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mercoledì 25 aprile 2012

Dove piove nel sistema solare?

Sul nostro pianeta il ciclo dell'acqua è alla base della nascita e del costante sviluppo di ogni forma di vita.
Il 70% della superficie planetaria è ricoperta di acque, una rierva preziosissima per alimentare un ciclo che può essere riassunto nel seguente modo:
Il grande uragano Isabel visto dallo spazio
Una piccola parte dell'acqua, a causa della radiazione solare che la riscalda, evapora in continuazione, raggiungendo gli strati più alti della troposfera (circa 8-10 km). Grazie alla bassa temperatura e alla presenza di polveri che costituiscono i cosiddetti nuclei di condensazione, il vapore acqueo si trasforma in minuscole goccioline che restano in sospensione, formando le nubi.
Quando la condensazione è alimentata e procede senza interruzioni, le goccioline d'acqua che formano le nubi diventano troppo pesanti per restare in sospensione, così, grazie alla forza di gravità, precipitano al suono sottoforma di pioggia, tornando nei grandi bacini idrici dai quali sono dapprima evaporate.

Il ciclo in questo modo può ricominciare e ripetersi fino a quando le condizioni climatiche riescono a mantenere questo equilibro che si basa su una piccolissima percentuale di vapore acqueo presente nell'atmosfera, tipicamente inferiore al 2%.


Come al solito, dopo aver analizzato un fenomeno possiamo porci una domanda più generale: la Terra è l'unico pianeta sul quale piove? Ci sono altri pianeti nel sistema solare nelle cui atmosfere si sviluppa un ciclo precipitativo simile a quello dell'acqua?

Per cercare una risposta dobbiamo analizzare le atmosfere di quei corpi dotati di una superficie solida e capire se e come può "piovere".
I candidati per questa nostra indagine non sono molti.
Escludendo i pianeti gassori e tutti i copri solidi non dotati di atmosfera, restano solamente Venere, Marte e Titano, il principale satellite di Saturno.

Marte è sicuramente il candidato più indicato, visto che la sua sottile atmosfera è solcata da nubi composte di cristalli di ghiaccio. Durante le mezze stagioni non è raro assistere allo sviluppo di imponenti cicloni, di struttura simile a quelli terrestri. E' logico quindi pensare che da questi sistemi nuvolosi qualcosa, prima o poi, debba precipitare verso il suolo.
Brina su Marte
L'intuizione in effetti non è errata ed è stata confermata dalla sonda della NASA Phoenix, che dalla superficie del pianeta rosso ha potuto rilevare dei sottili fiocchi di neve cadere dalle nubi marziane.
In realtà le particolari condizioni atmosferiche medie del pianeta impediscono alla neve di raggiungere il suolo. I fiocchi, benché cadono dalle nubi, si vaporizzano prima di raggiungere la superficie.
Questo è lo scenario medio della meteorologia marziana, ma potrebbero esserci delle eccezioni a seconda della densità atmosferica (molto variabile) e della temperatura di alcune regioni. Gli scienziati stanno indagando a fondo la prospettiva che sotto particolari condizioni, la neve possa raggiungere il suolo.
Intanto, sicuramente su Marte si forma la brina, come testimonia questa storica immagine ripresa dalla sonda Viking, in una gelida mattinata marziana degli anni 70.


Marte è l'unico pianeta, oltre la Terra, che possiede nubi composte di ghiaccio d'acqua, quindi è sicuramente l'unico corpo celeste sul quale potremmo assistere, sia pure con le limitazioni descritte, a precipitazioni vagamente simili a quelle terrestri.

Per gli altri pianeti dobbiamo uscire dagli schemi e pensare in modo più generico: non è detto, infatti, che le precipitazioni riguardano esclusivamente l'acqua.

Consideriamo Venere, ad esempio. Le sue imponenti nubi sono composte di acido solforico condensato: si potrebbe quindi assistere ad una bella (e salutare) pioggia di acido solforico?
"Neve" su Venere
In realtà le condizioni atmosferiche sono così particolari che questo acido non raggiunge mai la superficie del pianeta, fermandosi, nella migliore delle ipotesi, a poche decine di chilometri di altezza.
Nel 2004 però, gli scienziati hanno scoperto, grazie alle immagini radar riprese dal suolo e alle riprese delle sonda in orbita intorno al pianeta, che le cime più elevate possiedono una riflettività nettamente maggiore delle zone a quote più basse, come se fossero ricoperte da uno strato di materiale metallico depositatosi molto recentemente.
Nel corso degli anni molte sono state le ipotesi sul materiale responsabile di queste "nevicate". Da escludere categoricamente l'acqua e anche l'acido solforico, per le condizioni di Venere. 
L'ipotesi attualmente più convincente è che su Venere si assista a piogge, o nevicate (difficile dare una definizione precisa) che coinvolgono solfuro di piombo e solfuro di bismuto, metalli pesanti e per noi esseri umani altamente tossici.
Le condizioni infernali al suolo, sia per la pressione (90 atm) che temperatura (circa 460°C costanti su tutto il globo), fondono questi due metalli, in particolar il piombo, che può quindi evaporare e formare delle nubi che a quote più alte condensano ed imbiancano le montagne venusiane.
Sembra uno scenario da film dell'orrore, ma questo è Venere, decisamente il pianeta più inospitale del sistema solare.

Su Titano, invece, gli astronomi hanno recentemente scoperto il ciclo del metano.
Il satellite più interessante del sistema solare si trova lontano dal Sole e possiede un'atmosfera più densa di quella terrestre. Le condizioni di temperatura (circa -160°C) e pressione, permettono al metanno di esistere in forma liquida, formando laghi e bacini simili ai laghi d'acqua terrestri.
Da queste riserve naturali una piccola parte di metano evapora, forma delle nubi e conseguenti piogge di metano liquido che non di rado possono trasformarsi in vere e proprie tempeste accompagnate da fulmini.
Le grandi precipitazioni si concentrano vicino all'equatore del satellite, riprese più volte anche dalla sonda Cassini, in orbita intorno a Saturno. Il metano bagna la superficie del satellite e ne cambia l'aspetto, rendendola nettamente più scura delle regioni presumibilmente asciutte. Questo aspetto per noi è effettivamente strano: sulla Terra la neve imbianca il suolo rendendolo più brillante anche dallo spazio. Il metano di Titano invece lo rende nettamente più scuro.
E' proprio analizzando i rapidi cambiamenti superficiali seguiti al passaggio di grandi sistemi nuvolosi, che gli scienziati hanno capito e stanno caratterizzando il ciclo del metano di Titano.
Nubi di metano e le zone interessate da recenti precipitazioni su Titano (le aree più scure)

Benché con protagonisti ben diversi dal ciclo dell'acqua terrestre, Titano è l'unico corpi celeste al di fuori del nostro pianeta che mostra un ciclo precipitativo stabile e su larga scala.
Certo che per noi esseri umani non dovrebbe essere facile trovarsi sotto un temporale di metano ad una temperatura media ci circa -180°C. Fortunatamente non è un problema che potrebbe interessarci a breve!

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