione dello spazio-tempo,
proprio perché la gravitazione è una deformazione di questo tessuto cosmico.
State tranquilli,
lo spostamento prodotto da un’onda gravitazionale è infinitesimo, dell’ordine
di 10^-21 metri per uno spazio tipico
di un metro, un milione di volte inferiore alle dimensioni di un protone!
E’ qui la
sfida, tutta tecnologica, nel rilevare questo tipo di onde, ed è proprio in
questo ambito che si può ammirare con estremo stupore il genio dell’essere
umano, in grado di concepire macchinari veramente fantascientifici.
Scoprire
in modo diretto ed inequivocabile l’esistenza delle onde gravitazionali rappresenterebbe
un successo enorme per fisici teorici, astrofisici, cosmologi ed ingegneri
impegnati nella costruzione di apparati così sofisticati per la loro
rilevazione.
Prove
indirette, che tra l’altro sono perfettamente compatibili (ancora una volta) con
la teoria di Einstein, ve ne sono ormai di conclamate.
La prova
più importante arrivò nel 1993, quando gli astronomi Russel Hulse e Joseph
Taylo scoprirono al radiotelescopio di Arecibo un sistema binario
formato da due stelle di neutroni in rapida rotazione.
Gli
astronomi capirono che il sistema era destinato a fondersi perché le orbite non
erano stabili ma stavano lentamente avvicinandosi a causa di una perdita di
energia. La perdita di energia delle orbite stellari non si spiega in alcun
modo se non con l’emissione di grandi quantità di onde gravitazionali, seguendo
in modo impeccabile le previsioni suggerite dalla teoria della relatività
generale di Einstein.
La
scoperta valse ai due astronomi il premio Nobel e rappresentò la prima
prova chiara che confermava in modo preciso le previsioni di Einstein di
quasi 100 anni prima.
Sebbene
nessuno metta in dubbio l’esistenza delle onde gravitazionali, rimane il problema
della loro rilevazione.
Rilevare
le onde gravitazionali direttamente, proprio come si riesce a misurare la quantità
di radiazione elettromagnetica proveniente dalle stelle, aprirebbe le porte ad
un modo rivoluzionario di studiare l’Universo e consentirebbe di scoprire molti
dei segreti che ancora gelosamente custodisce.
Com'è
possibile però misurare un cambiamento dello spazio tra due oggetti di appena 10^-21 metri a seguito del
passaggio di un’onda gravitazionale? E soprattutto, è davvero possibile?
Non è possibile
pensare di misurare una variazione di spazio così piccola con un normale metro
o con un microscopio perché vi sono evidenti limiti naturali.
Il principio
su cui ci si basano i rilevatori è l’interferenza della luce.
Vista la
costanza della velocità della radiazione elettromagnetica, essa è sicuramente
il metro migliore di cui possiamo disporre per le nostre misurazioni.
Un raggio
di luce monocromatico viene diviso in due raggi identici che compiono percorsi
molto lunghi e diversi, generalmente l’uno perpendicolare all’altro.
Visto che
la velocità di percorrenza è fissata, se cambia anche di pochissimo lo spazio
percorso da uno dei dure raggi, a causa della presenza di un’onda
gravitazionale, quando si ricongiungono non si troveranno più perfettamente in
fase, ma spostati di un angolo direttamente collegato alla differenza di
percorso che hanno dovuto affrontare.
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L'ambizioso progetto LISA |
Un
apparato del genere si chiama interferometro perché utilizza il fenomeno
dell’interferenza delle onde elettromagnetiche per le misurazioni.
Maggiore
è lo spazio di misurazione, maggiore è la deformazione spaziale misurabile a
seguito del passaggio di un’onda gravitazionale, migliore è anche la precisione
raggiungibile.
Per
questi motivi gli apparati in grado di rilevare le onde gravitazionali devono
essere sostanzialmente grandi e far percorrere alla luce, grazie anche a degli
specchi, un cammino di diverse decine di chilometri.
Uno
spazio di qualche chilometro tra due specchi verrebbe distorto di appena 10^-18 metri.
Il
problema è che per misurare differenze di percorso di questa entità tutto
l’apparato deve essere costruito con una precisione inferiore a questo valore,
con l’aggiunta che il tragitto percorso dalla luce deve essere lungo svariati
chilometri.
Capite da
soli che costruire qualcosa che risponda a queste caratteristiche mette veramente
a dura prova le capacità umane!
Nonostante
le difficoltà, attualmente ci sono diversi rilevatori di onde elettromagnetiche
in grado di rispettare questi standard, tra cui il più importante è sicuramente
VIRGO, progetto italo-francese installato nelle campagne della provincia di
Pisa.
VIRGO
utilizza un raggio laser estremamente potente e stabile diviso in due fasci identici
che percorrono cammini differenti, rimbalzano 50 volte su degli specchi per
allungarne il percorso, successivamente ricombinati ed osservati attentamente
per capire se vi sono state differenze apprezzabili di cammino. Il tutto è
naturalmente (come se non fosse abbastanza complesso) sotto uno dei vuoti più spinti che si possano ottenere sulla
Terra, un milione di volte più rarefatto dell’aria che respiriamo (necessario
perché altrimenti la luce non si propaga più a velocità c).
Se questo
esperimento vi sembra fantascientifico, aspettate di assistere tra qualche anno
(forse) al lancio della missione LISA, un enorme sforzo tra l’agenzia spaziale
europea ed americana (ESA e NASA).
La
missione LISA è costituita da tre satelliti indipendenti che orbiteranno intorno al Sole a formare un
triangolo equilatero immaginario con lati di 5 milioni di chilometri. Ogni
satellite è dotato di un cubo di oro e platino che può fluttuare liberamente
nello spazio; tutti e tre saranno collegati da altrettanti laser, con il
compito di controllare la posizione dei rispettivi cubi.
Grazie
alla grande distanza che separa i rilevatori, il passaggio di un’onda gravitazionale
dovrebbe essere in grado di generare uno spostamento tipico tra due satelliti
di 10^-12 metri, rilevabile dai laser, e provare per la prima volta in modo
diretto l’esistenza delle onde gravitazionali.
Tutto
questo sembra davvero fantascienza: misurare uno spostamento di 10^-12 metri di due masse di
platino ed oro fluttuanti nello spazio a 5 milioni di km l’una dall’altra e collegate
da un raggio laser, mentre orbitano ad una velocità prossima a 30 km/s.
Come
parte di un Universo meravigliosamente intelligente, anche l’essere umano, se
vuole, può dimostrare il suo grande potenziale cercando di scoprire i segreti
che gelosamente custodisce. Basta semplicemente volerlo, e tutto diventa
possibile.